Bastia

Risale al ‘500 il primo Statuto comunale

Le norme comportamentali del Comune che furono codificate all’epoca della sua fondazione

BASTIA – Il primo Statuto di Bastia Umbra risale all’inizio del ‘500, quando il paese, grazie ai Baglioni, poté assurgere alla dignità comunale. Uno dei primi atti civili fu proprio la compilazione di un insieme di norme per regolare la vita politica e amministrativa. Precedentemente si osservavano usi e costumanze consolidate o decisioni prese dal Consiglio delle Famiglie, convocate al suono della campana in seduta plenaria nella pieve di S. Angelo. Un secondo passo notevole dell’evoluzione civile si compie sotto lo Stato della Chiesa con l’elaborazione dello Statuto del 1622 molto più ampio del codice membranaceo del ‘500 e tale da conferire più importanza al Consiglio cui ora compete la nomina dei magistrati. La terza tappa è segnata dalla prima copia a stampa del 1622 “giacché si trovava lacero e con alcune carte volanti”. La Sacra Congregazione del Buon Governo di Roma non solo approvò, ma si assunse anche l’onere della spesa. Lo “Statuto dell’antica Isola Romana, e sua origine: di poi nomata Bastia nell’Umbria” fu stampato ad Assisi nel 1773 in 20 esemplari. Si trattava di un codice rustico, diviso in tre parti e compilato “a beneficio del Pubblico e dei Signori Possidenti del Territorio”. Il primo libro (Super extraordinariis) riporta le norme di comportamento morale e l’elenco delle festività. Tutti gli abitanti erano obbligati a riconoscerle astenendosi da ogni forma di lavoro per santificarle, assistendo alla sacra liturgia e partecipando alle processioni. Il secondo libro (Super civilibus) spiega come si debba rendere ragione delle cause della Comunità, del modo di eseguire gli Istrumenti, la divisione dei beni, i testamenti e l’assegnazione delle doti. Il terzo libro (Super damnis datis) riporta le pene da infliggere a “chiunque recasse nocumento alle cose altrui”, come boschi, prati, colture agricole e reca informazioni sul modo di fare innalzare le siepi. In questa ultima parte l’attenzione dei compilatori è rivolta alla salvaguardia del settore agricolo che costituiva la base dell’economia che trovò i primi sbocchi commerciali attraverso i mercati settimanali e le fiere. Le prime norme statutarie suonano a distanza come vere e proprie curiosità come quella di quando le donne di Bastia erano sottomesse. Lo statuto del 1773, vero specchio del suo tempo, codifica difatti la condizione subalterna della donna al punto che le era impedito l’accesso al palazzo municipale. Se sottoposta a giudizio, doveva essere interrogata nella chiesa di S. Angelo. Al capitolo 25 è detto che “nessuna Donna della Terra della Bastia, possa fare alcuna donazione, cessione, vendizione, promissione, obbligo, quietanza, mandato, né qualsivoglia sorta di contratti, senza la presenza del Marito, senza la presenza del Padre, o dell’Avo, e se non avrà il Padre, o Avo, senza la presenza del fratel carnale, e se non avrà fratel carnale, senza la presenza del Zio carnale paterno o materno, e se Zio carnale non avrà, senza la presenza d’altro suo consanguineo più prossimo, sino al terzo grado, da computarsi, secondo il Jus Civile, e non essendoci alcun sito al terzo grado, senza la presenza di due altri suoi consanguinei delli più prossimi che si troveranno”. Povere donne, che non potevano decidere liberamente nemmeno della roba loro!

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