VIENE GIÙ TUTTO

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La prima pagina di Liberodi VITTORIO FELTRI


Dopo quindici giorni di incentivi alla depressione vivacizzati da momenti di ira furibonda, gli italiani possono sorridere. Oddio, sorridere forse è un’esagerazione. Diciamo che hanno un motivo per ridurre la dose quotidiana di Tavor allo scopo di tirare avanti. Qualcosa si muove nella palude, un piccolo segnale che le cose sono sul punto di cambiare. Stavolta non in peggio, e questo è l’aspetto sensazionale. Non mi riferisco al sudiciume napoletano rimasto dov’era nonostante l’intervento del nuovo commissario governativo De Gennaro, poliziotto d’antico pelo. Né mi riferisco alla vicenda familiargiudiziaria del terronissimo Clemente Mastella o alla guerriglia di religione scatenata dalla pedata laicista al Pontefice. La novità incoraggiante è venuta ieri dal più grande e insigne paraculo del palazzo: Walter Veltroni, segretario ex comunista del Partito democratico di recente conio. Il quale profittando di un convegnucolo in provincia ha buttato lì una frase destinata a suscitare un pandemonio nella sinistra e non solo. Sarà che Walter aveva mangiato troppo o troppo pesante, ha sentito il bisogno di sputare un rospo: vadano come vadano le trattative sulla nuova legge elettorale, qualunque sistema si sarà dato il nostro svergognato Paese, noi del Pd ci presenteremo all’appuntamento con le urne per nostro conto. In che senso? Sulla scheda i cittadini troveranno il simbolo del Pd celibe, non sposato con altri partiti e neppure apparentato. Scriveremo un bel programma e chi ci voterà sappia che lo realizzeremo, in caso di vittoria, con chiunque eventualmente lo condividesse: non prima della consultazione bensì a spoglio avvenuto. Mica scemo il Walter Ego. Ha capito che sottoponendosi al giudizio popolare a braccetto con Rifondazione, Verdi, Comunisti italiani, Italia dei valori, Udeur (ormai dissolta per decreto tribunalizio), Rosa nel pugno e similari andrebbe incontro, lui e tutto l’ambaradan progressista, a una catastrofe biblica. Sicché preferisce suonare da solista. In effetti la vecchia Unione di marca prodiana è talmente sputtanata – per essersi venduta ai massimalisti – da non avere alcuna chance. La sortita veltroniana, ripresa dai tigì, dimostra che il Pd non soffre più di stipsi creativa e finalmente si è inventato una soluzione ardimentosa. Mi viene un sospetto: ci sarà dietro lo zampino di Berlusconi? Credo sia così. Occorre considerare alcune circostanze. Primo. La Corte costituzionale ha accolto i quesiti referendari che, se approvati dagli elettori, imporranno ai piccoli partiti di aggregarsi onde evitare la sparizione, e il premio di maggioranza alla lista vincente la quale, a prescindere dalla percentuale di voti raccolti, avrà in tal maniera il 55 per cento dei seggi parlamentari. Secondo. La legge elettorale in corso di elaborazione (Bozza Bianco) con l’obietti vo di scongiurare il plebiscito non passerà perché non piace a tutti. Terzo. Non c’è tempo di preparare un’alternativa in grado di ottenere l’ade sione generale. Quarto. Il referendum allo stato dell’arte costituisce l’ipotesi più probabile e, quindi, Veltroni e Berlusconi – i più forti della compagnia – quasi di sicuro sono scesi a patti. Dato pressoché per certo che i quesiti avranno l’ok popolare, ne adotteranno i contenuti, premio di maggioranza incluso, con qualche correttivo. Per esempio, la modifica dei regolamenti parlamentari finalizzata a impedire ribaltoni, vietando la costituzione di gruppi (a legislatura in corso) alla Camera e in Senato a seguito di scissioni nelle formazioni scelte dagli elettori. Qualora si producessero fratture nella maggioranza, si andrà al voto anticipato. E chi avesse provocato la crisi se ne assumerebbe la responsabilità. L’idea sta in piedi a una condizione: che i compagni di Veltroni non siano tanto cretini – del che dubito – da boiocottarla. Non tarderemo a verificarlo. Sarà sufficiente attendere le reazioni all’annuncio del segretario. Oddio, anche nel centrodestra si prevede burrasca, perché Casini e Fini e Bossi non immagino di quale opinione siano. Inoltre non va trascurata l’agenda dei giorni prossimi, lunedì martedì e mercoledì, in cui sono fissate questioni importanti: la solidarietà al “pianto” di Mastella e la fiducia a Pecoraro Scanio. Se l’Unione si sfaldasse e il governo cascasse in settimana, si voterebbe subito e il referendum slitterebbe. E allora per chi non avesse voglia di piangere, ci sarebbe da ridere. Lo sa anche Rutelli che ha ammesso: siamo al capolinea. Se lo dice lui…

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