I governatori non vogliono tagli perché sperperano sempre più denaro: in 5 anni il loro debito è raddoppiato


di FRANCESCO FORTE


Ecco la classifica del debito regionale, riferita al 2004. In totale la cifra è di 75,6 miliardi dli euro pari al 53 per cento) dell’intera amministrazione dello Stato. Ma è un dato in costante crescita.



Chi vuole una finanziaria elettorale? La vogliono quelli che stanno sbancando da anni le finanze pubbliche: le regioni e gli enti locali, che, non a caso, sono attualmente diventate in gran parte di sinistra. La loro ideologia è favore della elefantiasi sociale, ambientale e populista. Ricordo, per tutti, lo slogan del candidato alle elezioni nella regione Lazio, Piero Marrazzo, che ne è poi divenuto lo spendaccione “governatore”: per la sanità niente ticket e niente code. Senza i ticket aumenta la domanda. Per ridurre le code si devono aumentare personale e attrezzature. Ergo si rompe l’argine, già fragile, per il contenimento di questa spesa. E in effetti questa è una delle voci della finanziaria per cui la sinistra (e una parte della maggioranza, che non sa quel che fa) protesta, per presunti tagli.


LA SPESA SANITARIA
La spesa sanitaria in previsione, nel 2006, lasciata da sola, doveva aumentare di 6 miliardi di euro, quasi mezzo punto di Pil. Il governo riduce l’aumento a 3 , che è sempre una cifra notevole. Ciò non basta alle fameliche regioni, in gran parte oramai rosse, per alimentare la disordinata crescita di questa spesa, così gridano ai tagli, mentre c’è un aumento. Si dice che il debito pubblico italiano non scende abbastanza e se ne dà la colpa al governo statale. Su ciò risuonano di continuo i richiami severi al premier Berlusconi e al ministro dell’economia da parte di Banca di Italia e del Financial Times (che, per le faccende bancarie, invece sono come cani e gatti). Ma se si va a guardare come stanno le cose, si vede che il debito dei governi locali e regionali è passato, negli ultimi cinque anni, è aumentato della vertiginosa percentuale del 134 per cento, da 33 miliardi di euro a 76, passando da circa 3 punti scarsi sul Pil (il prodotto nazionale) a 6 punti buoni sul Pil. Il debito dello stato, nel frattempo, si è caricato di 27 miliardi di debiti fuori bilancio della sanità, che sono pari a 2,5 punti del Pil del 2004.


Senza questo onere debitorio diretto e indiretto degli enti locali, il debito pubblico italiano attualmente anziché essere il 106 per cento del Pil sarebbe circa il 100 per cento. E, considerando che di questo debito il 2 per cento sono Bot statali posseduti dalla Banca di Italia, di fatto il debito pubblico italiano sul mercato sarebbe oramai sotto il 100 per cento del Pil.
I bilanci delle regioni e degli enti locali costituiscono il problema numero uno della finanza pubblica italiana. Negli ultimi cinque anni le spese dello stato e degli altri enti del governo centrale sono aumentate del 15 per cento, mentre il Pil aumentava del 20 per cento. La fetta della spesa dello stato sulla torta sul prodotto nazionale, perciò, è passata 28,8 per cento del Pil al 26,9, scendendo di due punti. La fetta delle entrate statali su questa torta, dal canto suo, è scesa di tre punti dal 27,3 al 24,2. Andremmo al riequilibrio. Ma ci sono i guastafeste. Uno era la previdenza sociale. Con vari interventi, durante questa legislatura, ci si è messo un tampone strutturale. La percentuale sul Pil della spesa previdenziale, dopo un aumento, si è attenuata ed è ora è al livello percentuale del 1999. Invece sono lievitati di continuo i bilanci delle regioni e degli enti locali.


BILANCI LIEVITATI
Le loro spese sono aumentate, nei cinque anni, della mostruosa percentuale del 40 per cento e sono pertanto passate dal 13,7 del Pil al 15,5 crescendo di un 1,8 per cento. In pratica questa crescita della spesa degli enti locali si è mangiata tutta l’economia di spesa del governo centrale. Analogo fenomeno per le entrate: passate dal 13,1 al 14,6 per cento del Pil, con un aumento del 30 per cento. La pressione tributaria complessiva così non è diminuita. Mentre le spese per i dipendenti dello stato aumentavano del 20 per cento, come il Pil quelle degli enti locali aumentavano del 30 per cento. Lo stato dovrebbe contenere con coraggio le somme che dà alle regioni ed enti locali in bilancio e a ripiano delle perdite . E questo il solo modo per costringere ad affrontare i problemi strutturali della loro finanza pubblica.

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