Bastia

Subito a processo lo zio pedofilo

Violentava e terrorizzava la nipotina di 11 anni, la procura chiede il rito immediato. Il 48enne è ancora in carcere

di Francesca Marruco
PERUGIA Probabilmente non metterà piede fuori dal carcere fino alla (altrettanto probabile) condanna. La procura di Perugia – titolare del fascicolo è il sostituto procuratore Patrizia Mattei – ha infatti avanzato richiesta di giudizio immediato per il 48enne di origine romena arrestato a gennaio per aver violentato per anni – almeno 5 secondo il capo di imputazione – la nipotina undicenne. Una storia tremenda che diventa più cupa e orribile a ogni passo in più fatto dalle indagini. Come anticipato ieri dal Tgr Umbria infatti, contestualmente all’avviso di fissazione del processo con rito immediato, per il 48enne rumeno – assistito dagli avvocati melissa Cogliandro e Ilario Taddei – è comparsa una nuova accusa. All’interno del suo telefono cellulare – che lui aveva provato a ripulire dai messaggi terribili che inviava alla nipotina per costringerla al silenzio – e degli altri supporti informatici che i carabinieri di Assisi – l’uomo e la bimba vicina di casa risiedevano a Bastia – avevano sequestrato hanno infatti trovato materiale pedopornografico da far impallidire pure gli investigatori più navigati. Di lì, per l’appunto, il secondo capo di imputazione. Secondo l’accusa, in particolare, l’uomo deteneva degli scatti ritraenti parti intime di un bambino, suo connazionale, risultato deceduto qualche anno fa a Roma perché malato, e che, forse, potrebbe essere stato anche lui oggetto di molestie da parte del 48 enne. Secondo quanto emerso, l’orco minacciava la nipotina – costretta a subire pratiche sessuali irripetibili – e le diceva che se avesse raccontato a qualcuno cosa accadeva, sarebbe morta come lui. E come la bambina di cui le aveva fatto sentire l’audio -una conoscente comune deceduta -, terrorizzandola dicendole che sarebbe andata in cielo come lei se avesse parlato. La spaventava a morte in ogni modo possibile: le diceva che se l’avesse denunciato, lui sarebbe stato in grado, non solo di far morire lei, ma anche di far del male ai suoi familiari. Per questo aveva anche creato un falso profilo whatsapp con una foto con testa di donna e corpo di gallina, col nome di Momo, dal quale inviava messaggi minatori alla bambina. Bambina che, nel corso di cinque lunghissimi anni, ha dovuto sopportare violenze brutali e reiterate. E la prova di quegli abusi, i periti, nominati dalla procura, adesso le hanno messe nero su bianco in maniera inconfutabile: il Dna del pedofilo è stato trovato sugli indumenti intimi della vittima. Mentre il profilo genetico della bambina è stato isolato in oggetti, non di uso comune, sequestrati in casa dell’arrestato. Elementi che hanno portato la procura a chiedere il giudizio immediato, e il gup, Margherita Amodeo, a ritenere le prove “evidenti” come previsto dal codice e ammetterlo. L’inchiesta era partita quando la bambina, al culmine delle violenze subite da parte dello zio e vicino di casa, presso il quale spesso, per organizzazione familiare veniva lasciata a dormire, aveva raccontato ciò che era stata costretta a vivere alla fidanzata del fratello.
A quel punto la giovane informai i genitori e scatta la denuncia. I carabinieri quindi lo denunciano e si procede in un primo momento con una sorta di un confronto. L’uomo nega tutto. E per cercare di rimettere le cose a posto e far ritirare la querela prova a proporre ai familiari della bambina una somma di denaro e gli offre pure di intestargli la macchina. Poi il 48enne va all’estero dal fratello e non appena rientrato in Italia, era stato arrestato dai carabinieri direttamente a l l’aeroporto. Adesso per lui il processo inizierà a settembre. Intanto, dall’avvocato Delfo Berretti, che assiste la ragazzina, ormai tredicenne, e la sua famiglia, arriva il plauso per il veloce intervento della procura. “Siamo soddisfatti dell’impegno con cui i carabinieri di Bastia e la Procura hanno portato avanti le indagini. Gli elementi emersi appaiono inquietanti in una società civile e speriamo che la giustizia faccia il suo corso nel migliore dei modi”.

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