LA VERTENZA
— BASTIA —
LARGHISSIMA ADESIONE allo sciopero proclamato dai sindacati del settore alimentare per protestare contro la chiusura di tre mangimifici, tra cui quello di Bastia, e contro il piano di ristrutturazione del gruppo Mignini-Petrini, che prevede l’esubero di 62 dipendenti a livello nazionale. Il cento per cento degli addetti negli stabilimenti umbri, secondo il sindacato, ha aderito allo sciopero di otto ore partecipando alla manifestazione davanti allo stabilimento di Petrignano. L’ultima volta, per lo sciopero di ottobre, la manifestazione si era svolta invece all’ingresso della Petrini. Toni fermi, dettati dall’esasperazione e dal timore che l’ipotesi dell’imprenditore possa diventare presto realtà. Questo l’atteggiamento dei manifestanti ieri a Petrignano che non hanno messo in atto il ‘picchettaggio’ per l’adesione unanime del personale. Anzi, questa volta, hanno aderito anche i dipendenti della cooperativa servizi alla chiamata delle tre sigle sindacali (Cgil, Cisl e Uil). Nessun tentennamento rispetto alla linea dura, scelta in particolare dalla Cgil. Si è saputo, infatti, che all’incontro di martedì scorso nella sede di Confindustria a Perugia, andato avanti per oltre otto ore, il sindacato di Epifani di fronte alla fermezza della linea imprenditoriale avrebbe voluto lasciare il tavolo in anticipo. Poi, quando nel tardo pomeriggio al termine di una lunga mediazione è uscita l’ipotesi che, a fronte dei 22 esuberi, il gruppo ne avrebbe riassorbiti solo 4, anche le altre sigle hanno concordato sulla rottura. «Se – ha sottolineato il segretario regionale Cgil Vincenzo Sgalla – non possiamo opporci alla chiusura del mangimificio di Bastia, possiamo e dobbiamo invece dire no a qualsiasi ipotesi di riduzione dei livelli occupazionali. Anche perché nulla è cambiato rispetto a 5 anni fa quando Mignini acquisì la Petrini, prendendo impegni precisi con i lavoratori». Stamani sono in programma assemblee nei due stabilimenti con i lavoratori per concordare nuove forme di lotta.
m.s.
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