CABARET IN SENATO

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di VITTORIO FELTRI


La prima paginadi liberoPer un vecchio giornalista è abbastanza facile fare il punto della situazione politica. Conosco colleghi che per quaranta anni – povericristi – hanno steso ogni giorno la cosiddetta nota per spiegare quanto successo nel Palazzo: quaranta anni buttati via perché nel Palazzo non succede mai niente che meriti attenzione. Negli ultimi tempi il lavoro si è complicato pur rimanendo inutile: qui si tratta di fare il punto della confusione. Confusione totale seppur divertente. Il cabaret, chiuso il mitico Derby di Milano, si è trasferito – complice Grillo o Brillo parlante – in Senato. Dove bisognerebbe installare delle telecamere fisse per offrire a chi non ha un tubo da fare uno svago gratuito. La stessa Rai invece di spendere milioni di euro allo scopo di produrre Isole dei famosi, Grandi fratelli e Piccoli cugini, gare di pattinaggio e cretinate simili, potrebbe spedire in onda le performance dei senatori, inclusi quelli a vita, nella casa di riposo denominata Madama. Per rendere più vivace lo spettacolo, propongo di eleggere Beppe Grillo presidente dell’Ospizio con l’incarico preciso, al termine di ogni seduta, di pronunciare la parola fatidica: vaffanculo. Parola liberatoria, sintesi estrema di uno stato d’animo che accomuna milioni di cittadini. Il vero merito del comico genovese è questo: esprimere con una battuta densa di significato il pensiero dominante nella nazione: vaffanculo. Provate anche voi a pronunciare con tono stentoreo il perentorio invito: vi sentirete meglio. I discorsini di Grillo hanno una valenza terapeutica da non sottostimare: li ascolti, ridi e ti plachi. Oh, finalmente uno che mi capisce. E torni di buonumore. Ecco perché consigliamo alle tivù di divulgarli. Sarebbe un aiuto alla salute pubblica. La lunga premessa per dire che ieri il centrosinistra e il centrodestra hanno toccato il fondo, ammesso che un fondo ci sia. All’ordine del giorno c’era la spartizione delle poltrone Rai, e i due schieramenti si sono scannati con appassionato vigore, ma la torta è rimasta intatta. Ovvio. Tutti la vogliono tutta. Quindi guai a rovinarla. I veti incrociati hanno miracolosamente salvato il piatto che verrà servito intatto alla prossima occasione. Buon appetito, senatori. Sarebbe bastato votare la mozione di Willer Bordon per sbaraccare l’intero consiglio di amministrazione dell’ex monopolio. Invece non è passata perché destra e sinistra hanno avuto paura di perdere qualche briciola e hanno ritratto la mano. Cose incomprensibili a noi che non apparteniamo alla Casta. Il ministro di Grazia e giustizia Clemente Mastella, come di consueto, ha menato le danze. Voto, non voto, esco dall’aula, faccio cadere il governo, forse lo tengo in piedi. Massì, aspettiamo. Aspettiamo cosa? I nostri cronisti sbalorditi hanno chiesto a questo e quel senatore come mai avesse votato sì o no, quale fosse la motivazione della scelta. Risposte da ebeti allo stato puro: non sa- prei, mi hanno detto di votare così. Il mio commento non può essere diverso da quello abituale di Beppe Grillo. O voi me ne suggerite uno più acconcio? I deficienti non votano secondo coscienza e neppure secondo convenienza, che almeno avrebbe un senso. Votano per ubbidienza. Senza riflettere, senza avere idea di quale sia il problema. Vabbé, non importa. Conta piuttosto un dato: la maggioranza non soltanto ha margini esigui; è allo sbando. E l’opposizione se ne giova, ma non per cogliere un obiettivo, bensì per incrementare il casino, come non ce ne fosse già abbastanza. Lamberto Dini e il suo gruppino non hanno aderito al Partito democratico. Però sono ancora legati all’Unione; non si sono trasferiti dall’altra parte. Quindi? Nulla. Stanno a guardare. Se gli gira mandano affanculo Prodi. Si riservano di farlo nel caso in cui, in cui, in cui… Boh, vedremo. Antonio Di Pietro sostiene che il premier deve fare un passo indietro. Per andare dove? Verso un rimpasto della compagine di governo e la riduzione del numero di ministri e dei sottosegretari. Ma Prodi ha detto che un’ipotesi del genere non gli passa neppure per la testa. Di Mastella abbiamo già detto. È un abile politicante e se la cava con le minacce. Gli alleati ne hanno il terrore e lui qualcosa ramazza sempre. Chiamalo scemo. Naturalmente ciascuno è preso dall’interesse personale e ha le proprie giustificazioni. Nel caos totale comunque non ce n’è uno che si preoccupi dello stato penoso in cui versa il Paese soffocato da una economia in retromarcia, da una spesa pubblica crescente e da una pressione fiscale asfissiante. Siamo alla paralisi istituzionale e all’immobilità politica. I guasti italiani incancreniscono da mezzo secolo e non si comprende chi potrebbe rimediarvi. In compenso i senatori si ammazzano per le poltroncine Rai, delle quali ai nostri compatrioti non importa un accidenti. Importerà invece una notizia. La Camera ha approvato il proprio bilancio: un miliardo e mezzo di euro, pari a tremila miliardi di lire cassate. E Bertinotti che si vanta di aver provveduto da mesi a tagliare i viveri ai deputati. Spulciando tra le righe del rendiconto annuale ci si imbatte in un milione e 250 mila euro a copertura di spese viaggio di ex parlamentari. Giuro. Ex parlamentari. Una sciocchezza, ma dà la misura di quanto siano ubriachi. Adesso che accadrà? La premiata pasticceria di Palazzo lavora alacremente. Segnalo che Andreotti, Zanone (segretario del fu Partito liberale) e una senatrice non identificata ne hanno piena l’anima di stare a sinistra e sono in procinto di zompare sull’altra sponda, accorpandosi con Dini condividendone i dodici punti programmatici. Se ciò avverrà, virtualmente non ci sarà più maggioranza e addio Professore. Sarà crisi. Quando? Il dramma è che Berlusconi non si è ancora apparecchiato per rientrare a Palazzo Chigi. Non sa se continuare con la Brambilla a fondare Circoli della Libertà o se premere l’acceleratore verso la ricomposizione della Casa delle libertà. I tempi stringono. Mastella ne è consapevole e punta a salire sul carro del vincitore e a snobbare il carro funebre del moribondo Prodi. Il Cavaliere promette lauti compensi: la presidenza del Senato a Dini. O a Andreotti. Già. Siamo ancora nelle mani di Andreotti. In che mani siamo. Grillo, dilla tu la parolina…
INTERESSI In questa maggioranza allo sbando ormai ognuno mira solo al suo interesse. In compenso la Camera ha approvato il proprio bilancio da un miliardo e mezzo di euro INDECISI Anche Berlusconi per ora prende tempo, indeciso se puntare sui Circoli della Brambilla o se ricostruire la Casa delle Libertà. Intanto il tempo stringe e Grillo incombe

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