IL CASO
BASTIA UMBRA Un ragazzino trovato sull’autobus senza biglietto. I controllori che gli chiedono i documenti e lui non li consegna. Alla fermata arriva la madre che, con il padre accanto, inizia a inveire contro i verificatori. Prima uno spintone, poi le minacce di morte e anche uno sputo. Il bus resta fermo per qualche minuto con i passeggeri con la faccia schiacciata ai finestrini e alla fine di un’ora di urla riprese con un telefono per i due genitori arrivano le accuse di lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio. Questo il procedimento discusso ieri davanti al giudice Alberto Avenoso, che vede contrapposte le rimostranze di due genitori che hanno accusato i controllori di «aver sequestrato» il proprio figlio minorenne, non facendolo andar via, e i dipendenti di Busitalia stanchi delle violenze subite sugli autobus e pronti a costituirsi parte civile contro la famiglia.I fatti sono avvenuti a Bastia Umbra nel febbraio del 2023, durante un controllo di routine su un pullman scolastico. Un ragazzino è senza biglietto e come da prassi viene fermato per il controllo dei documenti. È chiaro che gli venga impedito di allontanarsi durante la contestazione per acquisire i suoi dati, ma alla vista «di voi tre che gli stavate addosso» la madre arrivata alla fermata non ci vede più. Inizia a urlare e a minacciare i tre dipendenti di Busitalia, come dimostra il video registrato da uno di loro, per quello che il sostituto procuratore Laura Reale contesterà così: «Salita sul mezzo, con fare minaccioso ed aggressivo nei confronti dei predetti controllori, dapprima si avvicinava gridando nei loro confronti le seguenti frasi: “Avete sequestrato mio figlio”, “È un minore e lo avete sequestrato”, “Vi ammazzo tutti quanti”, “Vi gonfio”». Nel mezzo, insulti molto pesanti a cui si sono aggiunte sbracciate per colpire i controllori, raggiunti anche dai suoi sputi. Un dipendente è stato colpito tanto da cagionargli «una malattia nel corpo consistita in “agitazione e dolore toracico” giudicata guaribile in giorni 3», mentre il padre del ragazzo è accusato di aver percosse un secondo dipendente «con una manata sul petto».Ieri in udienza i dipendenti, assistiti da Valeria Passeri e Antonio Cozza, si sono costituiti parte civile, come la stessa Busitalia con l’avvocato Antonio Coaccioli. Nella richiesta di costituzione di Passeri a fronte di continui e sempre più frequenti episodi di violenza contro autisti e controllori sugli autobus si spiega proprio come la resistenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (come i verificatori, appunto) sia un «delitto di allarme sociale, purtroppo sempre più frequente, che può, talvolta, crescere ulteriormente ed essere, quindi, il presupposto, l’antefatto per la realizzazione di più gravi reati quali ad esempio l’omicidio. Da qui, il forte patema d’animo e timore che il fatto ha generato nella persona offesa». La parte civile sottolinea come «in conseguenza delle condotte poste in essere dagli imputati» abbia «dunque subito gravi danni diretti e specifici alla propria persona e incolumità», per cui ha chiesto ben 30mila euro di danni. Il giudice in ogni caso ieri si è riservato la decisione se proseguire o meno con il procedimento per il ruolo, considerato minore, del padre (57enne campano residente a Bastia, assistito da Monia Falaschi) e soprattutto l’incapacità di assistere al processo della madre (46enne di origini romene, difesa da Donatella Panzarola), per cui l’Inps ha dichiarato una malattia psichica. Che potrebbe spiegare anche il suo eccesso d’ira e per cui ha forse più bisogno di cure e aiuto che di una eventuale condanna.
Egle Priolo
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