Bastia

Questione morale o questione politica?

 


Ciuenlai


Va in onda la questione morale. Ed è un’onda sinistra. E’ un’onda che ha scosso profondamente quell’elettorato e quei militanti. Loro sono stati, da sempre, educati a pane e rettitudine. L’etica era uno dei doveri fondamentali. C’era pure scritto sulla tessera “il comunista è un cittadino esemplare”. Ma tutto questo appartiene purtroppo ad un’altra epoca; direbbe qualcuno “ad una categoria del 900”. Basta vedere il modo con cui è stato affrontato l’argomento. Il Partito Democratico è un corpo sano con qualche “mariuolo” che va allontanato. Sembra di rivedere la difesa di Craxi all’alba di tangentopoli. Del resto la china degli ex comunisti è stata quella. Il processò che portò il Psi alla disfatta, pare proprio una fotocopia, della brutta china politica che ha preso il Pd.


Quando si perdono i punti di riferimento e il potere è l’unico collante che tiene insieme una classe dirigente, non può che andare a finire così. Il problema allora come adesso non è giudiziario; è politico. Ma quel nodo non viene affrontato, si tira a campare sperando che passi la nottata. Le inchieste sono infatti la punta di un iceberg, di un sistema sbagliato. E, paradossalmente, la cosa è più evidente nelle periferie, proprio in quel mondo che veniva additato come “il governo perfetto”, quello che aveva (sic) stabilità ed efficienza. Perché, lo ripeto, la vera questione morale è, prima che etica, una vicenda tutta politica.


La questione morale è il perverso meccanismo della elezione diretta che affida ad una sola persona (e non alle assemblee) gran parte del potere, senza adeguati controlli istituzionali. La questione morale sono le centinaia e centinaia di Consiglieri che sono stati privati di gran parte delle vecchie attribuzioni e che, approvato il bilancio, vivacchiano, tra una legislatura e l’altra, moltiplicando le riunioni di Consigli e commissioni, per discutere di argomenti non attinenti al loro mandato, se non del “sesso degli angeli”. Non perché non hanno capacità amministrative, non perché non hanno voglia di impegnarsi; semplicemente perché le regole non gli permettono di occuparsi d’altro. La questione morale sono le decine e decine di persone che siedono nelle giunte e decidono le sorti e l’attività degli enti, senza essere state elette e senza essere passate per il vaglio dei cittadini, Un paradosso! Chi governa veramente è gente che i cittadini non hanno scelto. La questione morale è quella che fa della cooptazione un criterio di selezione. Un criterio che permette tra chiamate “dirette” in giunta di sindaci e presidenti, listini, teste di lista ecc. di rimanere in alto, di ricoprire incarichi di grande prestigio per decenni, senza mai sottoporsi al giudizio del corpo elettorale. Ci sono fulgidi esempi in tal senso anche dalle nostre parti. La questione morale è il trasformismo. Quella cancrena politica che spinge una persona a “voltare la giubba” e a passare armi e bagagli, al nemico. Quella cancrena che vanifica il voto di migliaia di cittadini che si trovano ad aver sostenuto un uomo, un partito, un progetto e che scoprono, incredibilmente, di aver invece favorito, inconsapevolmente, quello che consideravano il loro avversario. La questione morale è il moltiplicarsi o il continuare a sostenere l’esistenza di decine e decine di enti inutili non elettivi, di commissioni di lavoro su argomenti improbabili quanto risibili, di aziende pubbliche, fondazioni e consulte, al solo scopo di allargare a dismisura la platea delle poltrone per mantenere e consolidare un sistema di potere. La questione morale è il proliferare di apparati e gabinetti, l’espansione degli incarichi pubblici di alto livello, senza un minimo di valutazione meritocratica.


Una pratica che spesso ha come unico criterio vicinanze o amicizie politiche. Una pratica che ha portato alla direzione degli enti nuvoli di portaborse e, talvolta, di persone impreparate o addirittura incapaci, che, di fatto, indeboliscono l’ effucienza della pubblica amministrazione.
E infine, la questione morale è creare cose che indebitamente vengono chiamate partiti. Cose che fondendo una “babele” di culture e di esperienze, lontane ed inconciliabili tra di loro, perdono i punti di riferimento ideali, non producono nessun valore alternativo e hanno come unico scopo quello di “dare le carte” al momento opportuno. Cose che se non hanno, come la casa delle Libertà, un leader riconosciuto ed incontestato, vanno presto in crisi d’identità. La questione morale è affrontare tutto questo per farsi una precisa domanda: “qual è la funzione della politica?”. E’ quella di favorire l’interesse generale o quello di radicare poteri oligarchici? Se si vuol dare una risposta positiva a questo quesito, bisogna affrontare di petto il nodo del sistema istituzionale e politico. Perché se un sistema è sbagliato o peggio “marcio”, non deve meravigliare che produca anche qualche “mela marcia”. E, per favore, non continuate ad attaccarvi alla tiritera del rinnovamento generazionale.
Può essere utile, ma non è l’elemento decisivo. Quello appartiene ad un cambio di cultura. Anzi in questa situazione, se gli attuali protagonisti non saranno in grado di trovare le soluzioni giuste, il rischio è che, in presenza di una moltiplicazione delle inchieste (cosa che speriamo non accada), si riproduca d’effetto tangentopoli. E cioè che venga spazzata via un’altra ‘cdasse dirigente senza nessuna distinzione tra buoni e cattivi. Ma stavolta sarebbe peggio. Perché, soprattutto a sinistra, non ce n’è un’altra di ricambio.


ciuenlai.c@libero.it

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