Bastia

Mignini-Petrini «Ecco il piano di rilancio»

Parla l’amministratore delegato 


TRA UNA SETTIMANA (martedì 18) si riapre il confronto sul futuro della Mignini-Petrini con un incontro in Confindustria a Perugia tra il coordinamento nazionale del gruppo industriale e i sindacati. La Cgil conferma la linea dura facendosi forte della solidarietà espressa sulla vicenda dai partiti nel Consiglio comunale aperto di Bastia. La chiusura del mangimificio Petrini e il ridimensionamento degli addetti (si è parlato di 21 esuberi) sono argomenti pesanti. «Ne siamo convinti noi per primi — rileva Mario Mignini, amministratore delegato della società — tanto che abbiamo inserito queste iniziative nel contesto di un piano complessivo di ristrutturazione e di rilancio nazionale».
Proprio questo è quanto i sindacati, ma anche le istituzioni, contestano al gruppo: una decisione improvvisa, dicono, e scarsamente motivata. «Noi abbiano preso la Petrini nel 2002 con la rete commerciale bloccata e lo stabilimento in forte difficoltà. Siamo andati avanti preoccupandoci di riportare il prodotto sul mercato, mantenendo inalterati per sei anni dipendenti e salari e la capacità produttiva. Un anno fa, per esigenze di competitività, abbiamo annunciato e realizzato la fusione delle due società Mignini e Petrini, aprendo un percorso destinato a migliorare le nostre capacità di stare sul mercato dei mangimi».
Ora però si chiude il mangimificio di Bastia per concentrare la produzione in quello di Petrignano. «Una scelta obbligata – spiega Mignini – perché il sito bastiolo è a ridosso del centro storico, con reali problemi di viabilità e di ambiente. Il progetto sul quale puntiamo è in linea con una tendenza nazionale che ha visto passare da oltre 600 mangimifici nel 2006 a poco più di 400 nel 2007».
La ristrutturazione, però, sembra aver sorpreso sindacati e istituzioni, che parlano di esuberi immotivati. «Così non è; basta guardare alla crisi economica generale e alla contrazione dei volumi produttivi che graveranno sul nostro gruppo quest’anno di almeno il 20%. Bisogna rendersi conto che l’economia non è un settore che può essere governato a colpi di decreti».
Oltre ai dipendenti nello stabilimento di Bastia c’è anche l’indotto (le ditte di trasporto merci e la cooperativa di servizi). «E’ un profilo che seguirà la ristrutturazione. Non si prevedono modifiche semplicemente spostando la produzione di sette chilometri da un sito all’altro». C’è chi ipotizza che la chiusura del mangimificio sia legata alla volontà di trasformare la destinazione d’uso dell’area da industriale, quale oggi è, ad altre destinazioni. «Il discorso non è nuovo ma intempestivo. La ristrutturazione, già in atto, potrà concludersi entro il 2009, mentre i tempi della trasformazione dell’area Petrini saranno molto più lunghi e non possono rientrare nel nostro piano industriale. Noi — conclude Mignini — acquistandolo nel 2002, scommettemmo sul marchio Petrini e, ora, intendiamo continuare a farlo».
Massimo Stangoni

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