False fatture, truffa 300mila euro allo zio — ASSISI — TRECENTOMILA euro ‘gabbati’, ma il conteggio potrebbe essere anche superiore, settantacinque assegni falsificati per coprire gli importi di altrettante fatture fittizie fatte al computer, soldi in contanti ritirati e poi fatti sparire nel nulla. E’ una maxi-truffa, con ingente appropriazione indebita, quella messa in piedi da una nipote nei confronti dello zio, titolare di una grande società di forniture sportive di Santa Maria degli Angeli e scoperta dalla procura che ha citato a giudizio Annamaria Fortini, 45 anni, ex dipendente dell’azienda. Difesa dall’avvocato Gennaro Esibizione l’imputata dovrà presentarsi in tribunale l’8 novembre 2012 e in quella data l’imprenditore truffato — assistito dall’avvocato Giuseppe Caforio — ha intenzione di citare, come responsabile civile, anche le banche che avrebbero, per distrazione o negligenza permesso che il reato fosse portato a termine. SECONDO la ricostruzione accusatoria del pubblico ministero Antonella Duchini — titolare degli accertamenti — la donna avrebbe via via formato le fatture false, intestandole a fornitori reali dell’azienda dello zio, si sarebbe poi fatta compilare gli assegni che avrebbe incassato in banca ma dopo averli girati a suo nome. Stando agli accertamenti Fortini avrebbe, in alcune occasioni, apposto anche le firme false del titolare dell’azienda o di altri soci su libretti di cui aveva il possesso in ragione del suo lavoro in amministrazione e contabilità. In altre circostanze Fortini avrebbe anche trasferito soldi on line dai conti dell’azienda al suo personale. Una maxi—truffa che è costata alle casse della società oltre 300mila euro in appena tre anni: dal 2005 al 2008. Secondo la parte offesa però il conteggio potrebbe addirittura sfiorare i 500mila euro. Soldi di cui si sarebbe persa poi ogni traccia.
AD ACCORGERSI dell’ammanco era stato lo stesso titolare nel maggio 2008, poco prima di sporgere formale denuncia. Aveva chiamato in banca chiedendo denaro liquido per alcune spese di lavoro. Il funzionario aveva però spiegato che appena mezz’ora prima la nipote aveva prelevato, a mezzo assegno, seimila euro. Andando a ritroso e verificando la contabilità l’imprenditore aveva capito il trucco: risultavano infatti fatture giustificative per ogni assegno incassato che assomigliavano a quelle reali ma, di fatto, erano fasulle.

di ERIKA PONTINI

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