di Roberto Segatori
E’ ormai partita la lunga volata per le candidature alle elezioni amministrative del 2009. Ci saranno da scegliere numerosi sindaci e i presidenti delle province.
In prima battuta la lotta si gioca sui criteri di selezione, che tutti dichiarano di voler legare all’analisi politica sull’esito delle elezioni di aprile. In realtà, come sempre, si tratta di tentativi di auto-candidatura, mascherati dietro discorsi di linea. Assai spesso piuttosto vecchiotti. Nel Partito Democratico è esplosa l’offensiva del nucleo storico, Locchi in testa, al fine di cambiare le modalità di gestione del potere interno. Con una valutazione molto particolare dei risultati elettorali, per cui i voti persi dalla Sinistra Arcobaleno sono letti come una sconfitta per le coalizioni di maggioranza in Umbria (anche se il, Pd di fatto è cresciuto rispetto all’Ulivo), Locchi e compagnia hanno lasciato intendere di non gradire ulteriormente i criteri di scelta veltroniani rispetto ad alleanze e candidature. Se il discorso esprimesse soltanto una preoccupazione sulla salvaguardia di certe coalizioni che fin qui hanno funzionato, o se volesse alludere allo scontento per il seggio senatoriale regalato in maniera sostanzialmente immotivata ad Anna Rita Fioroni, non ci sarebbe niente da dire. li sospetto però è che Locchi e quelli come lui parlino per interesse diretto, avendo desiderato lo stesso sindaco di Perugia essere lui il candidato al Senato, o puntando ora alla presidenza della Provincia. Ma se questi ultimo sospetto fosse fondato, allora tutto il discorso verrebbe a cadere, perché non è certo la continuità del cursus honorum nel partito e nelle istituzioni il miglior criterio odierno per scegliere le candidature di domani. Fondamentalmente perché, e lo vedremo tra poco, è un criterio datato e del tutto astratto, sfasato cioè rispetto alla congiuntura storica che stiamo vivendo. Un altro criterio astratto di cui si sente parlare nel Pd è quello della turnazione dei posti secondo logiche legate alle vecchie appartenenze. Quelle cioè che parlano di rotazioni tra ex Ds ed ex Mar-
gherita, o, come nel caso di Spello, quelle di un sindaco che sta concludendo brillantemente il primo mandato ma che i suoi alleati non vorrebbero ricandidare perché di estrazione socialista, e quel posto serve ad un tesserato interno anche se meno produttivo. Dicevamo che questi criteri sono oggi assolutamente impropri, soprattutto se si valutano attentamente le esigenze del momento. Le prossime amministrazioni locali si dovranno infatti misurare con quattro grossissimi problemi, più un quinto di “clima popolare” ancora più pesante. Il primo problema è che il nuovo governo nazionale, preso a mezzo tra le sollecitazioni leghiste sul federalismo fiscale e le richieste della UE sul rigore nella spesa, finirà col ridurre drasticamente le già modeste entrate dei Comuni e delle Province, costringendoli a fare i salti mortali per salvaguardare i servizi essenziali. Il secondo è che occorreranno forti visioni strategiche per pilotare lo sviluppo dei territori, e ciò sarà incompatibile con l’amministrazione di piccolo cabotaggio cui ci hanno abituato molti amministratori umbri degli ultimi decenni, sia a livello micro che macro. Il terzo è che, stanti le poche risorse, dovrà essere favorito sempre di più un
modello politico di governane (e non dirigista) per cercare di convincere privati e terzo settore a concorrere con idee e risorse a: untive allo sviluppo di cui sopra. Il quarto è che si dovrà mettere fine alla lentezza e all’ inefficienza della burocrazia pubblica, il cui personale e le cui procedure sono il frutto stratificato della cooptazione operata dai professionisti della politica che in Umbria corrispondono a quei nuclei storici tanto cari a Locchi. Infine, quinto e più importante problema, il clima “umorale” della gente non sarà più tollerante come un tempo.
Finora l’irritazione si è manifestata soprattutto in tema di sicurezza percepita, ma orami sono numerosi i segnali che parlano di irrequietezza per l’insopportabile lentezza della burocrazia, di rabbia per questa o quella gabella (o multa) avvertita come ingiusta, di mugugno per gli stipendi e le rendite dei politici. Di fronte a tutto ciò, il principale criterio o: oggettivo per scegliere i candidati di domani sarà quello di giudicarli sulla base del loro operato come amministratori uscenti o, se nuovi, in altri ambiti visibili di lavoro imprenditorial-professionale. E allora come pensa di cavarsela il sindaco Locchi che presenta un consuntivo fatto di
un rilevante buco di bilancio, di un minimetrò con allarmanti costi di gestione, della ritardata urbanizzazione dell’area del nuovo ospedale, di un tentativo di rivitalizzazione del centro storico condotto senza adeguati coinvolgimenti della gente? E come pensano di cavarsela gli stanchi amministratori del Comune di Foligno se, dopo aver sollecitato i privati a realizzare velocemente la ricostruzione dei loro edifici, ritardano continuamente la conclusione dei lavori di loro pertinenza, con gravi danni per l’attività di tutti gli operatori locali.? È davvero pensabile che possa essere Locchi il futuro presidente della Provincia di Perugia, o che il nuovo sindaco di Foligno vada cercato tra gli attuali assessori, piuttosto che spostarli altrove?
Nonostante tutto, però, il centro sinistra umbro ha ancora una fortuna. Gli imprenditori e i professionisti di livello del centro destra, salvo eccezioni, trovano ancora troppo oneroso misurarsi nelle sfide per il governo delle città, mentre i politici d’area hanno sperimentato che è più facile andare in Parlamento piuttosto che vincere in Regione (Laffranco) o in Comune (Rossi), e in Regione piuttosto che in Comune (Zaffai).
Roberto Segatori
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