Ciuenlai


E, intrigante la campagna fatta da Wladimiro Boccali. Colpisce e si fa notare. Annuncia i temi del suo programma, senza svilupparli, lasciandoli immaginare. Foto semplici, ma efficaci che mostrano il candidato sindaco al naturale, come una persona “normale”. Uno di noi che si occupa dei nostri problemi. Oddio qualche accostamento si presta al sorriso. “Lavoro Perugia” ha un’assonanza che ricorda “telefono casa”. Ma non è questo il punto. In questa marea di manifesti manca qualcosa. Qualcosa che ha sempre caratterizzato la propaganda politica sui muri : manca il simbolo del partito. E non è una dimenticanza. E’ una scelta che, per esempio, in quel di Bologna, ha provocato non poche critiche. Io penso che ha fatto bene. Bisogna essere in linea con la realtà. Il candidato sindaco si gioca tutto in prima persona. Da lui dipendono le sorti della coalizione e del partito. Se vince tutti fanno festa se perde tutti chiederanno la sua testa. Ed è quindi logico che sia Boccali a proporsi per farsi accettare dai cittadini di Perugia. Ma il fatto ha una implicazione politica. E’ il terminal di un percorso iniziato 15 anni fa. La persona sostituisce il partito.
Il singolo vale più del collettivo. Chi dirige non sono più le forze politiche ma gli apparati e i gruppi sociali di riferimento del candidato. Del resto bastava guardare che cosa sono diventati i partiti in questi ultimi due decenni per capirlo. Prendiamo, ad esempio, quello che è successo, qui in Umbria, agli ex comunisti, alla macchina organizzativa più potente sulla piazza (gli altri non li prendo nemmeno in considerazione perché o sono fasulli o leggerissimi). Quelli che una volta si chiamavano “attivi di partito” sono diventati organismi dirigenti. Assemblee faraoniche che solo un centro congressi molto capiente è in grado di contenere e che non producono nessuna indicazione o linea politica. Si tratta di semplici “sfogatoi” nei quali tutti possono dire la loro, senza che nessuno si prenda poi la briga di tradurre la discussione in sintesi. Comitati di 3/400 persone, segreterie di 201/30 membri, comitati di lavoro (si fa per dire) che servono solo a fare “nicchia” per alcuni personaggi e che non producono niente o, peggio, sfornano quintali di documenti detti “la sagra dell’ovvio” e in cui viene riscritta la storia della terra dal Big Bang ad oggi. Documenti che nessuno discute, nessuno vede, nessuno legge e che, naturalmente, nessuno applica. L’assemblearismo, in politica, crea oligarchia. Formalmente c’è un allargamento delle platee dirigenziali, nella sostanza invece si riduce sempre piu il numero di quelli che hanno voce in capitolo e, aumentano le invisibili ma potenti presenze esterne che condizionano le vere scelte. E le primarie sono proprio lo strumento che cementa questo modo di interpretare la direzione politica.
Chi avrà più mezzi finanziari e l’appoggio dei potenti e dei “grandi elettori”, risulterà vincitore. Guardate quello che è successo a Firenze. Renzi, della destra del partito, ha vinto per l’effetto mix prodotto dai voti del potentissimo assessore diessino Cioni (escluso dalla competizione) e di masse di elettori cattolici e di destra che non lo sceglieranno mai come sindaco, ma solo come il “meno peggio” degli avversari. E questo sarebbe il candidato del Partito democratico e del centrosinistra? Che voce in capitolo ha avuto il partito in tutto questo? Zero carbonella! E qui in Umbria, in piccolo, è successa la stessa cosa. Oggi Franceschini è tornato a parlare, come D’Alema, di partito pesante. Ma con queste regole, con sistemi elettorali che privilegiano “un uomo solo al comando” e liste bloccate è impresa quasi impossibile. Non bisogna confondere pesante con diffusa. Avere tante strutture sparse nel territorio è certamente un vantaggio, ma non una prova. Se la vita di un partito continua a funzionare per “pochi eletti”, se gli iscritti non hanno nemmeno il potere di potersi scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni, se i militanti non si sentono parte attiva di un progetto più grande del quale loro sono protagonisti, se l’attività è relegata unicamente a spingere questo o quello per le elezioni, avere 10 o 100 circoli serve a poco. E infatti gli iscritti sono andati gradualmente diminuendo e l’attività polltica, piano piano, sparendo. ache nelle organizzazioni periferiche la logica prevalente è quella della corsa alle poltrone. Un esempio! Nelle ultime elezioni comunali a Perugia una sezione dei Ds (quella del Tezio), lacerata da una contrapposizione tra dirigenti, è stata divisa in due per permettere a quel territorio di avere altrettante persone in lista e un’altra (Madonna Alta) è stata colpita da una vera e propria bufera, perché l’Unità di base aveva scritto una lettera agli iscritti con l’indicazione a votare un candidato “a danno” (secondo gli interessati) degli altri due che aveva in lista. In questa situazione è quindi logico che un candidato sicuro della “nomnation” come Boccali non aspetti e anticipi partito e coalizione. Lui è il pane e il companatico, il resto sono briciole.


ciuenlai.c@libero.it

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