La crisi è diventata talmente forte che anche in Umbria,in alcuni settori e dopo anni e anni di corsa al rialzo,si comincia a intravedere un’inversione di tendenza sul fronte dei prezzi.
Nella ristorazione, nell’abbigliamento e nell’arredamento, per esempio, i ribassi sono sempre più frequenti.A Foligno, dove negli ultimi mesi erano finite in crisi perfino le pizzerie, certi locali sono tornati a riempirsi promuovendo formule del tipo tutto compreso (coperto, antipasto, pizza e bibita) a soli 10 euro. Ed è così iniziata una lotta serrata con ipony expressdelle consegne a domicilio, costretti, a loro volta,a proporre formule più convenienti.
A Perugia, Terni e Bastia Umbra stanno ridando un po’ di ossigeno ai commercianti di abiti e accessori dell’abbigliamento le formule prendi 4 e paghi 2. Mentre divani, cucine e intere camere da letto si trovano ormai a prezzi scontati anche ben oltre il 50 per cento.
Poi, anche nella nostra regione, sono state avviate le nuove campagne promozionali lanciate da alcune compagnie petrolifere nel tentativo di rinvogliare gli automobilisti a un ritorno più frequente al pieno di carburante. Anche i gestori di molte stazioni di servizio
dell’Umbria, infatti, avevano lamentato, nei mesi scorsi, un netto calo delle vendite.La recessione in corso, insomma, sembra imporre l’innesto della retromarcia anche ai prezzi. Ma questa nuova tendenza riuscirà a invertire la rotta a una macchina dei consumi che, in molte settori, ormai si è arrestata da tempo?In tempi brevi, probabilmente, no. Perché resta immutato un dato di fondo: che la crisi continua e porta con sé, immutati, tutti i suoi problemi, dall’aumento della disoccupazione, al calo del potere di acquisto – per chi ha la fortuna di averli pagati ogni fine del mese -degli stipendi.Credere, infatti, che la recessione sia colpa solo del fatto che i soldi non girano è uno sbaglio colossale.Chi sceglie di abbassare, comunque, i prezzi non si perda d’animo. E’ sicuramente una carta da giocare. Ma, per vederne rapidamente degli effetti positivi, forse andava messa sul piatto prima.Adesso il lavoro da fare è sicuramente più impegnativo e lungo nei tempi di realizzazione. Ma dà, comunque, la speranza di poter raccogliere un qualche frutto significativo ed
evitare (ci si augura) il baratro. I consumatori, invece – se tali si possono ancora chiamare -, possono intanto essere contenti: ora, almeno, non sono più loro gli unici a dover recedere.
Sergio Casagrande
sergio.casagrande@edib.it
Twitter: @essecia

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