Alimentare Sindacati e lavoratori sul piede di guerra, parlano gli operai in esubero

Cgil: “Subito la convocazione di un consiglio comunale straordinario”
Preoccupati anche gli addetti delle cooperative, i padroncini e chi è nell’indotto


Non c’è pace nè rassegnazione per gli operai dedla Petrini di Bastia che ieri si sono riuniti in assemblea con i propri rappresentanti sindacali per preparare lo sciopero di quattro ore di venerdì prossimo contro la decisione di chiudere lo storico stabilimento da parte dell’azienda. Ma la mobilitazione si muove su più livelli con l’intenzione di convocare un consiglio comunale aperto e arrivare addirittura all’occupazione della fabbrica. Chiamando in causa tutte le istituzione che avallarono l’acquisizione del sito produttivo da parte di Mignini. Nessuno riesce a spiegare, se non in termini puramente speculativi, questa scelta. Una scelta che però gli operai sono pronti a contrastare soprattutto perché si tratta di gente giovane non certo prossima alla pensione. Che racconta la propria storia e le difficoltà di trovarsi, quanto prima, senza lavoro



Marina Rosati


BASTIA UMBRA – Una mera operazione speculativa. Decisamente slegata dalla produttività del sito bastiolo. E la volontà di combattere per salvare il salvabile. Lo stato d’animo degli operai della Petrini è questo Un mix di rabbia e delusione, di rimpianti e soprattutto ricordi. “Quando c’era la famiglia Petrini – raccontano diversi operai ieri in assemblea con i sindacati di categoria – non c’erano di questi problemi. Il clima era diverso e soprattutto c’era un’interlocuzione vera”. Restare uniti e contrastare la scelta di dismettere il mangimificio di Bastia, insieme a quello di Padova e Bari, che significa mandare a casa più o meno 62 persone, la maggior parte delle quali ben lontane dai termini per il prepensionamento. Ma gli operai della Petrini non se la prendono solo con il padrone, chiamano in causa anche le istituzioni “che a suo tempo avallarono questo imprenditore, scelto ed individuato per rilanciare il sito e mettere in campo politiche industriali di potenziamento del settore mangimistico umbro, sfruttando i due marchi Petrini-Mignini. E invece -spiegano ancora gli addetti – la strada e tutt’altra. Chiudere questo stabilimento per farci sicuramente qualcos’altro”. Anche se il sindaco di Bastia, come ha sottolineato Francesco Bartoli, responsabile della Cgil di Bastia, per il momento non ci sono indicazioni di altro genere rispetto alla destinazione produttiva dell’area. Ma sindacati e operai ci credono poco e allora la mobilitazione va fatta anche su altri livelli istituzionali con “la richiesta immediata di un consiglio comunale straordinario, aperto – ha annunciato ancora Bartoli – durante il quale potremo sentire dalla voce di Lombardi e delle altre componenti politiche le scelte dell’amministrazione rispetto a questa area”.
Intanto lo sciopero di quattro venerdì è solo l’inizio di una battaglia “per respingere questa logica industriale – ha sottolineato il segretario della Flai-Cgil Vincenzo Sgalla – e contestare nettamente l’annuncio del taglio del personale. Adesso incrociamo le braccia per metà turno ma, se sarà necessario, passeremo all’occupazione dello stabilimento”.
Perché la Petrini e un sito importante con numeri, come ha spiegato il segretario della Uila-Uil Felice Danielli di tutto rispetto. “La capacità produttiva e di oltre 2 milioni di quintali e invece, attualmente, si attesta su livelli molto più bassi. Per scelta della proprietà – gli fanno eco i lavoratori – perché questo marchio va ancora molto forte su tutto il mercato di settore. E vale anche più di Mignini”. Insomma, secondo chi ci lavora il sito di Bastia sarebbe sotto utilizzato rispetto anche alle potenzialità tecnologiche e logistiche. ‘Pensi – raccontano ancora – che alla fine del 2007 gli impiegati di Petrignano vennero trasferiti qui a Bastia, dal I° agosto scorso sono stati riportati tutti alla sede della Mignini, dove ci sono meno spazi mentre qui gli uffici sono vuoti”.


Ma al di là delle strategie industriali quello che nessuno è intenzionato ad accettare è il taglio netto del personale. Personale composto da quarantenni con moglie e figli a carico o operai più anziani che hanno vissuto tutti i passaggi di mano e gli alti e bassi della fabbrica. Come Piero Tittarelli, impiegato di laboratorio, da ben 35 anni al lavoro in questa fabbrica. Al tempo di Petrini – racconta – c’era una gestione familiare nel vero senso della parola, adesso non abbiamo più alcun rapporto con il datore di lavoro”. C’è chi come Marco Pettirossi che, con assegni familiari e qualche notturno, porta a casa circa 1.300 euro. “Certo la mia busta paga è migliore di quella di molti altri – sottolinea – anche se la mia famiglia, con moglie e figlio, campa solo sul mio stipendio”. Stessa situazione anche per Chiriac Cristinel, rumeno d’origine, da sedici anni in Italia, impiegato nei servizi logistici del sito produttivo insieme ad altre quattro persone. Perché nei fatti c’è da pensare anche alle due cooperative di servizi che, in tutto occupano una ventina di persone, ai 40 padroncini e a tutto l’indotto che ruota intorno a questa fabbrica.


Il particolare
Tutto  bene per il molino Spigadoro


BASTIA  UMBRA – La vertenza Pettini non Colpisce il molino Spigadoro. Quella parte del sito produttivo di Bastia, di priprietà di un’altra società per metà sempre dello stesso Marino Mignini e per l’altra metà dell’imprenditore Zeppadoro che fornisce grandi nomi dell’ industria alimentare italiana mulino, azienda a se stante dallo spezzettamento del sito produttivo, sta andando avanti bene, senza alcun problema di ristrutturazione e attualmente impiega una ventina di dipendenti.

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