di VITTORIO FELTRI
Questa storia dei lavori usuranti ha stufato ancor prima di cominciare. A tal punto che la ministra Emma Bonino (radicale storica) si è sentita lei stessa usurata da Prodi e dall’infinita trattativa sulla riforma delle pensioni già riformate da Maroni (Lega) e ha deciso di esser pronta a dimettersi dal governo più usurato del mondo. Brava Bonino. Spero non si comporti come il mio amico Gustavo Selva. Il quale, dopo aver presentato in Senato le dimissioni per la nota menata dell’ambulanza utilizzata in luogo del tassì, le ha prudentemente ritirate il giorno in cui l’aula avrebbe discusso se respingerle o meno. Nel dubbio, le ha bruciate. Si è accorto che la gente lo vuole ancora lì, sullo scranno. In effetti l’unico rischio delle dimissioni scritte è che qualcuno le accetti. Era meglio evitare di fare il bauscia. La Bonino non sembra tipo da marcia indietro. D’altronde un anno di permanenza in un esecutivo stralunato era già troppo per una persona responsabile. Giusto che Emma abbia sbattuto la porta. Giustissimo l’abbia sbattuta con la motivazione addotta: il tormentone pensionistico non solo ha fracassato l’anima, ma ha reso l’Italia ridicola agli occhi dell’Europa, da tempo adeguatasi alle esigenze imposte dall’innalzamento delle cosiddette aspettative di vita. Si campa di più, si lavori di più. Il dibattito dovrebbe chiudersi qui, come è avvenuto in altri Paesi. Da noi no. Si parla si parla si parla. E non si trova mai un accordo. Ovvio. Impossibile intendersi con sindacati conservatori e beceri e con comunisti di varie sigle. Il problema non è cercare una mediazione con i massimalisti, ma escluderli dalla maggioranza. Con loro in cordata non si governa. Come fai a governare con gli antigovernativi? Tocca dare ragione a Francesco Rutelli – e Dio sa quanto costi – autore di un manifesto in cui afferma senza troppe elucubrazioni: così non si va avanti, occorre una coalizione diversa. Chi non lo capisce o è in malafede o cieco o entrambe le cose. Viene voglia di dire a Rutelli: se hai preso atto di questo assioma cerca di essere coerente e imita la Bonino; una bella lettera di addio a Prodi e si volti pagina. Si ponga fine alla penosa agonia del governo e dell’intelligenza. Il Palazzo non è pronto ad affrontare elezioni anticipate subito o in primavera? Si crei un esecutivo provvisorio in attesa del referendum sulla legge elettorale (o la correzione della medesima), quindi si voti. Se si introduce il premio di maggioranza per il partito vincente, chissenefrega dei comunisti, restino fuori e riposino in pace. In ogni caso l’uscita della Bonino è una brutta botta per il premier. Non intacca i numeri del Senato, però è un’altra picconata alla reputazione del gabinetto rossastro. Le mosse del Professore sono prevedibili: terrà per sé le deleghe o nominerà con Napolitano un sostituto della partente. Semplice, in apparenza. Ma quando un governo virtualmente in crisi da mesi perde un pezzo pregiato come Emma, c’è il rischio che la falla diventi una voragine e caschi tutto. Frattanto va registrata la comica dei lavori usuranti accennata all’inizio. Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista sul tema ad Angeletti, segretario della Uil. Un delirio. A sentire lui anche le maestre d’asilo sono da considerare soggette ad usura. Anzi. Tutti gli insegnanti, tranne quelli universitari che, stando alla filosofia angelettiana, si gratterebbero la pancia. Immaginiamo quale sarà il quadro. Ogni sindacato stilerà un elenco delle categorie da sottrarre all’obbligo di lavorare fino a sessant’anni. Ci infileranno poliziotti, carabinieri, vigili urbani, cantonieri, operai, impiegati del catasto, nani e ballerine, cabarettisti e giornalisti, palafrenieri e gruisti, autisti e camionisti, tranvieri e idraulici. Tutti i dipendenti. A nessuno è venuto in mente di pigliare a modello la Germania o l’Inghilterra e copiarne pari pari i regolamenti. Macché. L’Italia fa da sé affidandosi ai sindacati e ai comunisti. Risultato, si seguiterà ad andare in pensione esattamente come ora, da giovani. I soli che si guarderanno dal sedersi sulle panchine dei giardini pubblici ad aspettare il decesso saranno gli autonomi, i professionisti, i commercianti, gli artigiani. Cioè quelli bollati di evasione fiscale dal governo. I quali forse evadono le tasse ma non il lavoro; ignorano l’assenteismo, non sono fannulloni, non hanno licenza di usurarsi. Stiamo andando allegramente verso uno scontro sociale. La previdenza in bolletta. I ragazzi di oggi si sogneranno la pensione. Un marasma. E questo perché i sindacati temono di scontentare gli iscritti, e i comunisti di esaurire i consensi. Naturale che il lavoro sia usurante. Lo è per chiunque. Anche per i chirurghi, i commessi, i farmacisti, gli elettricisti. Alzarsi la mattina e correre in sala operatoria o in fabbrica è lo stesso: una gran rottura, una gran fatica. Concentrarsi, sudare, svolgere bene le proprie mansioni: non è come andare all’osteria e giocare a tressette. Ma bisogna farlo. Finché si può. Finché la salute tiene. Lavorare stanca e magari fa male. Però fa male anche vivere. Tanto è vero che a forza di vivere si crepa. Ma che vivere è alle spalle degli altri…
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