Bastia

«Occorre tornare a fare politica»

A colloquio con Luigino Ciotti, primo dei non eletti per Rifondazione comunista in Regione
Il consigliere comunale di Bastia giudica deludente il risultato deI Prc


BASTIA UMBRA – Le 1906 persone che (in 39 diversi comuni) hanno scritto il nome di Luigino Ciotti a fianco del simbolo di Rifondazione comunista, in occasione delle elezioni regionali, hanno evidenziato la consistenza dell’area “no global” (anche se la definizione è riduttiva) in provincia di Perugia. Il “pierino” di Bastia Umbra è il primo dei non eletti nel partito di Bertinotti: vale a dire che avrebbe buone possibilità di entrare a Palazzo Cesaroni. Molto dipenderà dalle alchimie che presiederanno alla formazione della Giunta Lorenzetti 2: con la nomina ad assessore di uno dei due eletti nel collegio di Perugia (Tippolotti o Lupini) potrebbero scattare le dimissioni da consigliere e Ciotti avrebbe uno scranno. Una trentina di suoi sostenitori (tra gli altri Vincenzo Vizioli, presidente nazionale dell’Aiab, Massimo Camerieri, presidente regionale dell’Arci…) hanno invitato pubblicamente la presidente dell’Umbria e il segretario del Prc, Stefano Vinti, perché si arrivi a questo risultato. Quale che sia l’esito del confronto in ambito istituzionale, Ciotti ribadisce: “Esiste una domanda di rappresentanza nel movimento pacifista ed ecologista, nei settori della cooperazione sociale e del consumo critico: componenti significative della società convinte che un’altra politica è possibile (è stato il mio slogan per la campagna elettorale) e che non hanno avuto quasi nessuna sponda elettorale. Ad eccezione di Oliviero Dottorini dei verdi civici, nessuno degli eletti è un portatore convinto di queste istanze “.
Nemmeno dentro Rifondazione comunista?
Mi viene in mente solo Fabio Amato di Foligno, per il resto l’impegno maggiore è stato quello di dare la caccia alle preferenze…”.
Come giudica il risultato del Prc in Umbria?
“Al di sotto delle aspettative: la previsione era di raggiungere almeno al 10%, percentuale raggiunta solo in provincia di Terni (10,2) mentre siamo all’8,9 in provincia di Perugia.”
Quali sono i motivi di questa crescita mancata?
“C’è un modo vecchio di fare politici: schiacciato sull’amministrazione quanto agli enti locali; per contrapposizioni nella vita interna del partito: la scelta calata dall’alto (leggi Bertinotti, ndr) di andare al congresso divisi per mozioni ha manifestato tutti i suoi limiti nella sua applicazione locale. In Umbria i bertinottiani hanno avuto 1’80% dei voti nei congressi locali e alla prova elettorale il più votato è risultato Pavilio Lupini di Gubbio (mozione Grassi, oppositore strenuo del segretario nazionale), il primo dei non eletti sono io (mozione Malabarba, altra minoranza interna), il quarto (Carlo Biccini) è un indipendente”.
Il risultato di Luigino Ciotti che cosa significa?
“Che c’è spazio per i movimenti convinti che un altro mondo è possibile, per le istanze che considerano il conflitto sociale come sale della democrazia e del progresso anche in realtà governate dai partiti progressisti. Sono convinto che la mia pratica politica ha aiutato anche a recuperare al voto alcuni settori altrimenti astensionisti: gruppi, comitati, singole persone che non credono alla politica dei palare, agli apparati professionisti di partito, che puntano sul movimento, al coinvolgimento diretto nei problemi. Mi tornano segnali anche di un rafforzamento delle reti dell’associazionismo, del volontariato, della voglia di tornare a fare politica”.
C’è chi sostiene che Rifondazione in Umbria sia il “partito della mossa”: dichiarazioni altisonanti e rivoluzionarie a fronte di pratiche di piccolo cabotaggio…
“C’è del vero, soprattutto a guardare come si è votato nelle istituzioni e nei consigli di amministrazione: troppe volte c’è una rinuncia a differenziarci dagli alleati di centro sinistra. Basti citare le leggi sulla cooperazione sociale e quella sull’associazionismo che hanno a disposizione fondi irrisori; e poi l’addizionale regionale sull’Irpef, i vari piani regionali (cave, rifiuti, sviluppo rurale), la legge sull’urbanistica che allenta i vincoli e che aiuta a cementificare il territorio…”.
E invece che cosa bisognerebbe fare concretamente?
“Quando dico un’altra politica è possibile, intendo: trasformare profondamente il modello partecipativo dominante in Umbria da 30 anni ormai diventato una farsa che sta aumentando la distanza tra cittadinanza e istituzione pubblica. Penso allora alle pratiche del bilancio partecipativo dove i cittadini non sono chiamati a ratificare le scelte di bilancio già predisposte da apparati burocratici e amministrazioni: vengono, invece, coinvolti nelle decisioni di spesa, magari condividendo anche responsabilità di scelte che non accontentano tuti… “.
Perugia svolge un ruolo propulsivo nelle dinamiche regionali o, piuttosto, è una cappa sotto la quale non si deve muovere nulla…
“… che non sia deciso in corso Vannucci. Anche se si tratta di una battuta è un’affermazione fondata: sono molte (in parte non accessibili) le stanze dove si prendono le decisioni pesanti… lavori pubblici, appalti, incarichi, presidenze… Per me, invece, è nel territorio (fabbriche, piccole città, campagne) che si deve lavorare per modificare le condizioni di vita e di lavoro, a cominciare da chi vive una condizione più fragile… gli immigrati, gli anziani. Insieme c’è da tenere a bada le multinazionali e contrastare l’espansione delle eco – mafie”.
Da dove bisognerebbe cominciare?
“Dalla riorganizzazione dei centri urbani schiacciati dallo strapotere della mobilità in automobile; dalla limitazione del consumo della pianura concepita come un’unica area da urbanizzare, da coprire di capannoni”.

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