di OSCAR GIANNINO
È Napoli il problema d’Italia, non il contrario. Ieri la pressione ci è salita alle stelle, leggendo sul Corriere della Sera Raffaele La Capria affermare invece che è l’Italia, il problema di Napoli. Non scherziamo, don Raffaé. Io i vostri libri li ho letti. Tutti. L’ultimo, dedicato al canillo Guappo che veniva con la bandana in redazione dove lavoravo, mi ha fatto piangere. Ma la grande stima per la vostra mano di scrittore è un conto. L’acquie scienza verso quella che è una solenne e monumentale sciocchezza, questo mai. Tutta questa vicenda della monnezza ha come responsabili, protagonisti e comprimari, politici napoletani e campani. È lo specchio della malattia che grava su quella città. Negarlo e dare la colpa a noi sono di Torino – comporta l’obbligo di rispondervi in un sol modo: non rivoltate la pizza, sporchi terroni. Sì, ter-ro-ni. Don Raffaè, lo so che vi scuoterà l’oc chio d’indignazione, nel leggere che uso tale durezza, un termine che la polemica “civile” vorrebbe relegato solo alle intemperanze di pochi facinorosi razzisti. ma qui non si tratta di essere razzisti. Si tratta solo di reagire a chi vuol lisciare il pelo ai napoletani per il verso sbagliato, dipingendoli come vittime di chissà quali losche macchinazioni nordiste alle loro spalle. Dite che erano inguardabili, don Raffaè, i politici che lunedì sera discettavano a Porta a porta dell’emergen za monnezza irrisolta. E avete ragione. Ma di dove sono, quei politici faccia di tolla? Di dov’è, Antonio Bassolino? Di dov’è, Alfonso Pecoraro Scanio? Qual è l’oscura congiura nordista per la quale qui i rifiuti si raccolgono e si avviano a distruzione in maniera talora esemplare ma in media comunque civile, mentre a Napoli e provincia e nel casertano da decenni sembra che le stesse cittadine si fondino su montagne di merda e schifezze? Napoli e la Campania sono sottorappresentati, nella politica nazionale? Ma non diciamo fesserie, leggete i numeri qui a fianco. È Milano insieme alla Lombardia, che da sempre sono sottodimensionati nel governo nazionale. Tanto che c’è una copiosa letteratura politologica, accumulata nei decenni per spiegare come le classi dirigenti lombarde abbiano preferito concentrarsi nelle attività economiche e nelle professioni, considerando l’attività politica una sorta di perdita di tempo e di occasioni di crescita, personale e collettiva. Come è possibile, don Raffaè, che proprio voi che siete stato cosceneggiatore di Francesco Rosi nel mitico film “Mani sulla città”, scriviate ora che non esiste al mondo, che i cittadini di Napoli debbano sobbarcarsi le inefficienze della politica nazionale sempre più di quanto facciano torinesi e milanesi? Ma lo sapete voi, che il deficit tra imposte pagate da ciascun contribuente e trasferimenti procapite di spesa pubblica provenienti dal centro, per i cittadini di Regioni come la Lombardia è superiore a 6mila euro l’anno, mentre per la Campania è in saldo attivo? Ve lo dimenticate, di quanto sono più alte le statistiche sui mancati pagamenti di tributi nazionali e locali, tra Milano e Napoli? tra il 500 e il 600%, a seconda delle imposte, tanto per essere un minimo concreti e senza voler annoiare. Le avete lette, don Raffaé, le conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta sull’emergenza spazzatura irrisolta? La spesa corrente negli ultimi 10 anni per questo bel disastro è stata pari in media a 780 milioni di euro l’anno, più o meno 65 milioni al mese, più di 2 milioni di euro al giorno. Tutta per dipendenti assunti, segreterie e spese di personale. In media, in ognuno dei 10 anni non si è investito invece più di 29 milioni di euro l’anno. Si è investito 25 volte meno di quel che si spendeva per assumere persone, in cambio di voti e consensi. Contrattando i piccoli appalti delle microstrutture consortili con i clan camorristici che infestano Napoli e provincia. Se ne conoscono da sempre insediamenti territoriali e capiclan. Dite, don Raffaè, levateci la curiosità. Sapreste indicarci le epiche lotte sostenute dai Bassolino, contro quelle cosche e quelle assunzioni? La mistura di fatalismo e pressapochismo, scaricabarile e illegalità diffusa, interessi privati in atti d’uffi cio e diffusa aspettativa che sia sempre “O’ Stato” e non ciascuno di noi a doversi far carico di ogni problema, tutto ciò è quel che nella tragedia della monnezza napoletana torna a nobilitare la necessità di usare il termine acconcio, per volgare che sembri: società dei terroni, è colpa vostra. Alcuni o anche molti di voi faranno eccezione alla regola, ma la fotografia complessiva è quella di una rotta disordinata e fetente di ogni regola accettabile di convivenza civile. Non è una condanna indiscriminata. Perché qui non siamo razzisti. Io sono pure di madre napoletana. Ma negare le responsabilità napoletane e campane non fa bene a nessuno. A cominciare dalla verità storica. Qui abbiamo letto l’intera letteratura delle inchieste sul ritardo meridionale, dalle indagini di Leopoldo Franchetti a quelle di Sidney Sonnino, da quelle di Giustino Fortunato a quelle di Francesco Saverio Nitti. Ma per fortuna che c’è ancora qualche grande intellettuale napoletano che non si nasconde dietro un dito. Come lo storico Giuseppe Galasso, che qualche giorno fa ai napoletani ha rivolto il suo disperato appello, dicendo che contro la monnezza occorre da parte loro uno scatto di reni paragonabile a quello delle Quattro giornate di Napoli. La disgregazione civile di Napoli è ciò che legittima a dire: terroni, svegliatevi, cacciate i briganti mentitori che avete scelto per governarvi. Oppure soccomberete, perché qui di pagare per voi la misura è stracolma.
I parlamentari campani sono riuniti in un club. Ecco il simbolo.
IL SOLITO COMPLOTTO Sul Corriere Raffaele La Capria afferma che quanto accade va addebitato all’intero Paese. Ma parlare di un complotto del Nord non aiuta a superare il disastro SALDI E TASSE Lo Stato spende per ogni cittadino lombardo 6mila euro in meno di quanto riceve in tasse, mentre il saldo per i campani è attivo. Ma questi soldi dove finiscono?
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