di BRACCIO DA MONTONE


Fioriscono, in queste amministrative, le liste civiche in Umbria. A Penigia, a Foligno, a Bastia Umbra, un po’ dappertutto. Liste civiche in alcuni casi composte da vecchi arnesi della politica che hanno visto frustrate le proprie ambizioni di candidatura nei partiti, in altri messe in piedi genuinamente da cittadini che non ritengono più le coalizioni tradizionali capaci di dare risposte adeguate ai bisogni delle à città e della gente. Sia come sia, la politica tradizionale ne esce sconfitta. E lo sfarinamento della capacità di aggregazione delle forze politiche umbre – soprattutto del centrosinistra – è dimostrato da due elementi che sempre accompagnano questo fenomeno: il prevalere delle spinte centrifughe e una dialettica che si svolge tutta all’interno del Palazzo e dei centri di potere, senza avvertire alcun bisogno di coinvolgere i cittadini. E la proliferazione delle liste civiche “genuine”, quelle cioè che nascono da una reale domanda  di partecipazione della gente, è l’altra faccia di questa medaglia. Insomma, una spirale che vede le forze politiche tradizionali guardarsi l’ombelico e azzuffarsi in una stanza e i cittadini che si sentono sempre più estranei a questo gioco per pochi e che quindi esprimono il proprio disagio auto organizzandosi. In altre parole, in Umbria è in atto un corto circuito tra mondo politico e società civile. Un disagio che i partiti farebbero bene a cogliere, anziché demonizzare. Perché quello che oggi appare un campanello d’allarme potrebbe un domani non lontano trasformarsi in una Caporetto elettorale. Una situazione che non si sana con le belle parole sulla partecipazione spese in campagna elettorale. Sarebbe come voler curare la polmonite con l’aspirina. Chi l’ha fatto – e gli esempi non mancano – non è finito bene.

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