Papponi in cattedra

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Vittorio Feltri 


 
la prima pagina di liberoA vedere quanti soldi si buttano dalla finestra viene un attacco di bile. Non soldi privati, intendiamoci, ma pubblici cioè dei cittadini italiani martirizzati dal fisco. Lo Stato da circa quarant’anni è specializzato nelle operazioni più fantasiose di spreco. E questo è noto. Ma un conto è parlarne per sentito dire, un altro è costatare cifre alla mano (tabelle ufficiali) con quanta disinvoltura e incoscienza i governanti hanno triturato risorse strappate al nostro lavoro.

Viviamo giorni difficili. Una crisi finanziaria ed economica epocale si abbatte sul mondo: evitare gli sperperi dovrebbe essere un imperativo categorico. Dovremmo fare il tifo per il grande tagliatore Giulio Tremonti e invece una minoranza agguerrita quanto stolta non solo polemizza con lui: protesta, manifesta, grida con rabbia contro ogni iniziativa di buon senso amministrativo.


I più scatenati sono i professori e gli studenti universitari di sinistra. I quali in teoria sarebbero i più attrezzati per capire. Viceversa sono tetragoni a qualsiasi ragionamento. Urlano e basta. Forse non conoscono la contabilità fallimentare dell’Università, madre di ogni dissipazione creativa. Libero già ieri in un articolo di Andrea Scaglia ha dimostrato – ricorrendo a dati ministeriali  – che la marmaglia impegnata in scioperi e occupazioni (per altro malriuscite) non sa quel che dice, è disinformata e disinforma. Afferma che le limature del ministro Mariastella Gelmini uccidono la cultura e il futuro dei giovani.


Balle colossali. Non siamo noi a sostenerlo bensì i numeri che oggi pubblichiamo. Le somme che mettiamo a disposizione documentano con la spietatezza dell’aritmetica quanto siano infondate le critiche e, piuttosto, fondatissime le motivazioni che hanno indotto il governo a maneggiare le cesoie. Leggendo le pezze d’appoggio divulgate per la prima volta, vi accorgerete di quante pazzie si compiono negli atenei. Esistono 327 facoltà costosissime, dotate di apparati giganteschi e onerosi che offrono i loro servizi a non più di quindici iscritti. Uno scandalo privo di riscontri nel globo. Negli ultimi sette anni sono stati banditi concorsi per 13.232 posti da associato; ebbene i promossi sono stati 26 mila senza che ci fossero i posti. Altro che enti inutili. Enti dannosi. Sanguisughe. Migliaia di professori percepiscono lo stipendio e non hanno a chi fare lezione.


Tutto ciò sarebbe comico se i quattrini per alimentare i nullafacenti non provenissero dalle nostre tasche. La cosa che fa inorridire e non si spiega se non scomodando la psichiatria è che gli studenti mobilitati e ispirati dalla sinistra scendono in piazza per difendere lo status quo, quindi in appoggio ai profittatori, in solidarietà coi ladri che li sfruttano, li usano e li sfottono. Poveri studenti ignoranti e senza testa, vittime della corporazione dei docenti sfaccendati e ben remunerati. Poveri pupi al servizio dei pupari, manovrati per tutelare privilegi indecenti. Anziché aiutare la Gelmini a trasformare lo schifo universitario in una struttura passabile, vanno in soccorso dei loro caporali.


Leggete la documentazione di Libero e prendetene atto. Magari con l’aiuto di un Alka seltzer perché non è facile digerire la verità. Coraggio, per cambiare è indispensabile il contributo di tutti.


Per concludere alcune precisazioni. Mercoledì in prima pagina avevamo questo titolo: Chiamate la Polizia. Era un invito al governo a non farsi intimidire dai prepotenti, quelli che istituiscono picchetti davanti agli istituti, quelli che impongono agli studenti di scioperare, impedendo loro di accedere alle aule. Un invito a Berlusconi e al ministro dell’Interno Maroni a darsi da fare affinché non fosse infranta la legalità dai dimostranti. La risposta è stata corretta: cercheremo di prevenire ogni sopruso. Che c’era di strano in tutto questo? Nulla. Ma vari giornali si sono indignati come se chiamare la Polizia in presenza di un reato fosse una grave provocazione, come se la Polizia fosse assimilabile alla mafia o alla camorra.


Incredibile. Veltroni, ospite di Santoro ad Annozero, programma televisivo di Raidue, si è addirittura abbandonato a uno sfogo: che Paese è quello il cui premier prende ordini da un foglio quale Libero?, ha detto sventolando il quotidiano.


Si tranquillizzi il segretario del Pd. Non siamo tanto potenti da condizionare l’esecutivo. Rammentiamo che i picchetti e le occupazioni costituiscono reato penale. Per esserne consapevoli è sufficiente dare un’occhiata al Codice, articolo 340. Che recita: «Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge (331, 431, 432, 433) cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico (358) o di un servizio di pubblica necessità (359), è punito con la reclusione fino a un anno. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni».


Non è uno scherzo, caro Walter. È la legge. E se Libero ne invoca il rispetto non solo fa una cosa lecita ma doverosa. E tu dovresti applaudire, non stracciarti le vesti. Evidentemente ti piace predicare la legalità, salvo stare con i fuorilegge quando ti fa comodo.


Ultimo dettaglio. Venerdì ho scritto che l’ex sindaco di Roma abita in un appartamento di proprietà di un ente pubblico e ha una casa a New York. Un lettore, Luca Berardi, mi corregge: l’alloggio romano di Veltroni non è più in affitto, se l’è comprato lui (meglio, sua moglie) in via Velletri per la stupidaggine di 377.000 euro circa. Il prezzo di mercato sarebbe stato di oltre un milione di euro.


Complimenti, un buon affare. Mica tutti si chiamano Veltroni.

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