Bastia A processo per tentata estorsione e violenza privata due giovani napoletani, volevano “comprare” il locale senza pagarlo


di UMBERTO MAIORCA


BASTIA – La voglia di lavorare forse l’avevano, quella di pagare per rilevare un’attività commerciale già avviata gli mancava di sicuro.
E, infatti, due giovani di origine napoletana sono finiti sotto processo, difesi dagli avvocati Vincenzo Bochicchio e Alfredo Maccarone, per minacce, violenza privata e tentata estorsione.
Secondo l’accusa i due giovani, lui del ‘71 lei del ‘74, avevano iniziato a frequentare un bar della zona, ma non consumavano nulla, chiedevano al proprietario 20, poi 30, infine 100 euro per non rovinargli la reputazione. Se non avesse pagato, infatti, avrebbero iniziato a rompere tavolini e sfasciare sedie. E se non fosse bastato, avrebbero iniziato ad infastidire la clientela.
Il comportamento dei due ragazzi, inoltre, era accompagnato da minacce dirette: “Se provi a dire qualcosa, o peggio, ad andare dai carabinieri te la facciamo pagare, ti spezziamo le ossa”.
Il titolare del bar ha resistito, pensando all’inizio che si trattasse di uno scherzo. Ma si è dovuto ricredere. Perché i due sono tornati alla carica, chiedendo soldi e minacciando: “Ti distruggo tutto il locale e allontano i clienti, facendo in modo che non tornino mai più”. Poi la richiesta choc: “Anzi facciamo una cosa, non vogliamo più i soldi, vogliamo la licenza del bar. Tu ce la giri e poi sparisci. Non provare a denunciarci perché conosciamo persone importanti e poi ti facciamo fare una brutta fine, siamo persone importanti e ti ritroviamo dovunque cercherai di scappare”.
A questo punto il barista si è spaventato, ha chiuso il locale ed è sparito per giorni. I due imputati, secondo l’accusa, hanno rintracciato una parente del commerciante e si sono presentati sotto casa, hanno bussato al citofono. Solo dopo una lunga serie di epiteti riferibili al più antico mestiere del mondo, hanno fatto la loro richiesta: “Dicci dove si trova il proprietario del bar, altrimenti veniamo su, ti spacchiamo casa e ti gonfiamo di botte finché non parli”.
La signora, però, non ha aperto, ha preso il telefono e ha chiamato i carabinieri. Subito è scattata la denuncia e poi il processo davanti al collegio composto dai giudici Battistacci, Giangamboni e Verola.

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