L’organizzazione gestiva traffici milionari Per i giocatori solo una vincita su 7mila puntate
Le entrate I gestori della rete di ogni regione guadagnavano fino a 150mila euro ogni giorno
di LUCIO FONTANA
BASTIA UMBRA – Beni mobili e immobili – a Bastia Umbra, Trevi, Potenza e Roma – e quote societarie per un valore totale di circa otto milioni di curo sono stati sequestrati dalla squadra mobile di Potenza nell’ambito di un’operazione contro un’organizzazione dedita al gioco d’azzardo e alla raccolta illegale di scommesse: la polizia ha eseguito anche due ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e sette obblighi di dimora.
Le misure cautelari sono state emesse dal gip di Potenza su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo lucano. Secondo quanto appreso, le persone coinvolte nell’operazione denominata “Game Over” facevano parte di un’organizzazione che realizzava truffe attraverso l’utilizzo di slot machines truccate. Le altre accuse riguardano l’esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa e il riciclaggio di denaro con l’acquisizione, la gestione e il controllo di attività economiche «realizzando posizioni di monopolio».
Il meccanismo individuato dall’organizzazione era molto semplice e favoriva, soprattutto, i gestori delle varie sale scommesse e non tanto i giocatori.
La possibilità di vincere, per questi ultimi, era, infatti, una su settemila, ma per i gestori del “giro” di poker on-line e slot machines gli incassi erano letteralmente favolosi, fino a 150mila euro al giorno per il solo “gestore” della rete (ben strutturata e ramificata) di locali illegali in tutta la Basilicata. Una rete, quella costituita dalla banda, fitta e articolata: il “vertice” gestiva la cassa, con un importo quotidiano non inferiore al milione di euro. I soldi servivano a ricaricare i conti on-line dei “distretti” (ovvero i gestori dei diversi territori), che a loro volta rifornivano i “club”, cioè i locali in cui erano installate le slot machine, senza autorizzazione, e i pc per il collegamento ai siti (con server nell’Europa dell’Est e in Florida) per il gioco del poker. Qui i “pokeristi” ricaricavano le loro card e si sedevano ai tavoli virtuali. Poi il 50 per cento dei proventi restava ai locali, il 10 ai distretti e il 40 al vertice della rete. «Figlio mio lascia perdere ‘sto gioco, solo uno su settemila, forse, vince», ha detto uno dei gestori in un’intercettazione carpita dagli agenti (che hanno controllato anche le conversazioni su “Skype”). Intanto, però, il giro fruttava, e tanto, e le perdite, per i giocatori, arrivavano fino al milione di euro, come capitato a un imprenditore lucano che ha dovuto chiudere la sua attività.
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