Allevatori disperati ed in attesa di interventi istituzionali che tardano ad arrivare

Con la chiusura del depuratore esplode il problema liquami

BETTONA – “Siamo in mezzo a una strada” raccontano dall’unico allevamento a ciclo chiuso del comprensorio del comune di Bettona “abbiamo circa 120 scrofe gravide e circa 600 lattoni. E non sappiamo cosa dobbiamo fare.” Così gli allevatori suinicoli del comprensorio dei comuni di Bettona e Bastia Umbra riassumono la situazione che stanno attraversando in seguito ai risvolti dell’ operazione “laguna de cerdos”.  A quasi un mese dallo scandalo degli arresti dei personaggi coinvolti nello smaltimento illecito dei reflui zootecnici, molto si è detto dell’inchiesta che la magistratura di Perugia sta conducendo per identificare i responsabili del disastro ambientale provocato ai danni del territorio bettonese. Forse un po’ meno si è raccontato della realtà delle stalle. Modificato in seguito alle normative che hanno imposto la riduzione dei capi, nonché dall’applicazione circoscritta delle norme in materia di febbre suina, l’assetto degli allevamenti bettonesi ha iniziato un percorso di cambiamento, per precipitare vorticosamente in una situazione al limite della chiusura definitiva. Diffusa tra gli allevatori la paura di parlare, anche a costo di non condividere le problematiche dovute alla chiusura del depuratore territoriale, per non rischiare di essere confusi con quel calderone di nomi inquisiti. Eppure, proprio pochi giorni fa, l’allarme allevatori era stato lanciato da Stefano Pignani dell’Associazione Allevatori di Perugia, che tuttora dichiara: “In seguito alla chiusura del depuratore di Bettona, gli allevamenti suinicoli si trovano nell’impossibilità di smaltire i liquami dei capi che si trovano nelle stalle. Si tratta di un’emergenza che non può essere ulteriormente trascurata dai tavoli di discussione regionale. Posto il fatto che la regolamentazione dello smaltimento dei rifiuti e il controllo della sua attuazione deve essere irreprensibile, sarà necessario tornare allo smaltimento previsto dalla coltivazione biologica, ovvero a smaltire i liquami sul terreno. Altri metodi sono troppo costosi per essere applicati alla nostra realtà”. Ma, in cosa consistono i veri disagi degli allevatori? “Il nostro allevamento è l’unico a ciclo chiuso del comprensorio di Bettona” spiega Giuseppe “il che significa che compriamo scrofe di 100 kilogrammi al prezzo di 100,00 curo l’una, le teniamo per un paio di mesi prima di farle ingravidare e poi attendiamo che partoriscano, dopo quattro mesi di gestazione. Le nutriamo con il mangime da noi prodotto con il molino. Le scrofe partoriscono due volte all’anno, generando circa 20 cuccioli lattoni ogni volta. Questo è il motivo per cui, mentre la maggior parte degli allevamenti bettonesi si trovano a aver pochi capi o niente, le nostre stalle sono piene di animali. Potremmo vendere i capi, sebbene il mercato in questo momento non abbia richieste, specie quello comprensoriale. I lattoni, con fatica, ma potrebbero essere interessanti per qualcuno, ovviamente a un prezzo assolutamente a ribasso. Ma chi comprerebbe o abbatterebbe scrofe ingravidate? Quindi, come possiamo gestire lo smaltimento dei rifiuti ora che il depuratore è chiuso? Abbiamo 50 ettari di terreno, motivo per cui abbiamo chiesto per iscritto al sindaco di Bettona di poter effettuare la fertirrigazione; ma, dato che la missiva deve transitare per amministrazione pubblica, Provincia di Perugia e Arpa, in questo momento così delicato, quando ci arriverà una risposta? Così, ci ritroviamo a non avere una soluzione papabile a breve termine, oltre a una prospettiva che porta verso la disoccupazione le nostre famiglie e tutte quelle che gravitano intorno al nostro allevamento”.
Alberta Gattucci

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  • Quando si tira troppo la corda alla fine si rompe.Questa situazione era da prevedere e da prevenire non adesso ma in tempi non sospetti, del resto molte aziende del comprensorio hanno attraversato problemi economici, di mercato,dovendosi adeguare alle leggi dell’economia ristrutturandosi ,cambiando settore merceologico etc.Voi no eravate intoccabili ed avete pensato sempre di poter fare il “porco” comodo vostro a discapito della gente costretta a convivere con le Vs prepotenze.Mi dispiace per le scrofe e i lattoni ma sono certo che se avessero potuto scegliere dove nascere sicuramente avrebbere optato per altri luogli.

  • Il problema per chi non centra esiste e deve essere risolto. Anche questo deve ricadere sulle spalle dei responsabili di questa “sporca” storia. E’ il momento buono per programmare lo spostamento degli allevamenti in zone lontanissime dai nuclei abitati. Gli allevatori devono avere il coraggio di parlare e fare proposte, anche se potrebbe essere poco conveniente, ma visto dove si è arrivati non credo che sia questo il problema.

  • X Vendetta: Sicuramente delocalizzare le stalle in posti lontani è un rimedio per la puzza. Ricordo che l’attuale regolamento vieta la costruzione di stalle a meno di 1000 metri dalle abitazioni, ma non vieta che qualcuno proprietario di terreni vicino alle stalle possa, come ha fatto, costruire la sua casa vicino ad esse. Questo almeno va cambiato. Allontanare le stalle però non risolve il problema dello smaltimento della cosiddeta “cacca” che viene prodotta comunque anche se lontano dalle case. Quindi Impianto centralizzato per il trattamento moderno (quelli x ogni allevamento non sono risolutivi siamo sicuri che tutti siano gestiti poi ad oc?) in grado di abbattere l’azono in maniera consistente. Il problema è che degli 11milardi pagati dalla regione per ammodernare l’impianto di Bettona ne sono stati certificati solo 1.5 gli altri che fine hanno fatto?. Se quei soldi fosserro stati investiti veramente nell’impianto a che punto saremmo oggi?

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