L’analisi


Il 2005 sarà l’anno delle elezioni regionali, il 2006 l’anno delle politiche, sempre che non vengano anticipate. Appare evidente come questi appuntamenti assorbano tutte le energie dei partiti, e soprattutto che gli intendimenti ed i comportamenti di questi ultimi siano sotto la lente d’ingrandimento dei cittadini. Scrivemmo una volta che la politica si articola in policy (ovvero, le riforme sociali e le leggi che interessano la gente) e in politics (ovvero, gli interessi, le alleanze e gli scontri di potere dei candidati e dei partiti).Se la politica fosse solo policy il quadro sarebbe sufficientemente chiaro e ci sarebbero molti meno giochi incomprensibili agli elettori. Tendenzialmente il centro-sinistra si batte per lo sviluppo occupazionale e per la difesa dello Stato sociale, mentre il centro-destra per lo sviluppo delle imprese e per la difesa delle libertà e degli interessi privati. Nel corso di differenti elezioni i cittadini hanno mostrato di gradire l’uno e l’altro tipo di programma. Ovvero, sviluppo economico-occupazionale, più Stato dei servizi, meno Stato della burocrazia e meno parassitismo politico. In Umbria, dal punto di vista della policy, la Giunta Lorenzetti procede abbastanza bene. La pubblicazione del Terzo Report sullo stato d’attuazione del Patto per lo Sviluppo rivela che molte leggi sono state fatte (trasporti, energia, smaltimento rifiuti, edilizia, promozione integrata, politiche attive del lavoro, attività dello spettacolo) e l’ammodernamento di grandi infrastrutture (tra cui il drammatico nodo di Perugia) è ormai in cantiere. Caso mai si tratta di provvedimenti ancora di carta (leggi, progetti, bandi) e la realizzazione pratica richiederà qualche anno. Ma del resto, come giustamente fa notare Lorenzetti, sono proprio questi i compiti della Regione ed altri dovranno attuare i programmi stabiliti (province, comuni, aziende pubbliche e private). Se la policy sembra funzionare, non altrettanto si può dire della politics. Qui l’immagine proposta da molti politici del centro sinistra (per tralasciare l’allineamento dei Laffranco e Modena) dà l’idea del tormentone. Elenco in sequenza gli spettacoli offerti in questi giorni. Scena regionale: mentre a Roma si parla di ridurre il numero dei deputati da 630 a 400, gli onorevolini umbri aumentano il numero di consiglieri da 30 a 36 ed inseriscono nella legge elettorale il listino di partito. Scena alla Provincia di Perugia: i posti di assessore sono troppo pochi per accontentare tutti gli ex-sindaci presenti in consiglio. Il tumulto viene sedato con ammiccamenti a futura memoria. Si allude ad uno scivolamento verso l’alto, una promessa di scranni alla Regione. Fin d’ora sappiamo che ne vedremo delle belle: Gobbini, Giovagnola, Primi e Bruscia sul Lago, Rosi, Becchetti, i castellani e gli eugubini nell’Alto Tevere, Brozzi, Bogliari e altri emergenti a Bastia. E poi le cordate sindacali: Baiardini, Fioriti, Giovannetti, nonché gli ex sindaci potenti in anno sabbatico: Salari e Cimicchi. Ovviamente per alcuni di questi e per altri politici bolliti sono pronte presidenze e direzioni dei numerosi enti regionali. Infine scena comunale, anzi circoscrizionale: la bagarre per l’assegnazione delle presidenze (vedi La Margherita a Perugia) è perfino più accesa della lotta per i posti in Parlamento.
“Tutto qui?”; potrebbe dire qualcuno. “Non potrebbe trattarsi di una sana concorrenza per la selezione dei migliori?” “Magari!” si vorrebbe rispondere. A contraddire le migliori intenzioni ci sono solo due piccoli fatti. II primo è che nei partiti non si discute più di linee politiche, ma si pratica una guerra per bande. Il secondo è che l’attività politica è diventata così remunerativa (dal milione e mezzo di vecchie lire per i presidenti di circoscrizione, ai tre dei consiglieri provinciali, ai molti milioni per i consiglieri regionali e i direttori degli enti) che per un posto al sole (o la villa in collina) si è disposti a fare di tutto. E ovvio che solo gli elettori possono valutare se queste argomentazioni sono qualunquistiche o terribilmente serie. Da parte loro i politici possono smentirci con i fatti, ricorrendo a semplici accorgimenti. Per esempio decidendo di retribuire i 36 nuovi consiglieri regionali con lo stesso budget usato per gli attuali 30, o di abbattere le varie indennità in rapporto ai tagli della finanza locale (10% in meno, ma potrebbe non bastare) e alla crescita dei tributi locali (facciamo un altro 5% in meno?). Da parte nostra, su questo giornale, saremo senz’altro pronti a dargliene atto.
Roberto Segatori

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