di VITTORIO FELTRI
Caro onorevole Fini, so di starle sulle scatole; però mi ascolti lo stesso. Le mie parole saranno stupide ma disinteressate; le giudichi dopo averle lette. Veltroni e Berlusconi si sono incontrati e hanno discusso. È già un successo. Da anni centrodestra e centrosinistra avevano evitato con cura di annusarsi, l’uno sospettoso dell’altro, praticamente incompatibili anche di fronte a una tazza di caffè. Di quello che i due si sono detti è trapelato solo quello che poteva trapelare. La mia impressione è che entrambi abbiano capito una cosa: o si mettono d’accordo loro o accordo non ci sarà mai. Con trentanove partiti presenti in Parlamento è facile litigare, impossibile ragionare. Scontato il contenuto dei colloqui Silvio-Walter: legge elettorale. Ai leader dei partiti maggiori non importa niente dei partiti minori, tantomeno dei piccoli che sono un impedimento ai fini della stabilità e della governabilità. Berlusconi e Veltroni avranno pensato: studiamo un marchingegno che tagli fuori i nani e ci consenta di misurare le nostre forze. Poi chi vincerà, vincerà. Un margine di rischio va calcolato. Siccome Pd e Forza Italia hanno tanti voti, sono in grado di imporre la loro volontà agli altri. Non è giusto? Forse. Ma è logico. E anche utile. Perché un dato è certo: il sistema delle coalizioni è fallito, troppe liti, troppe complicazioni, troppi equivoci. Quindi vale la pena puntare su un meccanismo semplice: il partito più grosso ha diritto di comandare, o di mangiarsi i più piccini, che è lo stesso. La legalizzazione delle regole della foresta si trova sempre; si tratta di studiare la pratica. Di tecnicalità, come dicono quelli che credono di parlare bene. A questo punto la prospettiva è che menerà il torrone Veltroni o lo menerà Berlusconi. Tutti gli altri saranno spettatori. A meno che non si riducano al ruolo di comprimari, aiutanti, ufficiali di complemento. Caro Fini, sbaglio? Non è escluso. Per evitare la soluzione adombrata ci vorrebbe una terza forza in grado di minacciare l’egemonia delle altre due. C’è? Non c’è. O la costituite voi, lei, Casini, Pezzotta, Montezemolo, Mastella e spezzatini vari oppure il destino è segnato. Voi minori avrete comunque un posto in Senato o alla Camera, ma non avrete peso. La avverto che questo è un esame cinico della situazione, non un auspicio. D’altronde succede anche in Inghilterra. Chi vince, pur con maggioranza relativa, afferra il timone e non lo molla per un tot di anni; e chi perde aspetta il prossimo giudizio degli elettori. Eppure le faccende nel Regno Unito non vanno tanto male. A un signore come lei, bravo, svelto, dialetticamente un campione, cosa conviene fare? Rimuginare sul passato non serve. È colpa mia, è colpa di Silvio, è colpa di Casini, si doveva cercare un’intesa, era consigliabile sedersi intorno a un tavolo, annunciare prima i propri piani, discuterli, renderli condivisibili? Non ha senso dibatterne alla luce degli accadimenti e degli sviluppi. Qui occorre prendere atto della realtà. Il resto è puro esercizio platonico. Sicché le dico. Scurdammoce ‘o passato. Guardiamo al futuro. O lei e i suoi amici, se ne ha, contrastate Berlusconi con un progetto analogo ma più efficace del suo, o merita di scendere a patti col signore di Arcore, piaccia o non piaccia. Scendere a patti significa entrare nel vortice del nuovo Partito popolare della libertà e accettarne la logica. Quindi tentare dall’interno di imporre una linea politica di destra, puntando sulla bontà delle proprie idee. La contrapposizione ispirata a orgoglio o al timore di perdere identità o di non avere il controllo dell’orticello di cui si è stati proprietari fino a ieri non è produttiva bensì controproducente. Non è produttiva per lei né per An. Non le mancano le capacità di persuadere i suoi colonnelli e la base. Ci sono momenti in cui è necessario rinunciare alle grandi ambizioni per essere all’altezza almeno di quelle piccole. Onorevole Fini, si butti nell’av ventura a fianco del Cavaliere, gli dia una mano a cambiare il “regi me” perverso delle coalizioni. Avrà tempo e opportunità per far prevalere la sua leadership. L’uovo oggi ce l’ha già; miri alla gallina domani. Il domani è vicino. E la vita è lunga anche se sembra breve. Nel nuovo Partito lei sarebbe automaticamente il numero due. Attrezzato a subentrare al numero uno non appena si presentasse l’oc casione. Non stia lì a gingillarsi con i centri e i centrini, a illudersi di poter stravolgere l’esistente con un colpo di bacchetta magica. Mi dia retta. Accantoni sentimenti e risentimenti, rancori e furori. La Casa delle libertà non c’è più? Chissenefrega. È nato, con una iniziativa unilaterale, il Partito popolare delle libertà. Poteva nascere meglio; sicuro. Ma è nato. Dia una mano ad allevare il bambino e il bambino le sarà grato, e un giorno sarà suo. Coraggio Fini, non sprechi la sua intelligenza nel tentativo velleitario di bloccare il carro che, se si avvalesse della sua spinta, potrebbe condurla in alto, al vertice. E molto lontano. Gianfranco Fini, segretario di An, bolognese, 55 anni. Dalle sue mosse dipenderà il futuro del centrodestra italiano
COMPARSE Lo scenario ormai è chiaro: saranno il Cavaliere e il segretario del Pd a guidare le danze. In mancanza di un progetto in grado di contrastare il loro piano, gli altri saranno comparse NUMERO DUE Il leader di An diventerebbe subito il numero due pronto a subentrare a Silvio alla guida della nuova formazione. Che potrebbe avvalersi di una spinta in più.
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