Ex presidente del Bastia truffato da dirigente dell’Ac Perugia .


SPOLETO – Lo scandalo Gaucci tocca anche la città del Festival. Precisamente il suo tribunale monocratico, dove ieri mattina il giudice Avenoso si è trovato ad esaminare la causa che vede contrapposto l’ex presidente del Bastia Umbra calcio ad un ex dirigente dell’Ac Perugia, insieme con sua moglie e il direttore della filiale di Gualdo Cattaneo della Banca popolare di Spoleto. L’accusa è quella di truffa, con l’ex dirigente dei grifoni – difeso in aula dall’avvocato Coricelli – che figura come imputato principale. Proprio ieri è stato ascoltato l’ex presidente, il quale si è poi riservato di costituirsi parte civile nel processo in corso. Secondo quanto deposto da colui che fu il massimo dirigente del Bastia alla fine degli anni Novanta, le “stranezze” sarebbero cominciate fin dal suo ingresso nella società, con il versamento di un assegno da 50 milioni di lire nelle casse del Bastia. Successivamente, il presidente sarebbe stato rassicurato dal dirigente del Perugia dal punto di vista economico. “Mi confidò – queste le parole dell’ex presidente – di avere sottratto 4-5 miliardi dalle casse di una società ternana andata fallita e che, dopo aver affidato una parte del denaro a Luciano Gaucci affinché la versasse in una banca del Vaticano, con la somma restante avrebbe curato l’economia del Bastia”. Sembra infatti che l’imputato principale – sul quale gravano precedenti per truffa – non potesse divenire egli stesso presidente della società dilettantistica, ma avesse bisogno di un “qualcuno” che ricoprisse tale ruolo al posto suo. In effetti, le spese per i fornitori – tra i quali la Galex – e per i rimborsi spese dei giocatori erano tutte accollate direttamente al presidente, il quale poi si rifaceva con gli assegni del dirigente perugino, che aveva tutti gli interessi a non comparire negli scambi commerciali “ufficiali”. Sembra inoltre che lo stesso dirigente producesse assegni a firma della moglie, senza che questa ne fosse a conoscenza. Assegni che venivano puntualmente riscossi con il bene placito del- la Banca popolare di Spoleto, cui il conto corrente della donna era intestato. La vicenda, piuttosto intricata, si risolse quando tre assegni, per un valore complessivo di 100 milioni, furono rigettati “per firma apocrifa e mancanza di fondi”. A quel punto partì la denuncia da parte dell’ex presidente, che ha perduto una causa civile ma che ora attende il responso in sede penale, e che ieri mattina ha reso noto di essersi autodenunciato presso il tribunale di Perugia per quella parte di illeciti commessa anche da egli stesso. Il tribunale perugino ha aperto un nuovo fascicolo su tutta la storia, mentre il processo di Spoleto è stato rinviato al prossimo 14 giugno.
DANIELE UBALDI

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