Bastia

Mobilitazione istituzionale per salvare la Petrini

“Questa decisione porta un disagio sociale enorme per tutto il territorio”
Sgalla: “Gli operai in più non sono vicini alla pensione, così vanno a casa senza tutela”



Alimentare Critiche dal sindaco Lombardi, Lorenzetti in campo


Assemblee in fabbrica per preparare lo sciopero di venerdì


BASTIA UMBRA – Sconcerto e preoccupazione: sono questi i due sentimenti che regnano a Bastia Umbra, non solo tra i cittadini ma anche nella classe politica regionale e locale, all’indomani dell’annuncio, fatto dai vertici del gruppo Mignini durante un incontro in Confindustria con i sindacati, della chiusura della fabbrica di Bastia Umbra insieme a quelle di Padova e Bari. “E’ stata una sorpresa sgradita – fa sapere il sindaco bastiolo, Francesco Lombardi – e anche inaspettata, che smentisce gli impegni che il gruppo aziendale aveva preso con noi lo scorso dicembre. Dalla fusione Mignini-Petrini, partita a gennaio, ci attendevamo un rilancio dell’attività dei mangimi, dal momento che quella del Molino Petrini andava piuttosto bene, e che Bastia svolgeva un ruolo di ‘capogruppo’ nel settore dei mangimi. Quest’accelerazione porta un disagio sociale ed economico nella città ed al momento si tratta di capire meglio alcune questioni: nei prossimi giorni conclude Lombardi – vedremo di agire di concerto con i sindacati per portare avanti una discussione più seria di questo atto unilaterale”. Sulla vicenda si esprime anche il coordinatore comunale del Pdl, Francesco Fratellini, che parla “di un fatto importante, sul quale bisogna riflettere. La situazione e indubbiamente grave, le grandi aziende stanno abbandonando il territorio anche a fronte di scelte politiche errate, come la collocazione di alcune aree industriali in zone poco ‘fornite’. E la chiusura della Petrini e solo la punta dell’iceberg e il fatto clamoroso, ma sempre a Bastia c’è il caso della Isa, dove la cosa è meno eclatante perché magari non vengono rinnovati i contratti di lavoro ‘precario’. Bisogna assolutamente individuare una strategia per invertire queste tendenze”. Dal canto suo, la Flai-Cgil ha deciso di aprire lo stato di agitazione e di non riavviare la trattativa finché l’azienda non si presenterà con un progetto serio, che garantisca tutti i lavoratori (tra cui 21 umbri, 18 operai e 3 impiegati nei prossimi giorni i rappresentanti dei lavoratori terranno assemblee in tutti i siti produttivi del gruppo per preparare al meglio lo sciopero, di quattro ore, previsto per il 17 ottobre, sciopero che potrebbe addirittura sfociare nell’occupazione della fabbrica. E non c’è nessuna soddisfazione nel ricordare che, già all’indomani della fusione tra le due maggiori aziende mangimistiche umbre, proprio la Cgil aveva parlato della possibile chiusura di uno dei due stabilimenti umbri, auspicandosi un mantenimento dei posti di lavoro: “L’azienda -scriveva nel dicembre 2007 la Cgil – ha informato le organizzazioni sindacali della volontà di procedere ad un riorganizzazione nazionale del gruppo, determinata da un mercato sempre più competitivo, da un inaspettato e significativo incremento del costo delle materie prime, e da una contrazione dei consumi  rilevante: questo progetto di integrazione comporterà il mantenimento di un unico stabilimento dei due attualmente operanti in Umbria, ma la fusione non deve portare ad alcuna perdita occupazionale”.
A scendere in campo non è ovviamente solo il sindaco bastiolo ma soprattutto la presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti, già investita dell’affare dai sindacati con i quali si è impegnata in prima persona, così come l’assessore regionale alle Attività produttive Mario Giovannetti. Tutti stupiti dell’atteggiamento dell’azienda. “Nessuno si aspettava questa decisione così improvvisa – ha commentato il segretario regionale della Flai-Cgil – perché i vertici Mignini non hanno neanche giustificato o spiegato che a fronte della Chiusura di tre stabilimenti si avranno maggiori investimenti o potenziamenti degli altri siti. Niente di niente, si chiude senza pensare minimamente a queste persone, quarantenni che non sono prossimi alla pensione e quindi senza alcuna protezione sociale”.
Flavia Pagliochini

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