MANCANO solo due giorni al grande evento benefico di Assisi. E a intervenire con la sua tetsimonianza è oggi il Nunzio Apostolico in Haiti, Mons. Bernardito Auza (foto). Lo scorso anno la comunità conventuale in accordo con la Santa Sede detinò i fondi raccolti proprio alla popolazione di Haiti dopo la catastrofe del terremoto. Come sta procedendo la ricostruzione? «Come ci si aspettava — dice Mons. Bernardito —, lentamente in ogni settore, compresa quello ecclesiale. Lo Stato non ha ancora eseguito opere di ricostruzione. Le istituzioni sono sempre ospitate in strutture provvisorie. Le rovine del Palazzo Nazionale rimangono , e il degrado avanza. Il centro storico di Port-au-Prince dovrebbe ospitare tutte le istituzioni dello Stato e del Governo haitiano, ma finora la zona delimitata non è ancora sgombrata dalle macerie. Anche la Chiesa Cattolica va avanti con la ricostruzione con cautela e deve affrontare tante sfide. I benefattori richiedono valutazioni tecniche di tutti i progetti di costruzione e di ricostruzione prima di esaminare le richieste di aiuto.
C’è stato ottimismo tra la gente quando li avete informati che la Chiesa di San Francesco sarebbe stata ricostruita?
«Ovviamente. Ho celebrato la Santa Messa due volte nella capanna dove si celebrano le funzion. Quella in occasione della festa di San Francesco il 4 ottobre scorso è stata particolarmente partecipata. L’annuncio del finanziamento che avrebbero inviato i benefattori di “Nel nome del Cuore” è stato accolto con gioia e forti applausi».
Quanto è importante la solidarietà in momenti difficili dove si pensa che tutto sia perduto?
«La solidarietà apre il cuore e caccia la disperazione. Senza la solidarietà internazionale, come avremmo potuto e come potremmo far fronte alle enormi necessità umanitarie in seguito al terremoto e, poi, al colèra? Senza il generoso aiuto di persone come i benefattori di “Nel nome del Cuore”, come potremmo ricostruire i nostri tempi, scuole e dispensari? E ancora prima di aiutarci nei bisogni materiali, la solidarietà ci ricorda che non siamo soli, che i nostri fratelli e sorelle, pensano a noi».
In momenti tragici come quelli che ha vissuto quanto la fede ha aiutato lei e gli haitiani?
«La fede è quella bussola che ci orienta e ci tiene in piedi in questi tempi difficili, stancanti ed a volte frustranti. Sono testimone del fatto che la fede degli haitiani, grazie anche ad un accompagnamento pastorale, resta solida di fronte alle sofferenze causate dal terremoto e dalla litania di disastri. La pratica religiosa non ha sofferto, anzi alcuni dei nostri parroci dicono che il numero dei fedeli che partecipano alle Messe domenicali è aumentato. Mi è gradito credere che la coscienza collettiva di “una chiesa non fatta di pietre” ma di fedeli discipoli del Signore sia stata rafforzata dalla perdita delle strutture fisiche. Ma, ovviamente, occorre ricostruirle, e bene, non appena ci sarà possibile».
Quanto c’è ancora da fare? Secondo lei, quali le priorità?
«Dal punto di vista della ricostruzione, tutto è ancora da fare. Dal punto di vista umanitario, ci vuole ancora molto per dare sistemazione più dignitosa alle milioni di persone che hanno perso beni e cari, giacché più di 600.000 vivono sotto le tende. Le nostre priorità rimangono quelle di prima: risollevare le nostre comunità con la fede e ricostruire le strutture distrutte dal terremonto. Procediamo con cautela nella ricostruzione, per evitare inutili impieghi delle risorse limitate e assicurarci che gli edifici siano costruiti secondo i criteri internazionali, onde evitare nuovi disastri. A nome di tutti i fedeli della parrocchia di San Francesco d’Assisi di Grand-Goâve, Haiti, ringrazio di cuore i Frati Minori Conventuali della Basilica e tutte le persone che promuovono e appoggiano “Nel nome del Cuore».

Loading

comments (0)

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.