Bastia

Una vita da tabacchina Storia di un’emancipazione

L’articolo secondo classificato del premio Maria Pia Bruzzichelli 2008

Le sorridono i piccoli occhi azzurri mentre le mani sfogliano un calendario con le foto di quegli anni. Ci deve essere anche lei da qualche parte, insieme alle compagne di lavoro. Eccola, la seconda a destra del padrone. Raggiante come oggi. Maria, 87 anni portati d’incanto, racconta con lucidità e freschezza la sua vita da tabacchina alla Concessione Tabacchi Giontella di Bastia Umbra. Aveva solo 13 anni quando prese in mano per la prima volta quelle lunghe foglie essiccate. “Abitavo nella frazione di Costano – sospira – ebbi la fortuna di entrare a lavorare così giovane grazie alla maestra Francesca, amica della signora Giontella. All’inizio si produceva tabacco per sigari e lavoravo solo tre mesi l’anno. Poi grazie alla produzione di tabacco Bright, l’occupazione durava 8 mesi”. Era il 1939 quando Francesco Giontella, allora sindaco di Bastia Umbra, dette il via ai lavori per la costruzione di un tabacchificio. E segnò la svolta dell’economia della città. La manifattura tabacchi era una fabbrica quasi esclusivamente femminile, perché la donna era considerata più idonea per abilità a svolgere un lavoro che richiedeva pazienza, colpo d’occhio e destrezza, soprattutto nel reparto cernita. Diverse le realtà dell’Umbria coinvolte oltre a Bastia, come Città di Castello e Umbertide, un sistema di lavoro nuovo e redditizio. Gli anni ’50 furono il periodo di massima espansione regionale della categoria e coincisero con la stipula del primo contratto nazionale nel 1947 e l’istituzione del Sindacato Nazionale- Tabacchine nel 1948. La storia della tabacchicoltura in Umbria si perde tra i dati di archivio, gli articoli dei periodici del tempo e i ricordi delle vere protagoniste. Le tabacchine come Maria.
Per 30 anni Maria ha osservato, studiato e selezionato quelle foglie, con una precisione e una cura che le sono avvalse gratificazioni e riconoscimenti. “Facevo la cernita del tabacco: all’inizio si lavorava al banco, e su ogni banco eravamo 4 donne. Due lunghe file, a destra e sinistra del capannone. C’era un’ esigenza incredibile. Riuscivamo a separare 14 qualità di tabacco in un solo mazzo. La selezione era accuratissima, fatta in base al colore: giallo più chiaro, più scuro, più ambrato. Il giallo oro, ci dicevano, era per gli inglesi.
Ogni qualità aveva la sua lunghezza e andava rispettata. Dovevamo essere veloci e precise, per produrre il più possibile ogni giorno. A fine giornata il lavoro veniva pesato e quantificato. Per 30 anni ho sempre lavorato in piedi. Sarà per questo – scherza – che ora mi fanno un po’ male le gambe. Ma si stava bene. L’ambiente era grande, pulito e curato”. C’era ogni confort moderno al tabacchificio Giontella: aria condizionata, refettorio, asilo nido, sala proiezione, biblioteca ed infermeria. La filodiffusione diffondeva note di musica leggera e classica per alleviare il lavoro. “Non si poteva parlare tra noi, ma – confessa – qualche battuta di straforo usciva sempre. Sai cosa dicevamo? “I soldi saranno pochi, ma le risate tante!”. Giontella, carattere focoso, robusto – così lo definiscono Enrico Brozzi e Paola Gualfetti nel libro a lui dedicato – era considerato all’interno di quel vasto stabilimento un padre-padrone indiscusso ma amato. Ogni tanto la moglie passava a visionare il lavoro. E nel capannone si sentiva risuonare: “Ecco la signora, ecco la signora!”. “Siria si sbrigava a passare subito lo straccio e a pulire alla perfezione. Noi stavamo tutte sull’attenti, zitte e pronte al controllo”.
Ogni mattina Maria chiamava sotto casa le colleghe che abitavano vicino a lei, si radunavano e partivano a piedi, con il loro bel camice addosso. Sempre di corsa, guai ad arrivare in ritardo. “Ma c’erano tantissime donne che venivano in bicicletta da Torgiano, Assisi, Palazzo, anche d’inverno. Si buttavano addosso giusto una coperta per il freddo. Ricordo che a volte arrivavano tutte bagnate”. La brezza sollevata dalle biciclette scopriva appena le gambe delle belle tabacchine, avvolte dalle prime calze velate. Oggetto di ammirazione maschile e per qualcuna di promessa matrimoniale. Quel lavoro era un bene prezioso per la famiglia e l’occasione della loro vita; intere generazioni di donne hanno potuto lavorare nello stabilimento Giontella, rappresentando un fattore di emancipazione per tutte le donne di Bastia. “Come avremmo potuto costruire una casa tutta nostra senza il mio stipendio?”. Moglie, madre e tabacchina. Sempre tutto di corsa. “Avevamo solo un’ora di pausa per il pranzo, per fortuna abitavo vicino.
La notte andavo con le altre donne alla Fonte di Moncioveta a lavare i panni, fino a mezzanotte”. Dell’ex tabacchificio oggi non resta che l’imponente struttura fatiscente, impacchettata dai palchi per i lavori di ristrutturazione. Niente mosaici, vetrate e marmi, ma solo un vuoto incolmabile. Quello delle risate sommesse e dei pettegolezzi rubati al lavoro delle mille tabacchine di Bastia. L’orgoglio e la forza di una società lavoratrice che camminava a testa alta e guardava avanti. Per la città, per la famiglia e per il ruolo di donna.
SARA STANGONI

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