Bastia

Sì, una telefonata allunga la vita

di GIANLUIGI PARAGONE


Chi pensava che Massimo D’Alema assistitesse da semplice spettatore al WalterVeltroni-Show, non conosce bene Massimo D’Alema. Ha i baffi, ha la barca, è intelligente, come dice Benigni. Non ha invece l’età per gironzolare ai giardinetti col becchime per i picconi in mano. Giovedì, il vicepremier nonché ministro degli Esteri ha letteralmente salvato il governo Prodi, alzando la cornetta e parlando con l’amico Francesco Cossiga. Qualcuno dice che una telefonatina sarebbe arrivata pure al parlamentare di An, il barese Divella, l’imprendi tore della pasta già presidente della Fiera del Levante. Non si sa. Si sa invece che senza il voto del Picconatore Prodi a quest’ora era a Bologna in pantofole. Perché Cossiga ci ha dato un dolore così grande? Per fare un favore agli americani e a Massimino. Ha evitato che l’Italia, con una crisi di governo, si infilasse nel ginepraio serbo-kosovaro senza le dovute protezioni internazionali. È stato lo stesso senatore a vita a rivelarlo. Quello che l’ex capo di Stato non rivela è invece il gioco di sponda con D’Alema sulla politica interna. E torniamo dunque al ruolo di Baffino sullo scacchiere italiano. Proviamo a immaginare cosa sarebbe accaduto se ci fosse stata una crisi di governo. Noi avremmo goduto come ricci. Ma anche Veltroni avrebbe goduto come un riccio, operato alle corde vocali. Forte dell’accordo con Berlusconi avrebbe cominciato a tessere un bel governo tecnico: unico punto del programma la riforma elettorale. Sulle modifiche della Costituzione forse non se ne sarebbe fatto nulla, considerata l’indisponibilità del Cavaliere. I due avrebbero però modificato – e di molto – il regolamento parlamentare così da prepararsi all’eventuale piano B e cioè il referendum. Senza entrare troppo nel complicato, avrebbero spalancato le porte al bipartitismo…incipriato. Questo, per non subire il potere di ricatto dei più piccoli che aspettano solo l’effetto referendum per rimettersi in pista al grido: senza di noi non si vince. Ecco cosa sarebbe successo in caso di crisi di governo. Ah, dimenticavo: il patto Silvio-Walter prevedeva elezioni anticipate alla primavera del 2008. Particolare non da poco. Se la palla veltroniana fosse an- data in buca, D’Alema sarebbe rimasto un semplice convitato di pietra al gala di Veltrusconi. Figurarsi. L’uomo è intelligente, ha i baffi e ha la barca: mica un cucù. Quando ha capito che le cose si stavano mettendo davvero male, ha fatto qualche telefonata. A Cossiga ha spiegato la situazione internazionale (e Cossiga sa di affari esteri almeno quanto sa di affari interni: moltissimo) e la crisi cui sarebbe andato incontro il governo in caso di impasse. Poteva mai Cossiga tradire l’ami co? Non scherziamo. Cossiga si coccola D’Alema come un vecchio zio. Lo zio d’America. Fu lui, il democristiano, a sdoganare il ragazzo di Botteghe Oscure mettendogli in mano le chiavi di Palazzo Chigi: primo post comunista nella storia a fare il presidente del Consiglio. Come poteva perciò non tendergli la mano? Sos raccolto. A costo di rimangiarsi mille dichiarazioni e di digerire pure qualche rampogna dal Vaticano per la parte sulle discriminazioni sessuali. Crisi scongiurata, insomma. Non si sa fino a quando visto che sull’omofobia si sta scatenando l’inferno. Intanto, le quotazioni di D’Alema sono salite. E pure il suo progetto: niente elezioni nel 2008 (perché fare un regalo simile a Veltroni?) e quanto alle riforme bipartisan, le carte non le daranno in esclusiva il Cavaliere e il Sindaco. D’Alema nutre forti dubbi sulla reale possibilità di approvare un sistema elettorale diverso dal tedesco: troppi partiti resterebbero fuori dalla porta del dialogo qualora si cucinasse solo il Vassallum, cioè il sistema misto spagnolo-tedesco. L’idea di D’Alema prevede di apparecchiare una proporzionale con sbarramento al cinque per cento e attovagliarsi in compagnia di Udc, di Rifondazione e della Lega. Inoltre – visto che i commensali gradiscono – il menu potrebbe proporre pure una riformetta costituzionale con tanto di Senato federale, di sfiducia costruttiva, di rafforzamento dei poteri del premier e di riduzione del numero dei parlamentari. Come andrà a finire non si sa. Certo è che Massimo D’Alema è tornato, con tutto il suo repertorio di giochi di prestigio.

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