Bastia

Poveri insegnanti, sono i peggiori d’Europa


 di MARCELLO VENEZIANI


Tra uno sciopero passato e uno sciopero annunciato, la scuola processa ogni giorno, in aula e in piazza, il suo ministro Letizia Moratti. Posso dire una cosa indecente e indocente, agli occhi dei mass media e delle cattedre? Da bocciare non è il ministro, ma i professori. Se la scuola italiana fa un po’ schifo, la colpa principale spetta a loro: li pagano poco, è vero, ma molti di loro non meritano neanche quei tre soldi. I professori italiani sono i peggio considerati d’Europa ma anche i peggio preparati, i peggio selezionati e i più ideologizzati. Certo, è più facile cambiare un ministro che una milionata di docenti. E so bene che in quell’esercito di professori c’è una dignitosa minoranza che merita tutto il rispetto. Però, lasciatemi dire che la media è inferiore a quella europea e forse mondiale. Troppi professori sono figli della demagogia degli anni Settanta, delle infornate senza concorso, dei cortei e delle sessantottate, delle occupazioni e della demeritocrazia militante. I due partiti di maggioranza dei docenti sono i faziosi e i paraculi, ovvero quelli che sono infarciti di ideologia, femminismo e menopausa acida e quelli che scansano la fatica, hanno altre attività o si danno malati per andare in vacanza. I primi si presentano in classe con la Repubblica, l’Unità, manifesto, Liberazione. I secondi entrano in classe lasciando la loro testa altrove. Come puoi cambiare la scuola se più dei due terzi della scuola sono affiliati a questi due partiti? Puoi pensare la migliore delle riforme ma se il materiale umano è scadente, va a rotoli. Magari non solo e non tanto per colpa loro ma di chi li ha messi in cattedra, chi li ha protetti e frustrati, chi ha fornito loro sia l’entrata in ruolo che l’alibi morale e mentale per fare sega a scuola, pur fingendosi presenti. In ciò sono aiutati dalla famiglia allo sbando che sforna ragazzi poco educati e molto travagliati; e poi i libri di testo partigiani, la tv matrigna e il declino della sfera pubblica, con il relativo elogio del privato, che penalizza la scuola di tutti. Numerosi sono poi i problemi di fondo. Per esempio il professore è tenuto a trascurare la classe e soprattutto i migliori, per recuperare il disagiato. Magnifico proposito dal punto di vista evangelico e morale, ma terribile esito dal punto di vista educativo e formativo: per inseguire il ventiquattresimo si trascurano gli altri ventitré. La situazione, già critica, è peggiorata da quando è piombato in classe l’immigrato di fresco sbarcato. È russo, è cinese, è curdo, fa tenerezza, ma non sa una parola d’italiano. Allora il docente deve sforzarsi con i gesti, con mezzo inglese, o con qualche altro arnese fortuito da pagina 777 di televideo, di far capire il teorema di Pitagora e Manzoni al povero allogeno. Per integrare l’immigrato disintegra la classe. Il discorso vale anche se c’è un rom, o un ragazzo che ha problemi psichici, che è violento, o è asociale: il prof deve inseguire la pecorella smarrita e abbandona il gregge. Per carità fa un’opera pia, ma a che serve la scuola per la stragrande maggioranza dei ragazzi? Insomma, l’aspetto della scuola odierna è piramidale ma non in senso selettivo, bensì a rovescio: per recuperare l’eccezione si manda all’aria l’istruzione-base di tutti gli altri. Che società verrà fuori da questa piramide a rovescio? Allargando lo sguardo in alto e in basso del personale scolastico, l’impressione è che la scuola non abbia più né capo né coda: ovvero ha perso il preside e il bidello che erano le colonne d’Ercole della scuola, le sue estremità basilari. Il preside fu di fatto abolito. Al suo posto c’è il dirigente d’istituto, un centauro mezzo manager e mezzo psicoterapeuta, una specie di super segretario con compiti di imprecisata stregoneria e di ordine pubblico. Un burocrate travestito da animatore. Ma dire al suo posto è un eufemismo, perché l’ex preside non è quasi mai presente. Presiede infatti più istituti, ha un vice effimero o in via di nomina, sta facendo strani concorsi, è distaccato chissadove. Insomma il preside non esiste più né di nome né di corpo, è evaporato. Così la scuola è acefala, ha perso il capo. Ma alla scomparsa del preside corrisponde, per simmetria, la scomparsa del bidello. Così la scuola, oltre che acefala, è pure focomelica. Il bidello scomparve come qualifica alcuni anni or sono, rientrando nell’ineffabile personale non docente, che potrebbe includere tutti, anche i domatori di circo e le ballerine. Osservando la loro vita nell’arco di un’ora, come nei documentari di Piero Angela o nel Grande Fratello, si scopre che il bidello è un’entità vaga e vagabonda, priva di compiti effettivi. Una presenza assente. Infatti per pulire le scuole arrivano le imprese esterne, per ridipingere a nuovo le aule ci pensano i ragazzi, che fanno pure la colletta; per far le fotocopie, aprire la posta e così via, languono allo scopo gli applicati di segreteria. Un tempo i bidelli erano come Caron demonio, traghettatori d’anime dannate; avevano anche una funzione simbolica e catartica importante: suonavano la campanella. Ora è quasi sempre automatica: lo so per triste esperienza, perché avevo un liceo di fronte alle mie finestre e sentivo suonare ogni ora, domeniche incluse, a prescindere dalle lezioni. Allora mi chiedo: a che serve quella comitiva di individui ribattezzati personale non docente? E quell’ex bidello che riposa in una campana di vetro, come i santi e le madonne, che ci sta a fare lì all’ingresso? A raccogliere gli ex voto? Viene usato come il martello o l’estintore, in caso di emergenza rompere il vetro? Mi sembra tutto surreale. Eppure ricordo il ruolo paterno, matrigno e fraterno dei bidelli, complice ora del professore ora dell’alunno:stavano lì col secchio e la scopa, facevano un po’ di tutto, gli idraulici e i falegnami, le spie e i precettori degli alunni prima dell’esecuzione (le interrogazioni). Erano importanti, eccome, erano una scuola di vita, una specie di avviamento professionale clandestino, una struttura parallela all’insegnamento. I servizi deviati. Ma tenevano puliti i servizi sanitari. E mi ricordo il Signor Preside che era un po’ il simbolo della scuola, il monarca buono in certi casi, l’Istituzione inflessibile in certi altri. Era un Superprofessore, più docente degli altri, ora difensore dei docenti ora vendicatore dei discenti. Adesso vedo due fantasmi al posto del preside e del bidello. E ne soffro anche per fatto personale perché provengo da una famiglia in cui tutti erano nella scuola, a cominciare da mio padre preside. Ed io, ultimogenito, ero potenziale bidello perché tutti gli altri ruoli erano già coperti in casa. Adesso, senza il preside e senza il bidello, mi sento moralmente orfano e disoccupato. Insomma a scuola non mancano solo i soldi ai docenti, ma anche educatori, aule, presidi e bidelli agli alunni. Perciò vi dico: non gettate la croce sulla Moratti, magari per togliere entrambe dalle aule.

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