Aperta l’udienza preliminare su un megaraggiro attraverso i numeri a tariffa speciale 899. I sei imputati hanno fatto richiesta di patteggiamento
E a Bastia arrestato latitante coinvolto in un’inchiesta parallela da cui sono emersi collegamenti con affari mafiosi
FRANCESCA BENE
PERUGIA – Il presente è incerto, il futuro fa paura. La crisi finanziaria fa aumentare i prezzi e la disoccupazione. In mancanza di risposte esaurienti da parte della società e dele istituzioni, sempre più persone, per esorcizzare inquietudini e angoscia, si rifugiano nel porto – in apparenza tranquillo, in realtà insidioso – del paranormale. E se varcare le porte di un mago o di un cartomante richiede una certa dose di coraggio (in quanto ci si espone in prima persona) comporre un numero telefonico che promette di dare le tanto agognate risposte risulta molto più facile.
Sono questi i presupposti che hanno fatto dei numeri a tariffazione speciale 899 e simili una vera e propria gallina dalle uova d’oro. Un affare talmente ghiotto che la malavita organizzata ha cercato subito di ottenerne il monopolio della gestione. In alcune regioni, come la Campania, ci sono dati incontrovertibili che parlano di un successo effettivo da parte della Camorra, in altre regioni vergine come l’Umbria, al momento ci sono molti sospetti e qualche importante riscontro. La cosa chiaramente non è sfuggita a forze dell’ordine e magistratura, tanto che negli ultimi due anni le inchieste sule cosiddette “truffe degli 899” in Umbria si sono moltiplicate.
Una dele prime inchieste avviate nella nostra regione è arrivata ieri in tribunale: 6 gli imputati, oltre 70 le persone truffate. In entrambi in casi il raggiro contestata si sarebbe sviluppato in questo modo: gli utenti appassionati dei segreti dell’occulto contattavano un numero telefonico a tariffa normale. Dall’altra parte del filo rispondevano una serie di operatori, sedicenti astrologi che, in otto minuti circa, erano in grado di tracciare per sommi capi il quadro astrale del clienti. Chiaramente il consulto dava risposte incomplete per cui si invitava l’interessato a contattare un secondo numero a tariffazione speciale, ovvero i famosi 899. L’utente bramoso di conoscere il futuro, una volta composto il numero riceveva un messaggio che lo informava dei costi della chiamata. Intanto però i primi 5 euro dello scatto ala risposta erano già beli che partiti. Non solo. Le linee in questione (cosiddette linee flat) funzionano in maniera tale da far cadere la linea al massimo ogni tre minuti. La persona desiderosa di approfondimenti è quindi costretta a richiamare, a ripagare il costoso scatto alla risposta e a rimanere immancabilmente a bocca asciutta, visto che, in tre minuti, di approfondimenti se ne possono fare ben pochi.
Sotto accusa sono finiti sia gli amministratori dei call center che i telefonisti. Questi ultimi, secondo l’accusa (Sandro Cannevale- Gabriele Paci), non potevano non conoscere le modalità del sistema truffaldino della linea flat. Tutti gli imputati, difesi dagli avvocati, Lino Ciaccio, Massimiliano Sirchi e Franco Libori hanno chiesto al gup Paolo Micheli di poter procedere con il patteggiamento. L’udienza è stata quindi rinviata a marzo.
Proprio mentre l’inchiesta in questione arrivava in tribunale, gli uomini della Squadra mobile di Perugia hanno messo le manette ai polsi di un latitante calabrese di 42 anni (Antonio De Franco di Cirò Marina). L’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti era stata emessa nel giugno scorso sulla scia degli accertamenti relativi a due inchieste parallele (una della Procura di Firenze, l’altra di quella perugina) sempre sul tema truffe con i numeri a tariffazione speciale.
Oltre al raggiro via telefono nel corso delle due inchieste è emerso un collegamento tra personaggi legati ad organizzazioni di stampo mafioso e gestori di alcuni cal center di cartomanzia.
A due perugini è stato contestato anche il reato di riciclaggio. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, infatti, il guadagno delle truffe finiva su società off-shore a Londra da dove poi i soldi ritornavano in Italia ai titolari delle società. Il gruppo si sarebbe, secondo gli inquirenti, anche adoperato per riciclare soldi di organizzazioni di tipo mafioso. A questo fine alcuni degli arrestati avrebbero messo a disposizione le loro attività economiche in Gran Bretagna finite nell’inchiesta sugli 899. Secondo quanto emerge dalle indagini i responsabili di una società inglese – entrambi di Perugia – in Umbria sarebbero entrati in contatto con persone legate a organizzazioni di tipo mafioso ed in particolare con il presunto boss del cosiddetto “clan degli ex pentiti”. La cosca, lo ricordiamo è accusata dell’omicidio dell’ex collaboratore di giustizia Salvatore Conte, ritrovato cadere in un bosco di Gubbio ed ucciso, secondo gli inquirenti, a causa di una sgarro. Non solo. Sono in corso indagini per verificare se il gruppo abbia consumato nella nostra regione altri omicidi.
Da questi contatti, sempre stando alla ricostruzione dei magistrati fiorentini, sarebbe nato il progetto, poi naufragato, di occultare, attraverso le attività economiche inglesi, quadri di autore e ingenti somme contanti, fra cui 80 mila franchi svizzeri, in possesso di personaggi appartenenti ad associazioni siciliane di tipo mafioso.
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