Alimentare Parla l’amministratore delegato Mario Mignini


“Sulla chiusura della Petrini non posso dare garanzie occupazionali”
Risanare i conti L’obiettivo dell’ad del gruppo mangimistico Mario Mignini è adesso quello
di rimettere a posto il bilancio e abbassare i debiti.


“Tutti sapevano che non eravamo interessati agli immobili di Bastia”
“Non è stata un’operazione speculativa, non c’era nessuno pronto a rilevare il sito e a tirare
fuori tutti quei soldi”


Marina Rosati


ASSISI – L’impegno affinché alla Petrini non si arrivi ad uno scontro occupazionale pesante è una priorità ma le garanzie per i 62 dipendenti in ballo al momento non ci sono o comunque, l’amministratore delegato Mario Mignini, non può darle. “Faremo di tutto affinché la chiusura dei tre stabilimenti (Bastia Umbra, Padova e Bari) avvenga mettendo in campo tutti gli strumenti di legge consentiti per salvaguardare i lavoratori – spiega l’ad del grande gruppo mangimistico – ma è ovvio che una ristrutturazione del genere passa anche per i livelli occupazionali; livelli che – tiene a sottolineare – da quando siamo entrati, cioè sei anni, non abbiamo mai toccato”. In via dei Pini a Petrignano si lavora a ritmo continuo e Mario Mignini è schivo alle uscite pubbliche sui giornali. Faglio del più noto Marino Mignini, ha fatto tutta la gavetta amministrativa, facendo l’impiegato, poi il funzionario, poi il dirigente della logistica fino a diventare amministratore delegato di un grande gruppo, il quarto a livello nazionale che però adesso deve far quadrare i conti, anche alla luce della crisi del mercato e dell’acquisizione della Petrini che non è stata poi così indolore “come molti possono pensare”.


Sembra di capire che lei non ha condiviso la scelta di acquistare la Petrini?
“Non è che non fossi d’accordo, ma temevo che si sarebbe verificato ciò che poi in realtà è avvenuto..


cioè?
“Che ci siamo dovuti accollare tutti i debrti dell’azienda, senza sfruttare la forza contrattuale del momento. Abbiamo pagato tutti i fornitori, un po’ per stile e un po’ per dare una spinta psicologica positiva. I camion si erano fermati e noi abbiamo fatto da garanti per farli ripartire. Con l’acquisizione della Petrini, ci siamo accollati tutta una serie di convenzioni, accordi pregressi. Tanto per darle un dato, questa operazione, tra le azioni comprate dall’americano, il canone d’affitto del ramo d’azienda, il rimborso di un credito dell’ex proprietario, le imposte, il molino in compartecipazione con un altro socio e il mangimificio ci è costata circa 39 milioni di euro. A tutto ciò si aggiunge il fattore umano e psicologico, ovvero far conciliare due culture aziendali che fino a quel momento erano state avversarie e in competizione. Per fare un esempio, anche il trasferimento degli uffici da Bastia a Petrignano è stato mal digerito”.


Nonostante tutti questi problemi resta il fatto che il marchio Petrini è un marchio di pregio che ha comunque un valore sul mercato?
“Il valore di un marchio dipende dagli standard qualitativi che sapremo mantenere. Oltre alla crisi generalizzata questo settore sta subendo un rallentamento incredibile. Giusto per darle un dato, che non è mio, ma è ufficialmente certificato, nel 2006 in Italia c’era ben 665 mangimifici, l’anno scorso ne sono stati dichiarati 420 e la competizione è feroce. Ecco perché bisogna puntare sull’efficienza e sulla ricerca”.


E la strada è quella di chiudere Bastia, Padova e Bari?
“Intanto va detto che sin dall’inizio, quando siamo entrati in gioco abbiamo considerato il complesso di Bastia, tanto per rimanere in ambito locale, un elemento per poter far funzionare il gruppo, attraverso la valorizzazione di tutti i cespiti. E’ ovvio che non ci interessava la fabbrica in sé, sia perché parliamo di uno stabilimento obsoleto e comunque in un centro urbano con tutte le normative sul rumore e sull’inquinamento che dobbiamo rispettare, sia perché aveva uno stabilimento analogo a 7 chilometri di distanza”.


Con questo vuole rispondere a coloro che dicono che è stata una mera operazione speculativa e che era meglio averla fatta comprare ad altri imprenditori?
“Non eravamo interessati agli immobili e le istituzioni lo sapevano ma a salvare un’azienda storica, importante ma con tanti problemi sulle spalle. A proposito degli imprenditori, nel 2002, non c’era nessuno che era disposto a comprare la Petrini e a tirare fuori denaro contante come abbiamo fatto noi”.


Credo che anche i sindacati abbiamo compreso la difficoltà di un imprenditore ad avere due siti a poca distanza l’uno dall’altro. Quello che non comprendono è il non riassorbimento di tutti i dipendenti!
“Vorrei che la nostra controparte comprendesse bene lo sforzo che abbiamo fatto fino ad ora a non aver parlato, né minimamente toccato l’occupazione. Ora però è necessario ridurre i debiti di questo gruppo che, peraltro chiuderà il 2008 con un calo dei volumi dovuto alla crisi di cui le parlavo. A dispetto di quello che si può pensare, il ricorso agli esuberi è l’estrema ratio”.


Quindi in questo momento non è in grado dl dare garanzie ai lavoratori?
“Posso dire che nel quadro di una riorganizzazione generale cercheremo di trovare le opportunità migliori per tutti, chiedendo un minimo di flessibilità anche sull’occupazione. Il mio obiettivo adesso è rimettere a posto i conti del gruppo, riportando l’azienda in equilibrio economico. Spero che tra i sindacati e i lavoratori sia compreso l’interesse collettivo”.


La spaventano altri scioperi che potrebbero essere proclamati?
“Mi preoccupa il fatto che se usciamo da mercato, adesso, non ci rientriamo più e quindi non vorrei mai arrivare a credere che le risorse umane siano un problema, visto che per storia e famiglia non abbiamo mai pensato che la macchina fosse migliore dell’uomo. Vorrei proprio che il clima si distendesse anche perché questa operazione comunque non sarà immediata. Abbiamo iniziato un percorso abbastanza lento che, secondo le nostre previsioni, dovrebbe portare alla chiusura di Bastia verso la fine del 2009”.


Se chiude il mangimificlo resta comunque il molino, di cui siete comproprietari, all’interno di un’area urbana con tutti i problemi di inqulnamento che diceva prima. Mi pare difficile conciliare quell’attlvità con altre destinazioni…
“Quel settore e quell’attività non la seguo specificatamente visto che mi occupo della parte mangimistica. Come diceva lei c’è un altro socio e quindi va avanti secondo un altro percorso”.

E’ possibile che vendiate tutto all’altro socio?
“E’ una possibilità anche questa che non escludiamo”.


 


 



Il particolare L’azienda mangimistica è leader di un progetto innovativo che vede l’impiego del lino omega 3


Martedì prossimo incontro con i sindacati


PERUGIA – Ai primi posti nel settore della mangimistica la Mignini-Petrini opera con 3 stabilimenti dislocati rispettivamente a Perugia, Bologna e Brindisi dove si producono oltre 3.500.000 quintali l’anno di alimenti per animali. Al 31 dicembre 2007 il gruppo ha chiuso con 155 milioni di euro di fatturato. I dipendenti direttamente occupati sono più di 200 (altri 160 lavorano nell’indotto), mentre i collaboratori esterni (tecnici e commerciali) sono 280. Si producono più di 1000 alimenti naturali, andando a soddisfare tutte le esigenze, sia dei negozi agricoli che degli allevamenti. Alimenti che vanno da quelli per vacche da latte, bovini da carne, suini, polli, conigli, ovaiole, pecore fino a quelli per cani, gatti, ornitologia, acquarologia, piccoli roditori.
I prodotti Mignini sono distribuiti nelle maggiori rivendite agricole di tutta Italia, oltre 1.900 punti vendita, e soprattutto nella più estesa catena di supermarket agricoli: i Negozi TuttaNatura Market. Una catena di negozi fondata dalla Mignini nel 1984, dove viene offerto il più vasto assortimento di alimenti naturali e attrezzature per animali da cortile, per cani e gatti, per l’orto, il giardino e l’agricoltura.
Di rilievo la presenza Mignini anche nel comparto zootecnico dove, grazie a vere specialità alimentari ed un avanzato servizio di assistenza tecnica, primeggia da 25 anni nel settore conigli e vanta un ruolo di leader negli allevamenti di vacche da latte e bufale. In particolare il gruppo è salito alla ribalta delle cronache con l’impiego del lino Omega 3 per bovini da latte, prodotto che ,fa incrementare la fertilità degli animali. Tra i personaggi chiave che da oltre trent’anni opera nel gruppo ed ha seguito tutti i passaggi dell’azienda c’è senz’altro Antonio Mencolini, membro del consiglio d’amministrazione sempre presente alle trattative con i sindacati che sarà presente anche al prossimo incontro con i rappresentanti dei lavoratori fissato per martedì prossimo nella sede di Confindustria.


 



 



 

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