PERUGIA – Il telefono di Ana Maria Temneau, la ventenne rumena pestata e strangolata una settimana fa a Madonna Alta era stato tenuto sotto controlo per mesi.
Il nome della giovane risulta infatti nella lista degli indagati nell’ambito dell’inchiesta “Lily Marlene” contro lo sfruttamento della prostituzione che ieri ha portato a 5 arresti e all’emissione di un mandato di cattura a carico di due latitanti, un uomo e una donna.
Tra queste persone potrebbe esserci l’omicida di Ana Maria? Al momento, non ci sono elementi per poterlo affermare. Dagli accertamenti svolti in questi mesi, comunque, sembra che non siano emersi elementi particolari che possano essere collegati direttamente con il delitto. Sull’omicidio stanno indagando gli uomini della Squadra mobile, diretti dal dottor Giorgio Di Munno, ed il rebus sull’identità dell’omicida sembra destinato ad essere svelato in tempi brevi. Tra le piste seguite dagli inquirenti c’è quella del’omicidio legato al mondo della prostituzione.
Per ora di certo c’è il fatto che la giovane faceva capo proprio a questo gruppo criminale. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche, la vittima, dopo essere stata sfruttata per anni sul marciapiedi sarebbe riuscita ad ottenere la fiducia del clan criminale ed in alcune occasioni aveva fornito loro un appoggio logistico. In particolare – ritengono gli investigatori – ospitando nel suo appartamento alcune delle giovani donne da avviare ala prostituzione.
Secondo quanto accertato dall’inchiesta, l’organizzazione criminale sgominata dai carabinieri era composta da due diversi gruppi, composti rispettivamente da rumeni e albanesi. I clan avevano operato una sorta di pax criminale, spartendosi i marciapiedi “caldi”.
Non solo. La collaborazione riguardava anche il reclutamento delle giovani da sfruttare, tutte giovanissime, in alcuni casi anche minorenni. In caso di necessità, poi, i due gruppi si “scambiavano” o “prestavano” le ragazze. Questo permetteva loro di esercitare un dominio incontrastato sullo sfruttamento della prostituzione in città.
La forza del gruppo veniva, oltre che dalla spregiudicatezza anche e soprattutto dai collegamenti con potentissimi sodalizi di stampo mafioso
rumeni e albanesi con sede nelle rispettive patrie.
Gli accertamenti dell’Arma, sfociati nel tempo in dieci arresti hanno preso il via nel novembre scorso. Per un certo periodo gli investigatori hanno lavorato nel silenzio limitandosi a controllare, ascoltare e seguire i vari personaggi che ruotavano intorno all’organizzazione senza che questi se ne accorgessero. Poco prima di Natale un “imprevisto” ha rischiato di far cadere la “copertura”.
C’era una ragazza in pericolo e bisognava intervenire immediatamente per salvarla. La poveretta, una sedicenne albanese, essendosi rifiutata di battere sul marciapiede, veniva tenuta segregata in un appartamento della periferia di Perugia. Ad ogni suo “no”, gli aguzzini rispondevano con violenze fisiche e psicologiche estreme. Quindi l’intervento dei militari, che ha portato a due arresti in flagranza per sequestro di persona e a due fermi per sfruttamento della prostituzione minorile, a carico di soggetti albanesi e rumeni. L’operazione è stata portata a termine con assoluta discrezione. In questo modo gli accertamenti sono potuti andare avanti. L’efferato omicidio di Ana Maria, domenica scorsa, ha dato un’inevitabile accellerata all’indagine: sapendo che gli accertamenti sul delitto erano focalizzati sul mondo della prostituzione, i membri del gruppo (anche se non responsabili del massacro) avevano deciso di nascondersi e fuggire. Gli arresti a questo punto sono stati necessari.
L’operazione Lily Marlene, coordinata dal pm Claudio Cicchella, ha permesso di sgominare un’organizzazione senza scrupoli. Le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip Paolo Micheli, sono state eseguite dai carabinieri guidati dal capitano Giovanni Cuccurulo a partire dalle prime ore di ieri mattina a Perugia, Foligno e Bastia Umbra in contemporanea a 12 perquisizioni. Impegnati i militari della compagnia del capoluogo umbro, insieme ai colleghi di Assisi e Foligno ed unità cinofile di Bastia Umbra. I sette stranieri a carico dei quali sono state emesse le ordinanze di custodia sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e solo due di questi, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Tra i soggetti finiti nella rete dei carabinieri anche un albanese di 28 anni, Halilaj Bashkim (di Bastia U.), ritenuto dagli investigatori il capo di uno dei due gruppi criminali. L’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti è stata eseguita nel carcere perugino di Capanne dove lo straniero si trovava dal 25 giugno scorso per detenzione di stupefacenti. L’altro presunto capo dell’organizzazione, invece, l’albanese Lirim Kolmaka, 38 anni, è attualmente ricercato ma è stato localizzato all’estero. Ricercata anche una rumena di 26 anni, Mihaela Georgeta Ignatescu, ritenuta dagli investigatori una delle donne che, oltre a prostituirsi, provvedeva al reclutamento delle ragazze e alla loro sistemazione una volta giunte nel capoluogo umbro.
Tra le donne arrestate in flagranza di reato c’è anche una bulgara di 24 anni, trovata in possesso di 43 grammi di cocaina suddivisi in due pezzi ancora non tagliati. Sequestrata anche una pistola a salve, marca combat 8 mm, con il relativo munizionamento (124 colpi). L’arma, secondo quanto appurato, serviva per terrorizzare le giovani vittime.

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