Stagioni Natalino Balasso prima di andare in scena, domani al teatro Esperia, svela le sue storie preferite, le fiabe di bambino e parla dei maestri che non ha avuto
di Sabrina Busiri Vici
BASTIA UMBRA – Il teatro Esperia ha scelto la comicità “super visualizzata” di Natalino Balasso per aprire domani alle 21 il filone comico della stagione.Al comico rodigino, classe 1960, super cliccato in internet tra video e la sua Telebalasso, basta un microfono dall’aspetto vintage, un occhio di bue che lo inghiotte per presentarsi al pubblico con il suo Stand up Balasso, una pirotecnica serie di gag attinte da dieci anni di carriera.Balasso, il suo spettacolo non segue un filo conduttore, ma si ride dall’inizio alla fine. E’ così? “E’ un lavoro teatrale tratto da diversi monologhi che parlano di epoche passate: ce n’è uno sui miti greci, Ercole in Polesine; un altro sull’anno 0, L’idiota di Galilea, e un altro ancora ambientato negli anni Trenta,intitolato La tosa e lo storione e vi ho inserito anche una parte dell’happening teatrale Fog in theatre. Ho scelto temi che trattano soprattutto di religione, della vita di Gesù ma che sconfinano nel surreale”.La voglia di passato le fa prendere le distanze dal presente? “Più guardiamo indietro e più riusciamo a cogliere l’universale delle storie umane, quello che riguarda noi oggi è già stato attraversato ieri. E ripercorrerlo a ritroso fa acquisire consapevolezze. Se invece portiamo sul palco l’attualità si rischia di cogliere solo il dettaglio delle cose, non la loro essenza”. Quindi niente satira politica? “Non mi piace farla. Non ha senso prendere un mostro e scagliarcisi contro. Penso che quanto succede sia il frutto dei comportamenti di tutti noi, perciò è più corretto parlare dei nostri difetti invece che di quelli del potente di turno che serve solo a scaricarsi la coscienza”.Per lei qual è la storia più universale di tutte?“Nell’Occidente è sicuramente il Vangelo. Dentro c’è tutto: dai miti greci alle trame de Le mille e una notte”.E la sua fiaba preferita? “Pinocchio. Ogni volta che lo rileggo lo trovo più attuale. Per esempio,leggi del campo dei miracoli e pensi alla Borsa di oggi. E’ incredibile, come tutto corrisponda”.Nei suoi monologhi però non ha mai parlato della marionetta di Collodi…“Ne hanno parlato benissimo altri,da Comencini a Benigni, fino a Carmelo Bene. Perché farlo io?”.Lei è un capocomico di grande esperienza, ma che significa oggi avere questo ruolo in una compagnia? “Posso dire che senso ha per me:dare ai giovanila generosità che io non ho avuto. Quando ho iniziato a muovere i primi passi in questo ambiente ho dovuto imparare tutto da solo; solo in un secondo momento ho trovato guide importanti come Marco Paolini. Perciò oggi la mia missione è quella di non lasciare soli i giovani, anche semplicemente per offrire loro una spalla su cui appoggiarsi”.A lei sono mancati i maestri? “Sì,ma considero Dario Fola guida per eccellenza della comicità italiana. Poi ho adorato Giorgio Gaber per il coraggio che ha avuto di affrontare temi difficili in anticipo sui tempi e di farsi seguire dal pubblico”.Come si esce dal suo spettacolo? “Stanchi di ridere, sono tutti brani comico-grotteschi che non danno tregua”.Insomma, fuochi d’artificio? “Sì, ma senza pericoli”.Un augurio per il 2015.“Riuscire ad avere un anno normale.E’ già una conquista senza puntare allo straordinario”.
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