Un mosaico romano affiora dall’Assisi underground DALL’ALTO è una trama geometrica, incastro di linee, composizione regolata e lucida, da vicino rivela gli incanti, il mormorio dei colori, la cura del particolare, quasi una danza del tempo. E’ una scoperta meravigliosa, inattesa, formidabile: un mosaico romano realizzato proprio negli anni della nascita del Cristo venuto alla luce l’altro ieri nella prosecuzione di palazzo Giampè, una delle due domus imperiali assieme alla cosiddetta casa di Properzio che sigillano la grandezza di un centro celebrato e ricco. Già, Assisi underground vive, è l’altra faccia, nascosta e lunare che si specchia in quella a cielo aperta, medievale e tersa. Il suolo nasconde, è un mantello ma ha reso moltissimo in breve periodo da diventare anche un percorso meccanizzato dall’anfiteatro nelle viscere di Santa Caterina, là dove la strada si inerpica verso il Subasio, fino a San Rufino, e da trasformarsi in un fatto raro perché strappato alla solitudine dei millenni con lavoro lenticolare e mai interrotto, impegno vincente dal 2001, finanziamenti col contagocce però sempre mirati, conoscenza a macchia d’olio. La responsabile del territorio per la soprintendenza archeologica, dottoressa Laura Manca, sensibile e accorta direttrice dei lavori, è riuscita a conquistare metro dopo metro un tesoro segreto, la parola della bellezza antica, l’arcano svelato. Ora spunta questo fiore, un mosaico di 10 metri per 6 che sarà liberato totalmente (e prosegue in una seconda stanza) ed è un autentico tappeto delle meraviglie: bianco, nero, rosso e verde si alternano in una decorazione lussureggiante, tessere piccole, uso di pasta vitrea. Al centro una sorta di stella, un fiocco di neve visto al microscopio, un metro e 93 per 1.60, intorno motivi floreali, geometrici, elementi ripetuti come denti di lupo, cuori e delfino affrontati, racemi, pelte ossia scudi piccoli a mezzaluna. Il mosaico si amplia, si estende, passa sotto un muro posticcio. Bravissimi i proprietari, dotati di senso della cultura e della civiltà: completeranno la scoperta con un pavimento vitreo a protezione.
Palazzo Giampé è un caleidoscopio che si sviluppa verso ovest, dire degli scavi non dà la misura delle scoperte. Ecco tre colonne nell’angolo nord est che recintavano un giardino, ecco una stanza mai completata per le infiltrazioni d’acqua e ancora un locale dove s’è trovata una moneta di Nerone. Si consideri che da allora fino al 1600 nessuno vi ha più posto piede, i vani sono stati abbandonati. Così la stanza degli sposi, pitture nel terzo stile pompeiano, il rosso, lo zoccolo nero dove galleggiano figurine descritte in punta di pennello. Silenzi interrotti anche nella casa di Properzio (ma altri rivendicano la nascita del poeta), angoli e prospettive rapinose, tappeti di affreschi, su fondo bianco alberi e volatili di specie diverse a cantare la musica dei millenni. Il viaggio torna al punto di partenza all’anfiteatro, al sistema per ordinare le acque, all’avvio dell’urbanistica. Bello, ma quel mosaico è un dono, ha il profumo della storia e la carezza di un amore ritrovato
mimmo coletti
Nazione-2010-12-15-Pag35