Dopo lo sgombero di alcune roulotte da parte dei vigili, rimane il timore per i furti


A Bastia la gente spaventata dalla presenza di zingari


LISA MALFATTO


BASTIA UMBRA – La presenza delle carovane dei nomadi su parcheggi ed aree pubbliche sta diventando uno dei maggiori elementi di conflitto urbano. Anche a Bastia Umbra, dove – su segnalazione del partito di Forza Italia
– la polizia municipale ha fatto sgomberare una comunità di zingari da un parcheggio realizzato nella nuova zona industriale, a causa dell’enorme quantità di rifiuti che è stata trovata sul fosso che delimita il piazzale.
“Il problema non è solo di igiene – ha detto una signora di Bastia, che preferisce rimanere anonima – ma di sicurezza: non ci sentiamo sicuri sapendo che questa gente vive accampata qui: tutti i furtarelli che ci sono stati nelle piccole aziende dell’area – continua – sono probabilmente fatti dagli zingari, mica da gente del posto”. Per la signora, la soluzione migliore sarebbe quella di “cacciarli via tutti”.
La problematica in effetti è particolarmente sentita dai titolari delle piccole imprese bastiole, i quali sono convinti che a compiere i furti sono proprio loro: “Sei anni fa mi hanno rubato di tutto – ha detto Primo Antonini dell’ “Antonini Elettrodomestici”- rottami di ferro e tanto rame: non si tratta di italiani, perché hanno portato via pure la carta igienica dell’azienda”. Federico, 23 anni di Bastia dice: “sono d’accordo con i consiglieri di Forza Italia, che vogliono vietare la sosta delle roulotte, disturbano la città anche a livello estetico: Assisi è più pulita e sicura, infatti lì gli zingari non ci vanno. E non è giusto che Bastia abbia questa parvenza di degrado dove ci sono gli accampamenti”. Anche Matteo, suo coetaneo, è della stessa opinione: ” questa non è casa loro, ma un’ area che occupano illegalmente. Quando va bene vanno in giro ad elemosinare ai semafori, altrimenti rubano” .
Più diplomatico Marco, 34 anni, originario di Spello che dice: “Sono tollerante ma la tolleranza non deve essere a tutti i costi. Tolleranza significa anche che loro devono rispettare le nostre regole. La soluzione? Per i nomadi non c’è – dice – Sono situazioni in cui la società moderna è costretta a convivere, ma deve farlo nei limiti del possibile, senza nessun tipo di discriminazione: occorre però che anche loro rispettino le nostre leggi. Se sgarrano – ha detto – devono essere puniti, così come ogni cittadino deve essere punito. Ma c’è da considerare che quello dell’integrazione degli immigrati e zingari è fenomeno complesso, che prevede un processo difficile e molto lungo. Soprattutto perché – continua – quella dei Rom è una problematica con la quale la società sta facendo i conti da non tanti anni: ancora ci si deve abituare”. In effetti, in Italia si comincia a parlare di “campi nomadi” all’inizio degli anni ’70 quando, con alcune disposizioni ministeriali, si invitavano i comuni ad esaminare la possibilità di realizzare, in appositi terreni, campeggi attrezzati con i servizi essenziali, al fine di consentire che la sosta dei nomadi si svolga nelle migliori condizioni igieniche possibili. Dal momento in cui si cominciò a parlare di “campi nomadi”, lo spazio per i rom si restringe sempre più: si iniziò a concentrare tutti gli zingari dei comuni italiani in un’area che, almeno inizialmente, non era attrezzata.
La maggioranza delle Leggi Regionali approvate negli ultimi dieci anni si proclamano a “tutela dell’etnia rom” e prospettano la costruzione di campi attrezzati e super-regolamentati.
Ma la questione diventa ancora più complessa se si pensa al concetto stesso di “campo”, che contrasta apertamente con il proponimento di base delle Leggi Regionali, in quanto sconvolge l’elemento fondamentale della cultura rom, che si basa sulla flessibilità delle relazioni e delle strutture.
Un bastiolo di 48 anni (anche lui sceglie l’anonimato) pensa invece che la soluzione migliore sia quella di allestire un campeggio fatto apposta e ben organizzato, “almeno possono usufruire di servizi igienici, gabinetti chimici e dell’acqua – ha detto – ma a patto che loro si adeguino alle nostre regole: mandare i bambini a scuola invece che ad elemosinare e i grandi devono andare a lavorare come tutti. Potrebbero utilizzare i containers che sono stati insediati ad Assisi per il terremoto”, ha proposto. Una signora pensa invece che la soluzione sia quella di “registrarli” anagraficamente: ” vanno individuati e regolarizzati come cittadini, con tanto di codice fiscale e documenti come tutti – ha detto – se vogliono essere accettati. Altrimenti tornassero a casa”. Chi, invece, ha capito che queste persone una “casa” vera e propria non ce l’hanno e che non a caso si chiamano “nomadi”, dice: “a questa gente non puoi impedire di essere nomade, per loro la casa è il mondo. Non saprei trovare una soluzione, non è facile: noi cittadini abbiamo votato i politici che ci rappresentano, dovranno pensarci loro a risolvere i problemi”.


 

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