Nuove prospettive per la fabbrica tessile di Bastia Umbra precipitata in un fallimento


Un gruppo di imprenditori umbri pronti a rilevare l’azienda


MASSIMILIANO CAMILLETTI


BASTIA UMBRA – Che fine hanno fatto i circa 2,5 milioni di euro che risultavano a bilancio nella cassa della Hemmond al momento dell’ingresso di Ferrante? E gli oltre 9milioni di euro di assegni post-datati da riscuotere a saldo di crediti vantati dalla Hemmond prima del fallimento?
Ancora.
Dove sono finiti i 250mila capi di abbigliamento e gli 80mila kg di filato grezzo che giacevano in magazzino. Sono solo alcune delle domande degli artigiani di Bastia che non trovano risposte certe. Creditori privilegiati della Hemmond, che vantano complessivamente circa 1.5 milioni di euro di crediti ma che rischiano di restare a becco asciutto. “Tra gli oltre 50 artigiani che devono prendere i soldi – spiega Marco Barberini della federazione moda Confartigianato Umbria -, ce ne sono alcuni che vantano singolarmente un credito nei confronti della Hemmond di oltre 50mila euro. Molti di essi – puntualizza – sono stati costretti ad accendere dei mutui con gli istituti di credito per tappare la falla Hemmond. Ora occorre intervenire, coinvolgendo il tessuto finanziario regionale, e fornire forme di tutela a questi soggetti. Chi lavorava solo per la Hemmond si è dovuto riciclare sul mercato, a scapito di prezzi e redditività dell’impresa, al punto che da un paio d’anni lavora sotto-costo”. Quanto al futuro più immediato, il direttore generale di Sviluppumbria Vinicio Bottacachiari assicura che, oltre al curatore fallimentare, è già al lavoro un gruppo di imprenditori umbri che sta predisponendo un piano di acquisto di quel che resta della Hemmond. Il magazzino infatti si è volatilizzato e all’interno del capannone c’è soltanto qualche vecchio macchinario e poche altre attrezzature. “Non basta riaprire il capannone per produrvi qualsiasi cosa – avverte Barberini -, ma occorre un progetto imprenditoriale davvero serio stavolta, che punti sulla maglieria e sull’abbigliamento per non disperdere le professionalità e ridare linfa all’indotto. Ma soprattutto non
devono venir mai meno – come è successo con la Ferrante – i controlli sull’effettiva attuazione del progetto e sulla solidità finanziaria dell’acquirente”.

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