Quattro umbri erano in vacanza nella “striscia” asiatica. Il racconto
«Siamo stati fortunati: eravamo già all’aperto»
di FRANCESCA PETRUCCIOLI
PERUGIA – «L’acqua del laghetto ha cominciato a muoversi, in lontananza abbiamo visto del fumo salire, davanti a noi un piccolo tempio si è sbriciolato come sabbia. La gente ha iniziato a riversarsi tutta intorno a noi. Attimi di panico, qualche lacrima e subito con la mente a pensare come uscire da lì al più presto. Abbiamo consultato la mappa della nostra guida e, dopo aver valutato che eravamo vicino al punto di ingresso alla città, abbiamo deciso di muoverci. Con calma ci siamo diretti ad una delle estremità della piazza e poi di corsa abbiamo percorso un vicolo stretto, unico passaggio utile al nostro caso». Inizia così il drammatico racconto dei quattro umbri che erano in vacanza nel Nepal, proprio nei territori raggiunti dal devastante terremoto. «Raggiunta la strada principale – raccontano l’architetto Valentina Silvestrini, suo marito Stefano Berardi, Roberto Raspa (della protezione civile di Bastia) e Valentina Tritoni di Assisi – ci siamo messi alla ricerca di un taxi che per fortuna abbiamo trovato poco dopo. Da lì ci siamo diretti subito in aeroporto, con qualche pensiero ai bagagli lasciati in albergo, ma era prioritario mettersi in salvo». «La nostra preparazione (tutti e 4 facciamo parte dell’associazione Civilino, siamo impegnati nel diffondere i temi della cultura della prevenzione dei rischi e alcuni di noi sono anche volontari di Protezione civile), in parte. ci ha aiutato: in quei momenti ci ha permesso di restare lucidi per capire quale era il posto migliore dove stare. Siamo stati fortunati perché in quel preciso istante eravamo già all’aperto ed in un posto ampio. Abbiamo solo tenuto d’occhio qualche palo e qualche caseggiato intorno a noi». «Le strade erano ancora libere e percorribili ed alle 13, ora locale, dopo quindi un’ora dal sisma, eravamo già sul piazzale dell’aeroporto in piena sicurezza». «Abbiamo avuto paura, le scosse non sono certo terminate con la quella principale. Vi sono scosse di assestamento intorno al 6.5 grado della scala Richter, lì le chiamano di assestamento ma da noi sarebbero terremoti abbastanza forti». «Insomma tanta paura, zero informazioni da parte delle autorità locali. La nostra unica salvezza è stata l’aver avuto un collegamento costante, per oltre 30 ore, via sms con il nostro amico Francesco che dall’Italia ci dava informazioni su cosa accadeva, su quello che le compagnie aeree decidevano di fare e su dove erano esattamente gli aerei che dovevamo prendere. Ecco, abbiamo passato, tra aeroporti vari, quasi 36 ore e per fortuna tutto è andato per il meglio. Più volte in questi giorni, vedendo anche noi quello che succedeva, i nostri pensieri sono andati alle persone decedute ma anche al popolo nepalese ed ai loro stupendi tesori d’arte che noi abbiamo avuto la fortuna di vedere, in alcuni casi, per l’ultima volta. Speriamo che ora ci sia la possibilità di aiutarli». Le due coppie stanno bene, hanno tranquillizzato amici e parenti anche tramite facebook «Grazie a Dio stiamo tutti bene – scrive Valentina Silvestrini sul suo profilo – Abbiamo vissuto un’esperienza che non sarà facile metabolizzare. Grazie a tutti per la vicinanza: le vostre parole e i vostri messaggi ci hanno permesso di non perdere la testa. Il nostro pensiero è per il Nepal, terra bellissima e sfortunata e per la sua popolazione». La violenta scossa di magnitudo 7.9 Richter ha portato devastazione e morte, distruggendo interi villaggi, creando valanghe e tanti senzatetto. E purtroppo il bilancio dei morti e dispersi si fa tragico ora dopo ora. I quattro umbri erano partiti il 18 aprile per un #BerryTour, un viaggio “zaino in spalla”, tutto organizzato da loro che prevedeva India del Nord e Nepal. Sono arrivati in Nepal il 22 e il 25 aprile hanno preso un taxi proprio per Patan. Le terribili scosse, case e costruzioni che si sbriciolavano, devastazione e lacrime, saranno difficili da dimenticare
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