Sono senza vergogna

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di VITTORIO FELTRI


«TERRORISTI BRAVI, GOVERNO CATTIVO»


Giuliana e i suoi amici non chiedono scusa, non ringraziano, accusano. Tanto loro sono vivi Lo show di Pier e l’assoluzione di papà Sgrena: «Non me la sento di condannare i rapitori»
Il Manifesto, quotidiano di Giuliana Sgrena, ha scritto ieri in prima pagina un sommario volgare. Ha scritto che Nicola Calipari, il poliziotto agente segreto morto subito dopo la liberazione della giornalista ingrata, è stato assassinato dagli americani. Qual è il significato del verbo assassinare? Copio dal Devoto-Oli: «Uccidere proditoriamente per motivi criminali». Secondo il foglio comunista quindi Calipari è stato ucciso proditoriamente per motivi criminali. Si può dire impunemente una idiozia del genere? In realtà si è trattato di un incidente dovuto non al fato ma alla tragica pistolaggine dei marines, i quali hanno sparato intempestivamente causa inesperienza. A Bagdad crepano due militari Usa al dì stecchiti dagli amici di Saddam. Il nervosismo e la paura delle truppe salgono spesso al diapason. Basta una minaccia o una parvenza di minaccia a far tremare il dito sul grilletto. Il grilletto è sensibile. Parte una raffica. Mors tua vita mea. Occorre aggiungere che non tutti i marines sono veterani. Molti sono pivelli, ragazzini male addestrati, non in grado di valutare quando sia indispensabile sparare e quando convenga soprassedere. Venerdì sera, al passaggio del gippone su cui viaggiavano la Sgrena e i suoi salvatori, evidentemente al posto di blocco americano c’erano dei pivelli. Ed è successo quel che è successo. Un incidente, appunto. Evitabile ma non voluto, non cercato. Il Manifesto – e tutta la sinistra pacifondaia – ha parlato e parla invece di assassinio. Stupidità o malafede? Propendiamo per la seconda ipotesi. Fino a cinque minuti prima di morire, Nicola Calipari era considerato dai progressisti uno sbirro al servizio di Bush e del suo complice Berlusconi. Ora dagli stessi è descritto quale eroe vittima dell’esercito di occupazione. I comunisti si sono impadroniti anche del morto. Sciacallaggio puro. Non ci siamo scordati dei loro cortei e del loro slogan preferito: «Dieci, cento, mille Nassiriya». La sinistra odia i nostri soldati, ne pretende il rientro in patria tanto è vero che recentemente ha votato contro il prolungamento della missione. Domanda: se a Bagdad non ci fossero stati i nostri uomini, ad esempio Calipari, chi avrebbe strappato la Sgrena alla prigione? Obiezione: se i nostri uomini non fossero stati a Bagdad, la signora del Manifesto non sarebbe neanche stata sequestrata. Balle. Gli inviati della stampa francese sono stati rapiti al pari della Sgrena benché il loro Paese non sia schierato a fianco degli americani. Non solo sono stati rapiti, ma liberati (o non ancora liberati) molto tempo dopo rispetto ai nostri connazionali proprio perché sul territorio non erano presenti specialisti dell’intelligence d’oltralpe. Queste non sono opinioni ma dati di fatto. Giuliana Sgrena, da perfetta compagna, si è comportata male, malissimo. Non appena avuta notizia che sarebbe stata rilasciata, in un video registrato poco prima di uscire dalla “cella” ha ringraziato i propri carcerieri e ne ha elogiato la mitezza. Siamo alla sindrome di Stoccolma. Non si è neppure sognata di ringraziare il governo. Forse nella sua ingenuità o nella sua stoltezza non ha immaginato che la riconquista della libertà aveva avuto un prezzo, il pagamento del riscatto: cinque milioni di euro, dieci miliardi di lire. Soldi pubblici, soldi nostri che il premier fascista e l’esecutivo reazionario e filoamericano hanno stanziato all’uopo, come si diceva una volta. Lei, tale quale le due Simone, vispe Terese, non ha sprecato un aggettivo per esprimere gratitudine ai liberatori e agli italiani, però si è prostrata davanti ai maledetti che l’avevano segregata oltre un mese. Mancanza di riconoscenza o di dignità? Giudicate voi. Da notare che la signora, non appena in salvo, si è posta in comunicazione telefonica con Palazzo Chigi e al cellulare ha gridato (riprendo dalla Repubblica, non dal Secolo d’Italia): «Vittoria, vittoria, vittoria!». Ascoltava Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il regista dell’operazione. Allora, cara Giuliana, sei stupida o furba? Prima ringrazi i rapitori, poi parli con uno dei più autorevoli esponenti del governo e gridi «Vittoria! ». Vittoria di chi, dei banditi che hanno incassato dieci miliardi di lirazze o vittoria del Cavaliere che ti ha rispedita a casa? Siccome era ed è la tua pelle ad esserti cara, e non la tasca dei fondamentalisti, dillo chiaro che il merito della tua sopravvivenza è degli italiani e del loro governicchio. Perché non lo dici? Perché lo urli solo al telefono quando nessuno ti sente? Abbi il coraggio di ammettere i tuoi errori: l’Iraq non soffre a causa degli americani e degli italiani, cui semmai deve lo straccio di democrazia in vigore, ma a causa di chi quello straccio di democrazia non vuole in quanto rimpiange il regime sanguinario di Saddam e aspira a ripristinarne uno simile. L’Iraq soffre a causa dei resistenti, dei terroristi. E se i marines hanno sparato sull’automobile che ti portava all’aeroporto è perché i resistenti, i terroristi creano tensioni insostenibili, tali da indurre i democratici a premere il grilletto dinanzi a un qualsiasi potenziale nemico senza andare troppo per il sottile. Dillo, cara Giuliana, che se non ci fosse stato lo sbirro di Berlusconi e di Pollari – Calipari – oggi non saresti qui a concionare, ma saresti protagonista di un funerale. Dillo che i quattrini, i miliardi versati per la tua liberazione non erano del Manifesto né di Rifondazione comunista bensì del popolo italiano. Dillo che le pantomime dei progressisti in piazza non hanno inciso minimamente ai fini della tua “rinascita”. Poi, ti prego, dì al tuo convivente Pier Scolari di tacere. Da quattro e passa settimane non sta zitto un attimo. Campa di fronte alle telecamere, ha sempre la bocca appiccicata a un microfono e diffonde bischerate. Lo abbiamo visto nei pressi dell’aereo (con te a bordo e atterrato a Roma) fare il saluto col pugno chiuso. Forse era convinto di essere all’Havana. Ha detto che gli americani progettavano di uccidere te. Ma che importa agli americani di te e del tuo giornale rosso? Non sei mica morta tu, è morto Calipari, poliziotto italiano, alleato degli Usa, ucciso per errore in una sparatoria provocata non si sa ancora da cosa. Manda i fiori a Berlusconi, a Letta, a Fini e al generale Pollari. E un petalo a chi ha sganciato il denaro del riscatto ossia ai tuoi connazionali. E rivolgi un pensiero di apprezzamento per il sacrificio degli sbirri. La sinistra specula vergognosamente. Riprendo un titolo dal Corriere della Sera, prima pagina: «Fassino: “Ucciso da chi parla di sicurezza”». Cosa ha fatto Fassino per la sicurezza della Sgrena? Cosa ha fatto per l’Iraq, lui che ha votato contro la missione e se ne frega della democrazia novella instaurata laggiù? Debbo dedurre che avesse un debole per Saddam? Se Saddam uccideva per tenere in piedi la dittatura, andava bene. Se gli Usa sparacchiano (talvolta a casaccio) per non far crollare la neonata democrazia, è uno scandalo. Assurdo. E Prodi? Lo avete udito alla tivù? Mirabile. Ha detto che la tragedia di venerdì è il risultato di questa guerra. Di questa guerra? Perché, le altre, compresa quella combattuta dagli angloamericani qui contro i nazisti, erano più gentili? I soldati anziché bombe si scambiavano boccioli di rose? Prodi come avrebbe abbattuto la satrapia di Saddam, con gli idranti? Insomma, all’Ulivo e soci di minoranza, alla Fed, all’Unione non par vero di poter cavalcare l’incidente in cui ha perso la vita Calipari per dare sfogo all’antiamericanismo. La liberazione della compagna Sgrena passa in secondo piano. Scompare. E lascia il palcoscenico a gente tipo Pier Scolari, autore di una sgangherata campagna propagandistica. Sottolineo che anche lui, sottovoce, di nascosto, si è intrufolato a Palazzo Chigi perché conosce la verità: la sua donna è scampata per miracolo. Miracolo del governo e di Calipari. Se poi la sua Giuliana avesse telefonato alla vedova dello sbirro, anziché riceverne la visita, sarebbe stato più carino. Ma compagni non si diventa, si nasce e lei, la Sgrena, modestamente “lo nacque”.
 

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