Intervista al premier: «La riforma dell’appello si applica anche al caso Sme. Par condicio, era illiberale per Casini. Una Cdl senza di me? Per ora è irreale»
 
“Dicono che in quelle parti d’Italia la qualità della vita è alta,
Ma anche dove governiamo noi i servizi sono buoni
Sull’inchiesta Unipol assisto a un copione già visto: Gardini andò a Botteghe oscure con un miliardo di lire, le indagini si fermarono. Fosse successo a una mia azienda… “


 
 di Antonella Coppari


ROMA — Dopo di me, il diluvio. Lo slogan coniato da Luigi XV è una botta di genio che riassume tutto. Perché il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è risoluto: «Il centrodestra senza di me non è un’ipotesi attuale». Bastava vederlo ieri, all’ora di pranzo, nel suo ufficio a Palazzo Grazioli mentre accarezzava gli amati sondaggi che danno la Casa delle libertà alla pari con l’Unione, «fatti da una grande società internazionale» chiaramente «non manovrata» dalla sinistra in modo da demotivare il popolo dei forzisti, e portarlo a una sconfitta, come dire, a tavolino. Invece: lui, non ha nessuna intenzione di mollare («per l’eredità c’è tempo»), nemmeno sulla par condicio «legge che — ricorda — anche il presidente della Camera nel 2002 definiva illiberale». E’ netto: «La mia missione non si è esaurita». Nel giorno in cui ammette che la legge sull’inappellabilità «riguarda anche il processo Sme», appare determinato a combattere fino in fondo la battaglia con gli avversari. Dal caso Unipol al sistema di potere delle regioni rosse: si gioca il tutto per tutto.
Che cosa le fa supporre che non procedano le indagini sul caso Unipol? Quali informazioni ha?
«Quelle che vedono tutti gli italiani. C’è differenza di trattamento tra i soggetti in causa di una parte e dall’altra. Mi sembra un copione già visto: ricordo che il signor Gardini entrò una volta nel palazzo di Botteghe oscure con una valigetta con un miliardo di lire. Le indagini si fermarono lì, senza che ci fosse nessun serio tentativo di sapere a chi era finito quel miliardo. Se una cosa del genere fosse successa in una mia società, avremmo avuto 10, 20, 30 dirigenti arrestati e tenuti in carcere finché non fosse venuta fuori la verità. Per non parlare dell’armadio in cui gli investigatori concentrarono tutti i documenti che avevano trovato nella sede del partito comunisti: addirittura, sparì l’armadio e nessuno fu ritenuto responsabile dell’accaduto».
Chi starebbe insabbiando? La procura di Roma o quella di Milano?
«Vedo che dai giornali è sparita una vicenda così rilevante dal punto di vista qualititativo e quantitativo: le cifre in gioco valgono da sole più di tutta Tangentopoli messa insieme. Ma è partito un ordine della sinistra: dimenticare Unipol. E non ci sono più notizie».
Davvero pensa che una battaglia sulla giustizia le porterà più voti?
«Non ho sollevato io questa vicenda. Sono stato costretto a scendere in campo per tutelare la mia credibilità dai signori della sinistra che mi sfidavano. Non ho accusato nessuno, mi sono solo difeso».
Ed è per legittima difesa che punta il dito contro le giunte rosse, dice che non c’è democrazia? Si è mai chiesto perché in queste zone c’è la miglior qualità della vita?
«Questo è un luogo comune della sinistra; in realtà in Lombardia e in Veneto, regioni guidate da presidenti di Forza Italia, la qualità della vita e dei servizi pubblici non è certo inferiore a quella dell’Emilia o della Toscana, come certificano molti studi e testimoniano i fatti. Certo, alla sinistra fa comodo affermare che regioni come l’Emilia o la Toscana, le Marche o l’Umbria, dove da sempre si vive bene, debbano esclusivamente alle loro giunte questo benessere. Ma ciò non è assolutamente vero. Per esempio, in Toscana, il Pil (indice della ricchezza, ndr) diminuisce da quattro anni sotto la media nazionale. Le regioni rosse, questa è la verità, stanno avvertendo sempre più il potere pervasivo e clientelare del partito-padrone Pci-Pds-Ds e dei suoi intrecci con le cooperative rosse, che detengono il monopolio in molti settori».
Non mi dirà che gli elettori che da decenni confermano la fiducia a queste giunte non hanno il coraggio di ribellarsi…
«Se lei si riferisce al controllo che il sistema di potere rosso e il capitalismo rosso esercitano sulla vita civile, sociale ed economica di queste aree non c’è dubbio che gli effetti si manifestino anche nelle urne. E’ un sistema chiuso, che riscuote un consenso talvolta ideologico e talaltra clientelare. Sicuramente la libertà economica è attenuata, perché prevale il sistema delle cooperative rosse. C’è poi un esercito di dipendenti regionali, dipendenti di Asl, Comuni, Comunità montane, enti, società partecipate che fanno riferimento in modo quasi esclusivo al sistema di potere imperniato da decenni su Pci-Pds-Ds. Il circuito delle cooperative rosse ha milioni di soci, e la cooperazione incide per circa il 10% sui Pil regionali. E’ una rete che tocca praticamente ogni settore, è interconnessa a doppio filo con il mondo bancario e gestisce il risparmio. In un contesto del genere, chi non fa parte di questo sistema di potere deve fare miracoli per acquisire consensi».
Lei sostiene che gli italiani credono di stare peggio di quanto in realtà non stiano perché vittime del pessimismo della sinistra: non pensa che, forse, la sua percezione della realtà è diversa da quella della gente comune?
«La propaganda della sinistra sostiene in perfetta malafede l’idea di un impoverimento generalizzato dei cittadini provocato dalla politica economica del governo. E’ una delle tante falsificazioni della realtà. Secondo l’Istat, tra il 2002 e il 2005, il potere d’acquisto medio degli italiani è aumentato e non diminuito. Sostenere che sia cresciuta la povertà è cattiva propaganda. In realtà, l’introduzione dell’euro ha provocato l’aumento ingiustificato di molti prezzi e un diffuso senso di incertezza. Proprio perché si è trattato di un cambiamento epocale. Ne hanno risentito soprattutto i lavoratori dipendenti a reddito fisso mentre ci hanno guadagnato i settori del commercio. Il passaggio dalla vecchia alla nuova moneta è stato troppo rapido. Il governo Prodi, prima, e la commissione europea presieduta da Prodi poi hanno imposto che il passaggio tra le due monete avvenisse in tre mesi. Non è il governo Berlusconi che ha sbagliato. Tutta la responsabilità è di Prodi».
Lei ricorda spesso che ha governato per un’intera legislatura e però dall’esecutivo se n’è anche andata gente di valore.
«Tutti i governi che in Europa sono durati a lungo hanno iniziato il loro mandato con alcuni ministri e lo hanno terminato con altri. L’avvicendamento in alcune posizioni di governo è nella fisiologia degli esecutivi di legislatura. E la continuità sta nel premier e nella politica di governo. Siamo riusciti a garantire al Paese cinque anni di stabilità che ci ha consentito di realizzare la più ampia azione riformatrice mai conosciuta nel nostro paese. Sono 33 le riforme che il governo e la sua maggioranza hanno realizzato. Cito tra le altre: la riforma della scuola, la riforma Biagi del lavoro che ha consentito di creare 1.500.000 nuovi posti di lavoro, l’abolizione della leva obbligatoria per i giovani, la riforma delle pensioni, che permetterà alle generazioni future di godere ancora del sistema previdenziale».
Lei dice: io ho garantito continuità. Esiste un centrodestra senza Berlusconi? A chi lascerà l’eredità?
«Il centrodestra senza Berlusconi non è un’ipotesi attuale. L’area moderata, che rappresenta da sempre la maggioranza degli italiani, era rimasta priva di rappresentanza politica dopo il ciclone giudiziario che spazzò via i partiti democratici. Dal 1994 Forza Italia e il suo leader sono per questi italiani l’insostituibile punto di riferimento. La missione a cui mi sono dedicato dal ’94 in poi non si è esaurita, perché restano forti per il Paese i rischi di finire nelle mani di una sinistra che era e resta illiberale e che non ha saputo mai rinnovarsi. Anzi, in questa legislatura il centrosinistra ha accentuato il suo estremismo e ha fatto finta di riunificarsi intorno a un leader senza partito che è completamente succube dei comunisti della coalizione. L’argine a questo pericolo, per il momento, resta Berlusconi. Per l’eredità dunque c’è tempo. Ora il mio obiettivo è quello di creare subito dopo le elezioni il partito dei moderati, il partito delle libertà».
Visto dall’esterno, si direbbe che se c’è un partito leninista, quello è Forza Italia: c’è un solo leader e non esiste l’opposizione.
«Forza Italia è un partito movimento, nato sul modello presidenziale ed è l’espressione moderna della democrazia in cui il leader ha una forte investitura popolare. Noi non assomigliamo in nulla ai partiti oligarchici divisi in correnti che hanno caratterizzato la prima Repubblica. Oggi Forza Italia è il primo partito, un partito popolare, liberale e di massa, non certo d’élite. Forza Italia è un partito libero, dove si discute molto e in modo approfondito a ogni livello. C’è una grande differenza tra il centralismo che ha caratterizzato tutti i partiti figli e nipoti di Lenin e una forza politica che si riconosce democraticamente nella linea del suo fondatore. Ci si unisce a un partito se se ne condividono valori, ideali e obiettivi politici».
Nella scorsa campagna elettorale armi vincenti del suo programma furono il taglio delle tasse e l’aumento delle pensioni. Su cosa punta questa volta?
«Punto sulla necessità che l’Italia vada avanti e non torni indietro, come vuole la sinistra che intende cancellare tutto ciò che abbiamo realizzato. Tutti i leader che nel mondo occidentale hanno segnato una svolta profonda hanno avuto bisogno di almeno due mandati: è stato così per Kohl, Aznar, Blair, Thatcher, Reagan e Clinton. Il governo ha fatto tanto ma c’è ancora molto da fare. Non possiamo tornare indietro, agli errori del passato. E Prodi è il passato. E’ un brutto film già visto, con un protagonista prigioniero e succube della sinistra. Prodi per poter coltivare le clientele della sinistra aumenterà la spesa pubblica, e di conseguenza, le tasse per la famiglia. Come fece con l’eurotassa e con l’Irap, l’imposta rapina sul lavoro, introdotta dalla sinistra che abbiamo eliminato per 320mila imprese, ma non siamo riusciti ancora a cancellare del tutto in questa legislatura, obiettivo che cercheremo di centrare nella prossima. E Prodi vuole introdurre di nuovo l’imposta di successione e soprattutto inasprire le tasse sui risparmi. Io invece sono convinto della necessità di ridurre il più possibile la pressione fiscale. Ho fatto meno di quanto avrei voluto a causa delle resistenze di qualche alleato, ma ricordo che quando siamo arrivati al governo la pressione fiscale era al 45% e ora è al 40 %. Noi vogliamo arrivare al 38%. Intendiamo inoltre aumentare le pensioni minime da 551 a 800 euro mensili. E creare ancora un altro milione di nuovi posti di lavoro».
Dove troverà i soldi per aumentare le pensioni?
«Nel 2002 abbiamo portato le pensioni minime a 551 euro per 1.835.000 anziani bisognosi. Abbiamo fatto quello che i precedenti governi di sinistra si erano ben guardati dal fare. Il governo che ho presieduto è il primo che ha saputo fare risparmi, mettendo un tetto del 2% all’aumento della spesa pubblica e limitando gli sprechi, in cui i governi di sinistra sono maestri. Proseguiremo su questa strada». 
 

Articolo in PDF:

Scarica qui il PDF

Loading

comments (0)

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.