Alcuni pensierini in ordine sparso quando ancora mancano quarantotto ore al voto in Senato sul finanziamento della sbrindellata missione in Afghanistan. 1) Mastrogiacomo è stato liberato alla carlona. Il suo autista sgozzato come una gallina nell’indifferenza generale; l’interprete, trattenuto dai carcerieri nella vana speranza di strappare un supplemento di “bottino” (altri talebani buttati fuori di galera), farà probabilmente la stessa fine: il governo afghano non muoverà un dito per salvargli la vita, il governo italiano nemmeno, e Gino Strada, idem. Ovvio. L’ostaggio è uno straccione locale, mica un inviato di Repubblica; crepi pure. Poi gli intellettualini di sinistra dicono che i razzisti siamo noi. 2) Giovedì sera il ministro degli Esteri Massimo D’Alema è stato a Porta a Porta e ha parlato con toni di sufficienza a Bruno Vespa colpevole di rivolgergli domande pertinenti per accertare quanto accaduto fra l’Italia e gli Stati Uniti. D’Alema, una punta di disprezzo espressa da un sorriso sardonico, ha detto: non è vero che il governo ha negoziato coi terroristi. Ci mancherebbe. Ci siamo limitati a consegnare al governo afghano una lista di talebani detenuti tra cui scegliere quelli da scarcerare allo scopo di ottenere la liberazione di Mastrogiacomo. L’esecutivo di Karzai ha accettato (immagino entusiasticamente) di aprire la cella a cinque bravi banditi, e buona notte al secchio. Una splendida minimizzazione. In realtà è una stupidaggine anche se ben recitata. Infatti. Chi ha stilato la lista se non i criminali? A chi è stata consegnata tale lista se non al nostro governo, a un suo emissario o intermediario? Chi materialmente abbia stretto i patti coi talebani non è importante. Importa invece sapere – e si sa – che il mediatore (Gino Strada o amici suoi) non ha agito in proprio, bensì su mandato e per conto del gabinetto Prodi. Quindi tutte le responsabilità sono anche di D’Alema. Il riscatto ai sequestratori è stato pagato dall’Afghanistan su pressioni dell’Italia. E non ci venga a dire il ministro degli Esteri che Karzai ha aiutato il nostro Paese senza chiedere nulla in cambio, così, per amicizia; né che gli Usa tutto sommato sono soddisfatti di come la faccenda è stata portata avanti e conclusa. Caro D’Alema non è il caso di darsi tante arie. Cà nisciuno è fesso. 3) I rapitori di Mastrogiacomo affermano: abbiamo rifiutato un milione di dollari per mollare l’ostaggio. Chi aveva messo a disposizione quella somma? Il governo Prodi o le dame di San Vincenzo? Dice D’Alema, per troncare le polemiche: anche Berlusconi salvò la pelle alle Vispe Terese e alla Sgrena, per cui non rompetemi l’anima. Discorso assurdo. È vero che il Cavaliere tramite i servizi segreti – sborsò un pacco di euro allo scopo restituire alle loro famiglie le tre sciagurate. Ha sbagliato. Doveva lasciarle là, in Iraq, nelle mani amorevoli dei resistenti che a loro piacevano tanto. Non si è mai capito di quale utilità fossero le tre sciurette nel teatro della guerra. Fossero rimaste a casa sarebbe stato meglio per tutti. Il fatto che Berlusconi abbia commesso un errore a strapagare la loro libertà non giustifica l’errore di Prodi e compagnia. Errore ancora più grave. Qui oltre a sganciare quattrini sono stati scarcerati degli assassini. 4) Veniamo al voto cui abbiamo accennato all’inizio. La maggioranza è nel pallone per motivi noti. Giova ricordarli. Non ha numeri garantiti. Servono 158 sì. Li ha o non li ha? Potrebbe non averli. Qualche comunista ha già cominciato a storcere il naso, se si comporta di conseguenza il governo va sotto. Perché la sua coalizione non avrebbe più autonomia. I senatori a vita – almeno secondo Napolitano – non vanno conteggiati per valutare la forza del centrosinistra. E Follini, il transfuga, ha dichiarato in passato, e recentemente confermato, che coi talebani non si tratta. Per coerenza dovreb- be votare contro. 5) Stiamo assistendo all’agonia dell’esecutivo? In teoria sì. Un premier serio davanti alla verifica che la sua maggioranza non è più tale dovrebbe rassegnare le dimissioni. Né l’eventuale – certo – appoggio dell’Udc (e dei senatori a vita) gli dovrebbe fornire il pretesto per rimanere al suo posto. Ma abbiamo che fare con Prodi e un gruppo di assatanati poltronisti. Quindi non illudiamoci. 6) D’altronde anche l’opposizione è in stato confusionale. Anziché trarre coraggio dagli sbandamenti degli avversari, i partiti della (ex) Cdl si beccano trascurando gli interessi comuni. E quelli degli italiani. Non condivido la linea di Pierferdinando Casini. Il quale però, se non altro, da mesi ha deciso di essere favorevole a questa missione, dunque di votare sì. Non c’è difetto di chiarezza, il che è apprezzabile. Berlusconi e Fini viceversa nicchiano. Prendono tempo. Mancano due giorni al momento della verità e ancora non hanno rivelato come si comporteranno. Pendono per il no, ma non sono convinti. Si mormora che alla fine regaleranno il suffragio a Prodi con la seguente giustificazione: abbiamo votato sì per non rompere lo schieramento di centrodestra; avremmo votato no se Casini ci fosse venuto appresso. Un ragionamento del menga: siccome Casini sbaglia e vota sì, sbagliamo anche noi e votiamo come lui, così l’unità è integra. Mi sembrano tutti matti. Forse hanno un retropensiero: lasciare Prodi dov’è in attesa che si spacchi da solo le ossa. Aggiungo una riflessione. Con questo governo al comando l’Italia è destinata a collezionare altre figuracce sulla scena internazionale, quasi non bastassero quelle accumulate finora. Attenti, amici dell’opposizione. Chi si accoda (in qualsiasi forma) ai prodiani non fa il bene del Paese ma il suo male, e ne condivide le responsabilità. Un ministero che delega Gino Strada a patteggiare coi rapitori e poi se ne pente e dice: noi non c’entriamo con la liberazione di cinque delinquenti, non è affidabile. Non va supportato in alcun modo, ma abbandonato, subito. Vogliamo rifinanziare la missione? Facciamolo dopo, a esequie avvenute e attrezzando i nostri soldati come si conviene in guerra. Perché se ci scappa il morto e si apprende che il contingente non era sufficientemente armato, ne risponderà chiunque abbia votato sì. Occhio.
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