Bastia

Trent’anni ai rapinatori-assassini

Concluso il processo ai responsabili dell’omicidio di Luigi Masciolini


Uccisero un anziano e pescarono a sangue la moglie per un bottino di 800 euro


FRANCESCA BENE
PERUGIA – Condanna esemplare per gli autori della rapina in stile “arancia meccanica” consumata a Ospedalicchio in cui perse la vita Luigi Masciolini.
Il giudice ha accolto in pieno le richieste dell’accusa, il pm Manuela Comodi, ed ha condannato i tre esecutori materiali dell’assassinio al massimo della pena: 30 anni di carcere ciascuno. Bruno Albini, perugino di 34 anni, Thomas Poropat, 24enne di Roma, e Francesco Rota, 35enne di Genova hanno evitato l’ergastolo solo grazie
alla celebrazione del processo con rito abbreviato. La legge prevede infatti uno sconto di un terzo della pena come premio per la scelta di un rito che permette di snellire i tempi della giustizia.
I tre sono stati condannati per i reati di rapina, omicidio aggravato e lesioni ai danni della moglie di Masciolini, Maria Ragni, rimasta anche lei coinvolta nel terribile agguato notturno. Più lieve invece la pena inflitta al quarto uomo finito sotto accusa e considerato il “palo” della  banda. Antonio Scozzafava, 27enne di Crotone, è stato condannato a sei anni di carcere e 14mila euro di multa.
Il verdetto è giunto a due anni e mezzo dai fatti, La rapina venne infatti messa a punto la notte tra il 23 e il 24 settembre 2004. Luigi Masciolini e la moglie vennero prima picchiati a sangue, poi legati al letto e imbavagliati con del nastro da imballaggio. L’uomo, 85 anni, spiro per arresto cardio-circolatorio poco dopo l’agguato, la moglie venne invece ritrovata ferita e in stato di choc la mattina seguente.
A dare l’allarme fu il figlio della vittima.
I responsabili dell’omicidio sono stati rintracciati circa un anno dopo il delitto grazie alle intercettazioni ambientali. Ad incastrarli è stata una conversazione in carcere carpita dai carabinieri di Perugia attraverso una microspia. Durante un colloquio, due parenti di Albini si fecero scappare chiari riferimenti al fatto di sangue di Ospedalicchio.
Ora c’è dunque una sentenza di primo grado, ma parte della vicenda presenta ancora dei lati oscuri. Sono molte le cose a non quadrare.
Per la rapina a casa di Luigi Masciolini venne scomodato un intero commando: quattro persone legate dalla comune appartenenza a clan di etnia rom, vennero fatte convergere a Ospedalicchio da diverse parti d’Italia.
Una banda di esperti in trasferta dunque, secondo una strategia propria della criminalità organizzata che fa capo a gruppi di nomadi o a malviventi proveniente dall’Est Europa.
La rapina non è stata frutto di una decisione estemporanea, ma sembra essere stata pianificata in anticipo. Anche il luogo da colpire sembra non essere stato scelto a caso.
I quattro erano infatti convinti di trovare chissà quale tesoro in quella casa di modesti contadini ormai in pensione, probabilmente sulla scia di una “dritta” da parte di un basista non ancora individuato.
A dar man forte a quest’ipotesi vi è l’insistenza dei malviventi nel voler a tutti i costi trovare qualcosa di più degli 800 euro poi portati via.
Masciolini e la moglie furono torturati e percossi proprio perché svelassero il luogo in cui avevano nascosto il fantomatico tesoro che i malviventi erano certi di trovare.
Una lettura più chiara dei fatti potrà giungere dalle motivazioni della sentenza emessa ieri.
La sentenza verrà depositata entro 90 giorni presso la cancelleria del tribunale.

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