Bastia

Senti chi parla. I compagni d’etichetta

 di ALESSANDRO GNOCCHI


Attenti ai tromboni. Chi sono? I guru, i saggi, i moralisti. Che predicano bene e razzolano male. Una specie in continua evoluzione passata in rassegna con sarcasmo da Mario Giordano, direttore di “Studio Aperto”, in “Senti chi parla” (Mondadori, pp. 302, euro 17,5). Ce n’è per tutti: intellettuali, comici, politici, giornalisti. Uno dice: santone. E gli viene in mente Adriano Celentano sul palco di “Rockpolitik”. Il molleggiato nei suoi sermoni se la prendeva con a) il business che rovina l’Italia; b) il cemento che soffoca le città; c) le agevolazioni fiscali approvate dal governo Berlusconi; d) la censura inflitta alla satira. Tutto bene? No. Perché poi si scopre che: a) in quanto a business, Celentano non prende lezioni da nessuno, e per ogni puntata ha incassato 350 mila euro; b) finito l’elogio della casa di ringhiera, si ritira nella megavilla in Brianza; c) secondo il quotidiano il Tempo, ha approfittato delle vituperate agevolazioni fiscali; d) ha querelato Chiambretti perché lo prendeva in giro. Il suo sodale Roberto Benigni non è da meno: tra un condono fiscale e l’altro, il comico, sempre secondo il quotidiano di Roma, ha pagato il 4,49 per cento di tasse su un utile di 10 milioni di euro. Altro giro, altro Savonarola: Beppe Grillo. Nel 2004 tuona contro il condono del governo di centrodestra. Subito dopo, scrive Giordano, «attraverso la Gestimar, società di famiglia che amministra una decina di immobili fra Liguria e Sardegna, chiede di poter usufruire proprio del condono». Poi attacca il duce di Arcore, assassino della libertà di stampa. Dalle colonne di una rivista Mondadori. Recrimina contro D’Alema, colpevole di avere una barca, dimenticando di averne anch’egli una. Infine fa una tirata contro le multinazionali e la telemodernità. Dove? A una convention della Samsung. La lotta di Santoro contro il precariato
I giornalisti passano il tempo a fustigare gli altri.
Ma a volte dovrebbero prendere se stessi a cinghiate sulla schiena. Michele Santoro, ai tempi di “Samarcanda”, dava i politici in pasto alla piazza. Poi è entrato in Europarlamento. Questo il suo bottino in diciotto mesi passati in Aula: due interventi, due interrogazioni scritte, una risoluzione. Per 144 mila euro di stipendio (più rimborsi e benefit) non è una faticaccia. In una puntata di “Annozero”, Santoro denuncia la piaga del lavoro precario. Però, scrive Giordano, «delle 24 persone che hanno lavorato con lui per mandare in onda la trasmissione contro la precarietà, 18 sono precarie». Giorgio Bocca lo dice spesso: il nuovo fascismo è ormai alle porte, e picchia duro sul “revisionista” Pansa. Ma soprassiede sui personali trascorsi in camicia nera. Quando prende la penna in mano è molto severo. Nel libro ” Napoli siamo noi”, Bocca fa a pezzi la città. Poi però qualcuno legge con attenzione e si chiede se ci sia stato davvero: «Il clan Fabbrocino diventa Fabbricini, i Mazzarella di San Giovanni a Teduccio diventano i Mazzarella di Sarno». E poi sbaglia la data di nascita del cardinale Giordano, il luogo di nascita di Bassolino e perfino la grafia del sindaco Iervolino (che diventa Jervolino). Qualcuno ha chiesto il rimborso all’editore: troppe sviste. I politici lo ripetono spesso: il sale della democrazia è che le stesse regole valgono per tutti. E naturalmente chiedono ai cittadini sacrifici in nome della giustizia sociale. Sacrifici? Non in Parlamento. «In cinque anni i consulenti sono aumentati da 61 a 136 e la spesa complessiva è cresciuta del 69 per cento, arrivando a 302 milioni di euro. E nel 2007 salirà ancora: 391 miliardi delle vecchie lire». La politica costa e i Palazzi reclamano investimenti. Però che cifre che girano. Nel piano triennale di Montecitorio (2006) si prevede di spendere: 2 milioni e mezzo per «rinnovamento ascensori»; 6 milioni per «impianti di condizionamento»; 3 milioni per «riqualificazione ambienti» e così via. Poca roba in confronto ai colleghi del Senato che hanno speso 2 milioni di euro solo per «l’acquisto di prodotti igienico-sanitari per la toilette». Che sia il caso di aprire l’inchiesta “sciacquoni d’oro”? Le stangate in finanziaria, curiosamente, risparmiano lo stipendio del ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa. E per non far torto a nessuno, anche dei suoi sottosegretari. Il problema delle pensioni? Per fortuna Walter Veltroni, cinquantuno anni, è al riparo da eventuali bufere: dal 2005 riceve un vitalizio di 9 mila euro (da sommare allo stipendio di sindaco). Il paladino delle regole, il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco, è stato beccato con le dita nella marmellata. I lavori di restaurazione della sua villa di Pantelleria, contrada Nicà, sono stati in parte condonati e in parte condannati. Lui minimizza, è colpa della solita burocrazia. Ma la sostanza non cambia. Il nome Luca Cordero di Montezemolo, altro novello moralizzatore, ricorda a Giordano le parole pronunciate una volta da Cesare Romiti: «Abbiamo pescato un paio di persone che pretendevano denaro per presentare qualcuno agli alti vertici Fiat. Uno l’abbiamo mandato in galera, l’altro alla Cinzano». L’altro è Cordero di Montezemolo il quale spiegò al giudice istruttore nel 1985: «Rammento con precisione due versamenti, uno di 30 milioni, l’altro di 50». Niente bustarelle, sono volgari. I contanti erano infilati in un libro vuoto di Enzo Biagi. Carlo De Benedetti è invece associato a quell’ “ingegner De Maledetti” protagonista della pièce teatrale con la quale gli operai della Olivetti dissero addio al patron di Repubblica. Uno che ripete spesso che «siamo tutti uniti nella condizione dell’impegno verso un’etica che sia al servizio del Paese e del benessere». Scrive Giordano: «Ma per servire il Paese e il suo benessere non sarebbe stato meglio se Carlo De Benedetti avesse evitato di distruggere Olivetti?». Qualche dato: bruciati fra il 1985 e il 1996 oltre 15 miliardi di lire; azioni crollate da 21 mila lire a 600; migliaia di posti di lavoro persi; raso al suolo l’intero distretto lavorativo del Canavese. Commento di De Benedetti alla fine dell’avventura: «Missione compiuta». Anche per Diego Della Valle quello che conta sono i valori morali. Lo ha ribadito anche prima delle elezioni: sto col centrosinistra perché «è composto da gente come me, disposta a pagare le tasse». Pazienza se la sede della sua Dorint Holding è in Lussemburgo per risparmiare sulle imposte (9 milioni di euro). Non che il santone moralista sia una esclusiva dell’Italia. Bill Clinton, l’ex amante di Monica Lewinsky, gira l’America sermoneggiando sulla castità. Il suo vice Al Gore imperversa sui media vaticinando catastrofi ambientaliste. Ma le sue megaville (a Nashville e Arlington) inquinano come una centrale elettrica. «Vero, ma stiamo facendo i cambiamenti necessari», spiega lui. Le incredibili gaffe dei giornali


Nel libro di Giordano c’è spazio anche per l’autocritica: i giornalisti, come si diceva, sono i tromboni per eccellenza. Parlano di tutto, trinciano giudizi su tutto. Ma non sono immuni da scivoloni clamorosi. Ecco qualche titolo uscito di recente sui quotidiani: «Il giudice cambia la “o”. Soddisfatto Mastronzo»; «Morto per 32 martellate in testa. La polizia non ha dubbi: suicidio»; «Inquietanti particolari dagli esami sul cadavere di Bruno Gallmetzer: forse è morto»; «Si è spento il giovane ustionato»; «Ex Rambo della guardia di finanza orinato (sic, ndr) sacerdote»; «Cinque morti evadono a Bologna. Tre ripresi». Senza dire dell’ambiguo «Tromba marina per un quarto d’ora». E sotto una foto, per distrazione, è rimasto il seguente commento: «Qui manca la didascalia perché quel cazzone di Pozzi non mi ha ancora mandato la copia dell’immagine».

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