Bastia

Lo zio pedofilo chiede un dialogo con la nipotina che violentava

Il gip ha accolto la richiesta di processo abbreviato. I legali hanno avanzato istanza di giustizia riparativa

di Francesca Marruco
PERUGIA Ok al processo abbreviato per lo zio orco accusato di avere violentato per anni, almeno 5, secondo la ricostruzione dell’accusa, la nipotina che all’epoca dei fatti aveva 11 anni.
Dopo aver rigettato l’istanza di rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica avanzata dagli avvocati del 48enne di origine romena accusato di violenza sessuale aggravata e anche di detenzione di materiale pedopornografico, Ilario Taddei e Melissa Cogliandro, il gip, come previsto per legge, ha dovuto ammettere l’abbreviato secco. Gli stessi legali hanno poi avanzato un’altra richiesta che ha incassato un deciso no sia del pm – il titolare del fascicolo è Patrizia Mattei – che dell’avvocato di parte civile, Delfo Berretti, che assiste i familiari della minore. I difensori dell’imputato hanno chiesto di poter accedere al percorso di giustizia riparativa. Una novità del codice di procedura introdotta con la riforma Cartabia che, sostanzialmente prevede un percorso di mediazione con psicologi e psichiatri a cui partecipino lo stesso autore del reato e la vittima. L’idea di fondo è quella di “riparare” in qualche modo al torto commesso
da l l’imputato ma è lampante quanto in casi come questo, l’idea di giustizia riparativa possa rivelarsi come una ulteriore violenza nei confronti di una persona, in questo caso tra l’altro una bambina, che ha dovuto subire violenze irripetibili. L’orco -ancora in carcere a Regina Coeli – minacciava la nipotina, costretta a subire pratiche sessuali, e le diceva che se avesse raccontato a qualcuno cosa accadeva, sarebbe morta come lui. La spaventava a morte in ogni modo possibile: le diceva che se l’avesse denunciato, lui sarebbe stato in grado, non solo di far morire lei,
ma anche di far del male ai suoi familiari. Nel corso delle indagini il Dna del pedofilo era stato trovato sugli indumenti intimi della vittima. Mentre il profilo genetico della bambina in oggetti, non di uso comune, sequestrati in casa dell’arrestato. Un vero e proprio inferno insomma. E adesso qualcuno le vorrebbe proporre, a lei e ai familiari, di avviare un percorso di questo tipo,
che tra l’altro, potrebbe essere utile a l l’imputato per avere ulteriori benefici, o anche solo le attenuanti generiche. Si parla moltissimo di vittimizzazione secondaria per chi è vittima di abuso, soprattutto sessuale. Per quale motivo anche solo chiedere a una bambina se vuole intraprendere un percorso di “riconciliazione” col suo stupratore non dovrebbe essere un’ulteriore violenza?
L’avvocato della parte civile, Delfo Berretti, dice: “L’istituto di per sé ha dei pregi, ma calarlo in questo caso specifico è agghiacciante e assolutamente inopportuno”.

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