Rapina a Bastia. E’ il gestore del night Bugatti e “re dei videogiochi”. L’hanno atteso in casa. Il fratello: «Era irriconoscibile»


Il nastro usato per legarlo ricorda l’omicidio di Masciolini


Erano armati di mazze e pistole. L’ombra del racket. «Paura che m’ammazzavano» 
 
 di ITALO CARMIGNANI


BASTIA – ”Arancia meccanica” senza il sesso, colpi di mazza da baseball contro i fianchi, pistole spianate, passamontagna, ferocia. Erano in sette, come le sciagure, pronti a tutto, anche ad uccidere. E sono arrivati di notte, come le iene, nella villa di mattoncini gialli di Giancarlo Abbati, piscina, pratino, sdraie, alberi, due passi (non più) dalla superstrada, come fosse una lussuosa stazione di servizio. Il resto lo racconta lui dal letto dell’ospedale di Assisi, quaranta giorni di prognosi, un volto tumefatto, undici costole rotte, duemila euro, un orologio d’oro e una nuovissima Bmw in meno: «Non li ho sentiti, neanche un rumore, sono sceso dall’auto, saranno state le cinque. E poi botte, Dio quante botte. Pensavo mi volessero ammazzare… Perché? Non so, forse soldi. Se hanno parlato? No, ah sì, una parola sì…».
Cinquantadue anni, tronco robusto, famiglia originaria di Assisi, dieci e più anni trascorsi all’estero tra la Germania e il Lussemburgo, niente moglie e niente fidanzate, Giancarlo Abbati è stato assalito nella villa lungo la Circonvallazione di Bastia, via Romania per essere precisi. Gestore di un’impresa che affitta videogiochi, Abbati non solo è stato rapinato in maniera bestiale, ma il suo caso ha aperto uno spiraglio investigativo negli anni passati solo sfiorato e temuto, il racket, la prova generale del pizzo. Tutta colpa, forse, di un’altra attività per la quale è molto conosciuto, la gestione del ”Bugatti”, singolare night club a due passi da Collestrada e il suo ipermecato, sopra un negozio di comodi divani, insegna d’ottone sempre lucida. ”Bugatti” già interessato dagli investigatori per un’operazione più vasta che portò alla scoperta di un giro di sostanze stupefacenti. Lui, però, ne uscì assolutamente indenne. Anzi, spiegò, quelli mi rovinavano il giro, la clientela. Dalla transumanza notturna, però, può arrivare un’altra spiegazione. A cosa? Intanto, alla ferocia.



 
Bastia, la rapina al gestore del night ”Bugatti”: diverse le piste degli investigatori, compreso il pizzo. Collegamento con altri colpi? 
 «Tante botte, poi la cassaforte…»
 
 
 
 



Ripartiamo dal racconto di Giancarlo Abbati dal letto d’ospedale al comandante dei carabinieri di Assisi, tenente Florindo Rosa,: «Cosa hanno detto? Una parola, sì. Appena una: cassaforte….»
Ricostruiamo per capire, quindi. Il gestore del Night rientra in villa quando sono le cinque, nel garage sotterraneo, cui si accade attraverso una discesa in cemento, l’oscurità e i passamontagna nascondono sette banditi pronti a tutto. Hanno in mano mazze da baseball e pistole. L’assalto è fulmineo. Colpi violenti, calci e pugni. Abbati perde quasi i sensi. Quasi, perché una cosa per loro la deve ancora fare. Lo ammanettano e lo portano al piano di sopra, come un sacco lo piazzano davanto la cassaforte. Poi, sempre senza dire una parola (tranne ”cassaforte”) lo spingono a rivelare la combinazione della cassaforte. «E cosa potevo fare? Ero a pezzi….», spiegherà il gestore molto più tardi. Dentro la cassaforte, però, ci sono solo duemila euro in contanti. Qualcuno per arrotondare il bottino gli strappa l’orologio d’oro. Poi via di corsa, quando non sono ancora sei del mattino a bordo della potente Bmw tremila del gestore di Night e vidoegiochi. Prima della fuga, però, l’ultima umiliazione. Abbati viene chiuso nel bagno, attorno alle caviglie e al corpo martoriato viene girato del nastro adesivo marrone, quello largo per i pacchi, quello che quando serve non si trova mai. Forse hanno commesso una debolezza e forse si arriva a capire perché potrebbero essere albanesi. Sopra quel nastro potrebbero essere rimaste delle impronte digitali da confrontare con altre impronte trovate in un’altra rapina a un chilometro e mezzo dalla villa ordinata in mattoni gialli alla periferia di Bastia.
Perché ad un chilometro e mezzo di distanza, dove finisce Bastia e comincia Ospedalicchio, c’è la palazzina triste di Luigi Masciolini, poco più di un anno fa (era settembre) l’anziano agricoltore venne assalito nel sonno da cinque-sei banditi. Anche loro volevano i soldi, anche loro picchiarono forte con i bastoni, anche loro, forse, erano albanesi. Solo che Masciolini non resse ai colpi e al nastro adesivo appiccicato sulla bocca che gli toglieva il respiro e morì nel letto accanto alla moglie. Stessa banda? Chissà, lo diranno le impronte. A Masciolini non c’era pizzo da chiedere. Anzi, secondo i figli non c’erano neanche i soldi da prendere perché l’anziano li aveva già spostati chissàdove o spesi chissàcome. Solo rapina violenta e gratuita, insomma. Vale anche per Abbati? Il dubbio si alza proprio a causa delle botte: troppi colpi perché sia solo una rapina, troppi soldi presi perché sia solo un avvertimento. Ma anche troppe conoscenze della vita e le abitudini di Abbati perché sia un colpi da disperati, oppure per rubare solo la bella Bmw (di bande ce ne sono diverse) che avrebbero potuto prendere molto più facilmente sotto il Night ”Bugatti”. Non sappiamo quanto sia lontana la verità, ma comunque vada farà paura.


  IL FRATELLO 
 «Ci avevano già provato Minacce? Sì, ma cosucce»
 
 
 
 
 BASTIA – Il fratello di Giancarlo Abbate ha il volto scuro e teso. «Quasi non riuscivo a riconoscerlo, gli hanno dato tante botte, aveva il volto gonfio». A passeggio per la villa del fratello parla dei piccoli tasselli da cui far partire le indagini. «Ci vedevamo solo ogni tanto, lui aveva una sua vita, è uno scapolone. Le sue attività? Non so cosa dire, aveva il locale poi, mi pare i videogiochi, ma non posso dire con esattezza».
La violenza spaventa, mai un segnale? «Niente di importante, qualcuno lo aveva minacciato magari all’interno del suo locale. Poi c’erano altre piccole scaramucce, ma niente di significativo»
Altri tentativi di furto?
«Sì, qualcuno aveva già provato ad entrare in casa sua, anche in questo caso avevano preso di mira la cassaforte».
 


 

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