Il responsabile dell’organizzazione di Forza Italia guarda con fiducia alle elezioni amministrative
Mantovani: “A Perugia ci vuole un candidato capace di aggregare forze e consensi”


Lucia Baroncini


Massimo Mantovani Consigliere regionale e comunale FIPERUGIA – “Voglio farmi qualche nemico”, premette inarcando il sopracciglio Massimo Mantovani, responsabile regionale dell’organizzazione di Forza Italia, mentre si accende l’ennesima sigaretta nel suo ufficio di consigliere regionale a Palazzo Monaldi.


Come mai questa promessa mattiniera tanto minacciosa?
“Io credo nel merito e sono un pragmatico. Ritengo che nella vita, come nel lavoro e nella politica, il merito è chi porta risultati in termini di qualità e di quantità”.



Allora?
“Allora non sempre il centrodestra in Umbria ha valorizzato chi ha portato i risultati”.

Visto che la mette così, parliamo subito di candidature. A che punto è la tessitura della tela?
“Al momento sono date definite le candidature del 30 per cento dei 68 Comuni che andranno al voto. La situazione più avanzata è a Bastia, dove c’è la candidatura ufficiale e stiamo già lavorando su programmi e liste. Poi si è deciso a Terni, Magione e in molti Comuni con meno di 15mila abitanti. Un altro 30 per cento e a un buon livello. Per il restante 40 per cento siamo ai contatti per individuare la candidatura migliore”.


Le città più importanti stanno in questo 40 per cento?
“Ci sono Foligno, Spoleto, Gualdo Tadino. C’è Perugia. La situazione comunque mi pare soddisfacente. I tempi ci sono, meglio metterci un giorno in più e scegliere bene che uno in meno. Ma a novembre bisogna accelerare. Dobbiamo dare ai candidati la possibilità di fare una campagna elettorale lunga, cioè capillare, basata sul contatto personale. Dobbiamo avere il tempo di far capire alla gente che il modello del centrodestra è alternativo a quello del centrosinistra”.


Qual è questo modello?
Su questo faremo presto una conferenza programmatica. Io credo che si debba puntare sull’innovazione sia nel pubblico che nel privato. Rispetto al Pd, il Pdl ha un vantaggio e uno svantaggio. Non ha il potere, ma non ha neppure i tanti condizionamenti politici, economici, personali del Pd. Noi non abbiamo zavorre, persone che devono essere accompagnate dalla culla alla tomba. Siamo più leggeri e snelli, non dobbiamo mantenere nove Comunità montane per la rivolta degli amministratori di secondo livello che non se ne vogliono andare. Siamo più liberi, ad esempio, di dare spazio alla sussidiarietà, puntando sull’apporto del privato”.


Pensate sul serio di poter vincere in Umbria?
“Il Pdl deve investire su tutti i Comuni dove si vota, e su due in particolare, Perugia e Terni, nella consapevolezza che la partita si puo giocare non solo a Bastia, dove vinceremo, ma a Spoleto, Foligno, Gualdo Tadino e tanti altri Comuni. Difficile pensare di vincere a Umbertide e Marsciano. Nei Comuni maggiori abbiamo l’obbligo di provarci. Spero che tutti nel Pdl riescano a convincersi che è giunto il momento di lanciare anche in Umbria la sfida alla sinistra”.


Ritlene che non tutti siano convinti?
“C’è chi ancora pensa per motivi storici che la sinistra non sia battibile e chi per motivi personali si attarda a coltivare il proprio orticello”.


Lei ha un certo fiuto nell’individuare il candidato giusto. Fu fra i non molti a credere in Ruggiano, che poi conquisto Todi. Baldassarre a Terni le sembra la candidatura vincente?
“Sì, perché è una figura autorevole. Può riaprire il cammino che il centrodestra a Terni aveva iniziato a intraprendere con Ciaurro”.


A Perugia sta prevalendo la candidatura di Monni. Anche lui, secondo lei, può essere un vincente?
“Monni è in questo momento il candidato appoggiato in modo convinto da tutta FI…”


Non risulta questa unità. In realtà su questo nome siete divisi…
“Se alla fine dovesse essere lui il candidato a sindaco, verrà appoggiato da tutto il partito. Io ritengo che vada fatto ogni ulteriore sforzo per individuare un candidato che possa portare un valore aggiunto e che sappia aggregare forze, consensi, oltre i confini del Pdl e del centrodestra. L’occasione è storica. Per la prima volta, dal dopoguerra, a Perugia c’è la possibilità di andare a bersaglio. Occorre costruire un percorso politico, per altro già avviato, che porti all’individuazione di una candidatura capace di sfidare la sinistra”.


Dunque, state cercando una candidatura alternativa a Monni?
“Ci sono alcune disponibilità che, se verranno confermate, saranno oggetto di una valutazione regionale e nazionale”.


A Perugia non è semplice vincere, visto anche i risultati del Pdl alle politiche.
“A Perugia siamo andati male. Ma nella città, e anche nel centrodestra, c’e una forte volontà di cambiamento. A questa bisogna dare una risposta mettendo in campo la strategia e la candidatura migliori. Puntare al risultato. Il Pdl si deve mettere in testa che non vince se passa dal 33,4 per cento al 38 o 40 per cento. Si deve mettere in testa che vince o perde. Ogni scelta deve essere funzionale a questo”.


Sembra ovvio. Non tutti, nel Pdl, hanno questa volontà?
“In larga parte sì. Ma c’e una parte restia, che pero deve convincersi dell’opportunità favorevole che offre il momento storico e politico, sia a livello nazionale che locale Il centrosinistra in Umbria è in una crisi profonda, che si manifesta nelle amministrazioni come alla Regione. Le condizioni per vincere ci sono, occorre approfittarne. Ma l’atteggiamento non può essere quello di chi è pronto a dire: abbiamo fatto una bella gara. Ripeto: o si vince o si perde. E in questa partita bisogna mettersi tutti in gioco. Dare il meglio e il massimo”.


Lei pensa che sia alla portata di mano anche la Regione, quando si voterà nel 2010?
“Lo si capirà dal risultato delle amministrative. Credo che la partita sia tutta da giocare Ma va fatto un salto di qualità. Lo devono fare tutte le classi dirigenti della regione, non solo quelle politiche. Ci aspetta il federalismo fiscale Anche se attenuato, anche se il più solidale possibile, l’Umbria dovrà affrontarlo sapendo di avere grandi problemi strutturali. Va fatta anche un’operazione culturale, per uscire dagli schemi politico-ideologici del ‘900. Il terzo millennio è un’altra cosa”.


Lei si rivolge ad un partito che ancora non c’è. A che punto è la costruzlone del Pdl?
“Si è insediato il coordinamento regionale, anche se ancora incompleto, mancano rappresentanze che verranno inserite a partire dalle prossime riunioni. Per dare il giusto spazio a tutti i soggetti istituzionali e politici il coordinamento dovrà andare ben oltre i 20 membri attuali”.


E per quanto riguarda il leader regionale è stato deciso? Glrlanda o Laffranco?
“I nuovi coordinatori regionali in questa fase verranno solo designati. Fanno parte di uno scacchiere nazionale Alcune regioni avranno coordinatori provenienti da Fi, altre da An”.


All’Umbria chi capita?
“Non e stato ancora definito. Negli ultimi giorni sembra più probabile un coordinatore regionale in quota FI. Laffranco e Girlanda sono due nomi altamente probabili, tenendo conto che Luciano Rossi ha già da tempo manifestato l’intenzione di lasciare, dopo aver guidato il partito per otto anni in maniera molto aperta e positiva”.


Resistenze alla costruzione del Pdl?
“Io mi auguro che il Pdl diventi una lega, non un miscuglio. Faccio un esempio di scuola: se si mettono insieme segatura e limatura di ferro, si fa un miscuglio. Il Pdl deve essere qualcosa dove rame e stagno si fondono e diventano bronzo. Dopo, se c’è un po’ più di rame o un po’ di stagno il bronzo potrebbe essere di diversa qualità. Ma l’operazione è fondere rame e stagno. Se invece prevale la logica delle vecchie appartenenze, rivissute attraverso correnti o correntoni, vuol dire che non abbiamo capito quel che deve essere il Pdl”.


Lei è stato uno dei pochi nel centrodestra ad aver spinto per la riduzione dei consiglieri regionali a 30. Fiuto anche in questo caso?
“Io sono stato già consigliere regionale dal 1994 al 2000. Allora la Regione funzionava con 30 consiglieri, compresi gli assessori. Se allora funzionava, puo funzionare anche adesso”.


Che fare delle preferenze? Nella vostra proposta non sono citate.
“Non sono il cuore del problema. Il cuore sono la diminuzione dei consiglieri e degli assessori. Questo e lo sbarramento alto. Le liste bloccate potrebbero coniugarsi bene con la forma di governo presidenziale. Gli assessori futuri potrebbero essere messi ai primi sei posti, in modo che il candidato presidente possa sceglierli”.


I consiglieri provinciali del Pdl invocano la preferenza.
“E’ singolare che si pronuncino su una questione del genere dal momento che non sono stati eletti a preferenza. La verità è che si sentono esclusi dal tavolo regionale del Pdl. Credo che in una integrazione futura verranno ricompresi anche loro”.


Così, comunque, c’è poco spazlo per un accordo.
“Guardi che su questo tema è la maggioranza a essere divisa. Per quanto mi concerne io sono anche contro i cinque collegi, che eleggerebbero consiglieri rappresentativi di piccole aree. Sarebbe il trionfo degli interessi localistici. Un errore micidiale. Vanno bene le due circoscrizioni provinciali. Aggiungo che i consiglieri che venivano eletti con la preferenza plurima erano di qualità nettamente superiore rispetto a quelli eletti con la preferenza unica”.


Addirittura apre alla preferenza plurima? Lei sul serio si vuol creare nemici.
“La preferenza plurima sembra una scelta antistorica. Io dico pero che noi abbiamo bisogno di consiglieri regionali che possano fare la sintesi tra l’Alto Tevere e la Valnerina, fra i problemi della montagna eugubina e quelli dell’Orvietano. Con consiglieri che rappresentano ambiti molto ristretti non si va lontano”.


lucia.baroncini@libero.it

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