Cari concittadini e care concittadine, celebriamo oggi il 77° anniversario della Liberazione dell’Italia dal Nazi-fascismo. È la festa del popolo che riconquista la pace e la libertà.
E’ il terzo anno che la Festa della Liberazione è diversa. Tre primavere difficili, prima con la pandemia, di cui ancora non possiamo ritenerci totalmente liberati, oggi con il conflitto bellico alle porte della nostra casa comune, l’Europa.
Con il 25 aprile del 1945 terminava in Italia la seconda guerra mondiale che causò tra gli italiani oltre 300.000 caduti militari e 150.000 civili. Era giusto istituire la Festa della Liberazione, era giusto porre a memoria perenne la riconquista della Libertà contro tutte le forme di superiorità, di sopraffazione, di imposizione di leggi basate sulla differenza tra le persone. Una memoria che nel tempo ci ha reso forti anche nell’affrontare l’imprevedibile.
Nessuno poteva presagire ciò che sarebbe accaduto da febbraio 2020 ad oggi con la pandemia. Libertà, l’aspirazione più forte dell’essere umano, del cittadino, della comunità. Abbiamo lottato durante la pandemia per difendere la libertà di tutti e di ciascuno, non con le armi, bensì rinunciando alle consuete abitudini, alla necessità di stare insieme, con le mascherine e igienizzanti, con il distanziamento, chiusi dentro casa, con l’impegno rivolto al volontariato e all’aiuto dei più fragile. E la lotta per la libertà, la conquista della libertà non sono state solo memoria. Una guerra di tutti e non contro tutti: né demoni, né angeli, tutti contro il male oscuro della pandemia.
Dalla guerra contro la pandemia alla guerra degli uomini contro i suoi simili. Una nuova primavera segna la settantasettesima Festa della Liberazione ma non una primavera degli animi. La guerra in Ucraina non ci può lasciare distanti, così come tutte le guerre che ancora oggi funestano il nostro pianeta. Imporre la supremazia di un pensiero sulla libertà apre le porte dell’odio, dell’intolleranza, della violenza, l’orrore della violenza sotto ogni forma. Nell’abbraccio simbolico a tutti i cittadini e le cittadine ucraine arrivati anche nel nostro territorio, condanniamo questa guerra come tutte le guerre che sconvolgono il mondo.
Non posso non riportare le parole di Papa Francesco “La guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”.
Quello a cui stiamo assistendo è un monito anche per tutti noi che oggi, liberi, riaffermiamo e consacriamo la libertà. Dobbiamo essere coscienti che la pace è una condizione molto fragile che va difesa e alimentata giorno dopo giorno, dai piccoli ai grandi gesti quali: la solidarietà, la disponibilità, il perdono, l’aiuto reciproco. Le motivazioni belliche cancellano la vita, i sogni, la dignità, lo abbiamo visto e già vissuto, lo vediamo ogni giorno negli occhi di chi è costretto a lasciare il proprio paese.
“L’incendio appiccato alle regole della comunità internazionale appare devastante – ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – destinato a propagare i suoi effetti se non si riuscisse a fermarlo subito, scongiurando il pericolo del moltiplicarsi, dalla stessa parte, di avventure belliche di cui sarebbe difficile contenere i confini. Per tutte queste ragioni la solidarietà, che va espressa e praticata nei confronti dell’Ucraina, deve essere ferma e coesa”.
Proprio per questo dobbiamo declinare la parola libertà, vissuta come obiettivo da coltivare ogni giorno cercando la forza della pace nel vivere civile. Liberazione oggi vuol dire solidarietà ed accoglienza, rispetto delle vite umane e delle persone che cercano un destino diverso, fuggendo dalle guerre, senza dimenticare che siamo stati e siamo migranti anche noi.
E’ un 25 Aprile diverso, ma è nel senso della Festa della Liberazione, nelle celebrazioni di oggi, nell’onore ai caduti, il sentimento che ci deve alimentare per continuare a costruire ogni giorno civiltà e rispetto contro ogni forma di violenza, contro la guerra che è tornata a colpire l’Europa.
Diamo esempio di quello che siamo diventati: non più né vincitori né vinti. Una nazione che alle difficoltà quotidiane contrappone il valore del Bene comune, una nazione che dalla Storia, la sua e quella degli altri, ha imparato una grande lezione: uniti, mai più divisi. Allora il 25 aprile non è solo una festa ma una condizione di vita. Per questo gli ideali della lotta contro il Nazi-fascismo e della guerra di liberazione devono restare vivi e profondamente radicati nelle nostre coscienze, sono il vissuto, l’insieme degli eventi che costituiscono la storia di un individuo ma anche di una collettività.
Ringrazio tutti i presenti, la cittadinanza, gli Assessori e i Consiglieri comunali presenti, i parroci, le Forze dell’Ordine, la Polizia Locale, le associazioni d’arma e combattentistiche, la Banda musicale di Costano diretta dal Maestro Giuseppe Cecchetti, l’Associazione carabinieri in congedo di Bastia Umbra, l’Associazione Mutilati e Invalidi di guerra, l’Associazione ANPI, l’Associazione internati nei campi di concentramento.
Viva l’Italia,
Viva Bastia Umbra.
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