Le gravissime lesioni patite sono compatibili con pietre acuminate. È il senso di quanto spiegato dal consulente del pubblico ministero ieri in udienza a Perugia in relazione al procedimento scaturito appena dopo la partita di calcio Bastia-Foligno dove rimase gravemente ferito il tifoso folignate Massimiliano Antonelli. Acuminate sono anche le pietre sequestrate nell’immediatezza dei fatti e si dovrà capire quale ruolo abbiano avuto quei reperti nella vicenda. Per quei fatti, accaduti nel 2007, sono a giudizio una quindicina di impuntati chiamati a rispondere dell’ipotesi di reato di rissa ed uno di loro per tentato omicidio in quanto ritenuto essere il soggetto che ha determinato le lesioni subite da Antonelli, difeso dall’avvocato di parte civile Giovanni Picuti. Quella domenica, era il 6 aprile, al Comunale il Foligno inseguiva il secondo posto e il Bastia in casa sognava punti salvezza. Gli strascichi di quella partita non ebbero e non hanno nulla a che fare con lo sport. Perché non c’entrò nulla con lo spirito sportivo la rissa tra tifosi esplosa a cinghiate e sassate fuori dallo stadio bastiolo che quasi costò la vita ad Antonelli. La posizione del tifoso imputato di tentato omicidio muove dall’accusa sollevata a suo carico dal pm Gemma Miliani per aver scagliato «frontalmente con forza una pietra all’indirizzo di Antonelli». Una ricostruzione sin da subito contestata dai suoi legali, Delfo Berretti e Luca Maori, convinti di poter scagionare il tifoso. Che la procura accusa invece di quel «trauma cranio-encefalico con frattura avvallata pluriframmentaria», l’emorragia e le lesioni che «concretamente determinavano il pericolo di vita della vittima», salvata solo grazie al tempestivo intervento chirurgico. Con l’aggravante appunto dei «futili motivi di tifoseria calcistica». Prossima tappa in udienza sarà quella dei consulenti di parte che esporranno le loro posizioni rispetto ai fatti contestati.

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