di Paolo Russo



ROMA — Se quello di Prodi voleva essere un fisco Robin Hood per il centro-sinistra, c’è il rischio che i ceti medi finiscano per abbracciare quello di Silvio Berlusconi, etichettato dalla stessa opposizione come fisco dei “Paperone”. Eh sì, perché la controriforma delle tasse presentata ieri al Senato in forma di emendamento alla Finanziaria non toglie solo ai ricchi per dare ai poveri, ma fa perdere in molti casi soldi anche chi naviga tra i 20 e 30mila euro lordi l’anno. Ossia all’incirca tra i mille e i duemila euro netti al mese.
I risultati della nuova curva di aliquote, partorita non senza doglie dentro la coalizione, sono del resto messi nero su bianco nelle stesse tabelle allegate all’emendamento, che mettono a confronto gli sconti della proposta targata Prodi-Visco-Bersani con quelli della riforma del governo. Numeri quindi «non di parte», come quelli che secondo l’Ulivo avrebbe illustrato l’altra sera a Porta a Porta Renato Brunetta, consigliere economico del premier. Per un lavoratore senza familiari a carico, passare dall’Irpef di Berlusconi a quella del Professore significa rimetterci oltre cento euro già appena varcata la soglia dei 20mila euro. A 30mila euro, infatti, lo sconto del governo è di 305 euro, quello dell’opposizione di soli 96. Altro che un euro al giorno. Si e no si arriva a 30 centesimi. E più si sale peggio è. A 50mila euro governo batte opposizione 467 euro a 22. Poi, da 100mila euro in su la formula ulivista fa persino salire il prelievo rispetto ad oggi di 178 euro, mentre l’emendamento dell’esecutivo fa guadagnare via, via due, tre, seimila e più euro.
Le cose cambiano quando si passa all’esempio di una coppia di lavoratori dipendenti, con reddito del coniuge di 13mila euro e due figli minori a carico. Qui il fisco della Gad conviene nettamente fino a 50mila euro. Ma un lavoratore dipendente con coniuge e due figli minori a carico torna a tifare Berlusconi appena superati i 30mila euro di reddito. A 35mila euro l’abbuono dell’Ulivo è infatti di 681 euro e quello della maggioranza di 865. Anche in questo caso sopra i 100mila euro si pagano 558 euro di imposte in più rispetto all’Irpef di oggi. In tutti gli esempi, i vantaggi dell’emendamento di centro-sinistra sono nettamente superiori a quelli delle riforma del governo per i redditi molto bassi. Gli stessi che hanno beneficiato della prima ondata di sgravi fiscali varata dall’esecutivo.
L’Irpef «che non c’è» dell’opposizione si articola in quattro aliquote: 23% fino a 18.000 euro; 30% oltre 18.000 e fino a 33.500 euro; 40% oltre 33.500 e fino a 70.000 euro; 45% oltre 70.000 euro. «Per dare vantaggi soprattutto ai ceti medio-bassi», hanno precisato i firmatari del sub-emendamento all’emendamento del governo. Una vera controriforma che prevede anche: restituzione del fiscal drag, aumento delle detrazioni per coniuge e figli a carico, sostegno al reddito personale e familiare, fiscalizzazione degli oneri impropri, istituzione di un Fondo per il riconoscimento degli incentivi alle imprese a titolo di compensazione per la perdita delle quote di Tfr devolute ai fondi pensione. Una proposta che vale circa 6,5 miliardi di euro. Cifra che la Gad intende coprire con le risorse che arriverebbero dall’aumento della tassazione sui capital gain di Borsa, controbilanciato da un calo della tassazione sui conti correnti bancari, e da un contributo straordinario retroattivo, pari al 5%, che dovrebbero versare i soggetti che hanno già usufruito dello scudo fiscale per regolarizzare i capitali detenuti all’estero.

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