Bastia

TUTTA COLPA DI QUESTO QUI

di VITTORIO FELTRI


A volte ritornano, e pazienza. A volte non se ne vanno mai e poi mai. È il caso di Giulio Andreotti, democristiano senza requie, che da sessanta anni è sempre lì e non lo schiodi nemmeno con la fiamma ossidrica. Sono convinto. In nessun altro Paese al mondo esiste un tipo così, praticamente immortale e inamovibile. Pazienza se lo tenessero a Palazzo Madama quale soprammobile, portafortuna, souvenir, massì monumento. Macché. Andreotti lavora moltissimo sulle carte parlamentari come tutti quelli che non hanno mai lavorato sul serio, non diserta una sola seduta, è il primo ad arrivare in aula e l’ultimo ad andarsene (speriamo spenga la luce, visto che la paghiamo noi). Si dà da fare, partecipa a riunioni ed è un perfetto cattivo consigliere; ne sa qualcosa Mastella. Già. È stato Giulio a suggerirgli di non dimettersi, e se siamo ancora qui a parlare di Prodi – cade o non cade? – lo dobbiamo a lui, altrimenti a quest’ora ci dedicheremmo a un bel funerale. Alla sua età – 88 primavere – avrebbe diritto al riposo, non dico eterno, ma un lungo e meritato riposo sì, con contorno di nipoti e pronipoti, tè e biscottini, passeggiata al parco. Figuriamoci. Il nonno della Repubblica non perde un colpo e non perde una scampanellata del presidente del Senato. È una cosa orribile e spaventevole. Soprattutto perché il suo attivismo implacabile è unidirezionale ossia va – senza eccezioni – a sostegno della maggioranza. La quale, se è in difficoltà ed è sul punto di andare sotto, toh, arriva in suo soccorso, tempestivo come un’ambulanza pluriaccessoriata, l’immar cescibile Andreotti che la afferra per la collottola e la strappa all’annegamento. L’ha salvata martedì e l’ha salvata ieri col suo voto decisivo. Lo fa apposta per mandarci fuori dai gangheri e per farsi maledire, giacché è consapevole che ogni sacramento gli lanciamo contribuisce ad allungargli la vita, neanche ne avesse bisogno. Tutti in questa stagione abbiamo un raffreddore, un’influenzina, due linee di febbre, una raucedine, una tonsillite, una bronchitella, una tracheite. Giulio, vecchio come un dattero, niente. Non uno starnuto. Sicché non ha saltato una consultazione che è una. Un fisico bestiale. Forse perché non ha mai fatto ginnastica se non un lieve piegamento delle ginocchia allo scopo di accomodarsi sulle poltrone del potere. Le ha occupate tutte, senza interruzioni. Non c’è presidenza che non sia stata sua, eccetto quella del Quirinale dove, comunque, in cuor suo Andreotti confida di posare un dì gli augusti glutei. Speriamo che Dio ci risparmi almeno questa prova. Personalmente non reggerei. Andreotti non ha mai fatto l’esame del sangue perché nelle sue vene scorre soltanto idrolitina sgassata, per cui di emboli non se ne parla neanche. Lui stesso ha con- fessato: fu in un cimitero che proposi alla donna che sarebbe diventata mia moglie di sposarmi. Vi sembra un luogo idoneo? La scelta rivela il carattere, freddo come una lapide mortuaria. Nessuno ha mai visto il senatore a vita piangere o ridere; non riesco a immaginarmi come abbia fatto tecnicamente a generare alcuni figli, forse per corrispondenza. Inutile chiedersi perché sistematicamente abbia puntellato Prodi. Il problema è che chi si somiglia si piglia. Non c’è una ragione. Molti decenni orsono il Professore fu nominato ministro dell’In dustria. Indovinate da chi? Andreotti. Che di quel governo ovviamente era capo. Un peccato del genere non si perdona. Giulio non se n’è pentito. E insiste nel proteggere il suo cocco e nell’aiuta re la sinistra a stare in piedi. La stessa sinistra che tre lustri addietro fece il diavolo a quattro per toglierselo dai piedi a costo di spedirlo in galera, appoggiando l’inchie sta giudiziaria in cui Andreotti era accusato di essere mafioso. I pentiti giuravano di averlo sorpreso mentre baciava Totò Riina, illustre analfabeta spacciato quale testa di pio- vra. E giuravano di averlo incontrato spesso in riunioni di cosca. Figurarsi. Eppure il Nostro ha rischiato fino all’ultimo di essere condannato. Diciamo pure che l’ha scampata per un pelo. Non importa, lui è ancora attaccato al tram dei progressisti e, se occorre, gli dà una spinta. Sta con gli ex nemici pur di non stare con i berlusconiani i quali, da perfetti cretini, quando si trattò di eleggere il presidente del Senato, non avendo altro candidato puntarono su di lui, illudendosi si sarebbe procurato i voti di almeno tre o quattro ex democristiani. Poveracci, gli azzurri ed alleati. Una topica pazzesca. Giulio non conquistò sull’al tra sponda manco un suffragio e la Casa delle libertà fu solennemente trombata. Vi rendete conto? Per diventare presidente del Senato la vecchia volpe non esitò a passare col Polo, salvo tornare nell’ovile rosso dopo la sconfitta. Ci si può fidare di un uomo del genere? E si può capire perché agisca in questo modo? All’idea sia stato ancora lui a lanciare la ciambella al Professore mi viene l’orticaria. Cosa gli hanno promesso, il trapianto dell’anima?

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